“Nella Chiesa esiste tuttora una diffusa discriminazione. Gli edifici sono spesso inaccessibili, i documenti non vengono messi a disposizione in formati fruibili e si parte da presupposti che spesso non rispecchiano la realtà vissuta della disabilità”. Ne è convinto padre Justin Glyn, docente di Diritto canonico al Catholic Theological College di Melbourne (Australia). Padre Glyn è cieco e dalle colonne del quaderno n. 4.138 de La Civiltà Cattolica, in uscita sabato ma anticipato come di consueto al Sir, analizza, partendo dalla propria esperienza, la situazione dei disabili nella Chiesa auspicando la ricezione dell’invito del Papa nella Fratelli tutti a far partecipare attivamente quegli “esiliati occulti” alla comunità civile ed ecclesiale. Né, dunque, “persone schiacciate dal peso perdurante del peccato originale”; né “povere vittime”, “icone privilegiate del Figlio crocifisso”. La disabilità, sottolinea il gesuita, “ci ricorda che l’umanità è limitata”. Compito della Chiesa, riportare “a casa gli ‘esiliati’”, “interessarsi dell’esperienza dei disabili” e “mettere i più emarginati al centro dell’evangelizzazione”. In sostanza – afferma Glyn – noi siamo ‘noi’, non ‘loro’” e “siamo tutti partecipi dell’umanità vulnerabile e limitata che Cristo ha assunto e santificato”. “Possiamo lavorare in tutti i campi della Chiesa in cui operano coloro che non sono disabili” portando la Chiesa “ad una nuova comprensione della sua limitatezza e del suo potenziale di solidarietà”, assicura il gesuita. Anche noi, conclude, “siamo Chiesa. Camminiamo allora insieme, non più ‘noi’ e ‘loro’, o esiliati e cittadini, ma uno in Cristo Gesù”.

[Fonte: Agenzia SIR]