“Carissima Assunta, è piaciuto al Padre farti conoscere “le cose tenute nascoste ai sapienti e agli intelligenti, ma rivelate ai poveri”. Sono le parole che il parroco rivolse ad Assunta nell’omelia per la celebrazione funebre. Assunta Bianco era nata il 16 agosto 1942 a S. Giuliano in provincia di Torino. Fu colpita dalla poliomielite che nel progressivo aggravarsi la condusse all’immobilità assoluta.
Partecipò, nel 1979, ad un Corso di Esercizi spirituali nella Casa “Cuore Immacolato di Maria” in Re (Vb), invitata dal Centro Volontari della Sofferenza di Torino. E in quei giorni di preghiera e di riflessione scopre la sua specifica vocazione. Da quel momento ebbe inizio la sua ascesi spirituale, personale ed apostolica.
In quell’incontro scopre la verità del Cristo sofferente e si unisce a Lui nel cammino di offerta della sua sofferenza. Il messaggio di monsignor Luigi Novarese e la sua figura l’affascinano. Si aprono davanti a lei nuovi orizzonti. Man mano scoprì che il dolore, misterioso, poteva diventare “una ricchezza” incalcolabile per la Chiesa e per l’umanità.

L’ammalato per mezzo dell’ammalato
Rientrata da questa esperienza sentì il bisogno di far conoscere anche agli altri quelle verità che aveva scoperto, coinvolgendo molte persone disabili e sane. Aveva capito la tattica di apostolato del Centro Volontari della Sofferenza: “l’ammalato per mezzo dell’ammalato con la collaborazione del fratello sano”. Aveva compreso che il malato non è soltanto “oggetto” di carità, ma principalmente un “soggetto” di azione. Aveva, inoltre, capito che non ci si deve accontentare della propria adesione personale, ma che bisogna raggiungere il maggior numero possibile di sofferenti, per costruire quella diga che argina il male del mondo e ottiene la misericordia di Dio.
Nessuno, infatti, doveva rimanere ai margini di una così grande impresa, convinta di quanto aveva detto monsignor Novarese: “La vocazione del sofferente è una grande e terribile vocazione. Da noi, ammalati, dipende, in gran parte, la salvezza del mondo”. Poco alla volta – ricordano quanti hanno condiviso con lei l’apostolato del CVS – nella semplicità e nella riservatezza, che le erano proverbiali, la casa di Assunta divenne una sorgente di luce e di forza per chiunque; ovunque ci fosse un dolore da consolare o una gioia da condividere, là c’era lei: con la sua saggezza, la sua capacità di ascoltare, il suo cuore di amica.
Nella sua vita di sofferente e di apostola non poteva mancare la presenza di Maria. Assunta era consapevole che accanto alla sua croce, in modo particolare, c’era Maria Santissima, la Madre celeste, che veglia, che è fedele, che ci ama, perchè vede in noi Gesù che continua il suo Calvario. Era sicura che portando la croce accanto e sotto lo sguardo dell’Immacolata, avrebbe avuto tutti gli aiuti necessari per rendere meno pesante e più preziosa la sua sofferenza. Così ha vissuto sempre e così ha testimoniato e insegnato.