“Dovunque c’è una persona, là la Chiesa è chiamata a raggiungerla per portare la gioia del Vangelo e portare la misericordia e il perdono di Dio. Una spinta missionaria, dunque, che dopo questi decenni riprendiamo con la stessa forza e lo stesso entusiasmo. Il Giubileo ci provoca a questa apertura e ci obbliga a non trascurare lo spirito emerso dal Vaticano II, quello del Samaritano, come ricordò il beato Paolo VI a conclusione del Concilio. Attraversare oggi la Porta Santa ci impegni a fare nostra la misericordia del buon samaritano”. Papa Francesco ha concluso, lo scorso 8 dicembre, con queste parole, l’omelia durante la celebrazione dell’inaugurazione in Piazza San Pietro del Giubileo straordinario della Misericordia. Come si pone il Centro Volontari della Sofferenza e che ruolo ha l’ammalato nell’Anno Santo? Per rispondere anche a queste domande, è in corso, fino al 13 dicembre, il Consiglio di Presidenza della Confederazione Internazionale del Centro Volontari della Sofferenza riunitosi nella sede di Roma, in via di Monte del Gallo, l’associazione fondata dal beato Luigi Novarese il 17 maggio 1947.
«Il nostro padre fondatore diceva che “dobbiamo essere canali che uniscano la misericordia finita dell’uomo, alla misericordia di Dio, infinita”, un pensiero ancora più attuale poiché il Santo Padre ha concesso, in occasione del Giubileo della Misericordia, l’indulgenza agli ammalati anche attraverso la tv – spiega don Armando Aufiero, sacerdote e presidente della Confederazione Internazionale del CVS – un gesto importante per tutti quei sofferenti impossibilitati a muoversi».
Con la lettera inviata il 1 settembre scorso a monsignor Rino Fisichella – presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione e delegato dal Pontefice per l’organizzazione del Giubileo straordinario – papa Francesco aveva infatti parlato degli ammalati e di come possono ottenere le indulgenze durante l’Anno Santo della Misericordia: «Penso a quanti per diversi motivi saranno impossibilitati a recarsi alla Porta Santa, in primo luogo gli ammalati e le persone anziane e sole, spesso in condizione di non poter uscire di casa. Per loro sarà di grande aiuto vivere la malattia e la sofferenza come esperienza di vicinanza al Signore che nel mistero della sua passione, morte e risurrezione indica la via maestra per dare senso al dolore e alla solitudine. Vivere con fede e gioiosa speranza questo momento di prova, ricevendo la comunione o partecipando alla santa Messa e alla preghiera comunitaria, anche attraverso i vari mezzi di comunicazione, sarà per loro il modo di ottenere l’indulgenza giubilare».
Durante queste giornate di approfondimento e discussione, il Consiglio di Presidenza della Confederazione Internazionale è chiamato ad affrontare alcune questioni centrali per la vitalità e la testimonianza dell’apostolato nella sua dimensione diocesana e di Chiesa universale.
«Sarà un anno importante per gli ammalati – conclude don Aufiero – che, seguendo l’insegnamento del nostro padre fondatore, il Beato Luigi Novarese, si sentono chiamati in prima persona a manifestare la forza salvifica del mistero cristiano diventando apostoli per la valorizzazione di ogni situazione di sofferenza presente nella vita dell’uomo».