Luciano Cimini nasce a Roma il 31 marzo 1934. Affetto sin dalla nascita da fragilità ossea rimase per tutta la sua breve vita sulla sedia a rotelle ma ciò non gli impedì affatto di diffondere e promuovere l’apostolato dei sofferenti con gioia ed entusiasmo.
Eppure, come spesso accade quando si tratta della natura umana, anche per Luciano gli inizi con il Centro Volontari della Sofferenza prima e con i Silenziosi Operai della Croce dopo, non furono facili.
Stando alla deposizione di Sr. Maria Adelheide Habsburg Lothringen, Silenziosa Operaia della Croce, resa durante il processo per la causa di beatificazione di Mons. Novarese, inizialmente Luciano Cimini non voleva uscire di casa perché era da tutti ritenuto e chiamato “il poverino”. Ma quando incontrò Monsignore, capì la missione del sofferente, l’apporto fattivo che egli poteva dare, vinse i suoi disagi personali e diventò propagatore e difensore dell’apostolato dell’ammalato, propagandava la casa di Re, ottenendo anche offerte.
Commemorando la figura di Cimini sull’Ancora numero 1 del 1962, il Beato Novarese ricordava come egli passasse alcune ore della giornata nella sua camera, di fronte alla sua scrivania aiutandolo a rispondere con lettere di ringraziamento coloro che mandavano offerte all’Associazione oppure recitando il Santo Rosario, il tutto con una contentezza ed una partecipazione vissuta e gioviale.
Dirà infatti il Beato Novarese che “dal giorno in cui egli entrò a far parte dei Volontari della Sofferenza possiamo con tranquillità affermare che il Centro divenne la sua vita” anche se la sua famiglia faticò non poco ad abituarsi all’idea che il loro caro rimanesse fuori casa per tanto tempo dato la condizione di fragilità ossea che poteva in qualche modo esporlo a pericoli di vario genere.
Per avere un’idea di chi fosse in realtà Luciano Cimini, ci si può riferire ad alcuni passi tratti da alcune sue lettere in cui emerge chiaramente ciò che caratterizzava la sua mentalità e la sua adesione totale al carisma ed all’apostolato del CVS.
In una lettera datata 13 novembre 1958, indirizzata al dott. Giulio Tiricanti giornalista del quotidiano il Messaggero Cimini scriveva: “Sono un giovane ammalato. Non ho mai camminato né mai camminerò. La mia esistenza è legata ad una carrozzella. Come un bimbo indifeso devo essere vestito e spogliato, lavato e accompagnato dovunque. Eppure – per me – io non domando nulla. Posso dirti che sono felice e sottolineo le parole”.
In un’altra lettera del 25 agosto 1958 indirizzata niente di meno che a Sua Altezza il Principe Ranieri Grimaldi di Monaco Cimini, nel ringraziare il monarca per avergli procurato dei francobolli della serie Lourdes e l’esemplare commemorativo della nascita del “principino”, così si esprimeva: “Ritornando da Lourdes, ho trovato tra la mia corrispondenza la Sua pregiatissima e attesa lettera, con gli uniti francobolli da Lei tanto gentilmente offerti. Il giorno dopo ho avuto un bel pacco di francobolli speditomi dal Sig. Direttore delle Poste dietro Sua gentile richiesta […]. Ho avuto la grande grazia di ritornare da Lourdes per la terza volta con il treno dei sacerdoti ammalati, organizzato dal nostro caro Fondatore Monsignor Luigi Novarese […] Le assicuro che pregherò e farò pregare i miei amici ammalati per Lei, Sua Altezza la Principessa e i suoi Principini e per tutto il Suo Regno”.
Luciano era così, semplice, diretto, entusiasta. E non è un caso che ripetesse spesso, proprio al Beato Novarese, la frase seguente: “Creda Monsignore, non è impedito se non chi vuole essere impedito”.
In questa breve considerazione è possibile condensare tutta la filosofia di vita che ha animato l’attività apostolica di Luciano Cimini il quale tornerà alla Casa del Padre a soli 27 anni, il 14 luglio 1961.
Riguardo al suo funerale, il Beato Novarese scrisse: “Non fu un funerale quello che avvenne per Luciano e nemmeno vogliamo affermare, come si sul dire, un trionfo. Fu qualcosa di più: una grande manifestazione di fede, degna di un Silenzioso Operaio della Croce, che aveva speso la sua vita per la sua augusta Regina del Cielo e della Terra. […] Così Luciano è passato in mezzo a noi, lasciando la scia del buon esempio e l’esempio delle sue virtù”.

Appunto tratto da un quaderno di Luciano Cimini
Il Complesso

È la prima volta che mi rivolgo ai miei fratelli ammalati, in particolare vorrei rivolgermi a coloro che hanno dei postumi di malattia, ossia che, volendo, possono uscire. Coloro che appartengono a questa categoria sono qualche centinaia di migliaia; ciascuno di noi quanti ne conosce? Non molti. Questo perché? La massima parte di essi sono chiusi in casa perché si vergognano o si vergognano i loro che non vogliono far sapere che hanno in casa un familiare non in perfetta salute.
Perché vergognarsi? Perché sentirsi minorati? Questo è quanto spesso mi domando.
Siamo degli inferiori? No! Lo siamo solo se lo vogliamo essere. Perché quando siamo con i sani dobbiamo sentire un certo senso di inferiorità? Certamente non sono superiori a noi solo perché sono in perfetta salute.
Siamo degli inferiori solo se non viviamo in grazia. Non isoliamoci, non siamo dei forzati sepolti vivi…
Cerchiamo di cambiare carattere, sistema di vita. Essere dei gioiosi perché anche con il dolore si può avere la gioia”