E’ stato il classico lampo a ciel sereno. Una notizia di quelle che gelano il sangue nelle vene, inaspettata, dolorosa, difficile da gestire emotivamente.
Come cristiani dobbiamo accettare il fatto che la morte – così come il dolore – rappresenti una realtà ineludibile alla quale non si può sfuggire, ma come creature non possiamo fare a meno di subirla in tutta la sua portata. Così come ha fatto Gesù nella terribile notte nell’Orto degli Ulivi, dove la sua umanità si è confrontata con il dolore e la sofferenza estrema.
Don Janusz è stato un appassionato di Dio, un fedele seguace del carisma del Beato Luigi Novarese del quale si sentiva pienamente figlio spirituale. Seguiva passo passo soprattutto gli itinerari di chi si desiderava entrare a far parte della famiglia dei Silenziosi Operai della Croce, si entusiasmava per ogni nuova vocazione e dava a tutti la forza di andare avanti nonostante le oggettive difficoltà che ogni cammino spirituale presenta.
Non si lamentava mai dei suoi malanni, anzi, infondeva coraggio a chi gli si rivolgeva parlando delle proprie malattie e disagi.
Una delle sua frasi più frequenti era quella: “con grande gioia”, una continua condivisione anche del suo entusiasmo che trapelava dai suoi editoriali sulla rivista L’Ancora, assieme a quelle esortazioni necessarie per essere veri Volontari della Sofferenza e alle richieste di preghiera per tutta l’Associazione e la sua attività apostolica.
Quando accadono eventi del genere, la nostra fede ci interpella e ci pone dinanzi ai nostri limiti creaturali. Sta a noi mantenere la barra dritta ed evitare di navigare a vista nel mare della confusione e dell’inquietudine. Gesù è stato chiaro: morte non vuol dire addio, ma arrivederci ed è qui che la nostra fede deve dimostrare tutta la sua solidità.
«Chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?» (Gv 11,26). Ecco la domanda fondamentale quando il dolore per la perdita di una persona cara ci attanaglia.
Crediamo veramente che non moriremo in eterno?
Rileggiamo e meditiamo il capitolo 11 di Giovanni, facciamo in modo che quelle parole penetrino dritte dritte nel nostro cuore.
In questo modo potremo veramente arrivare a dire: arrivederci don Janusz con convinzione seppur condita da un naturale e umano dispiacere.
Arrivederci don Janusz e, nel frattempo, da lassù prega per noi, vigila come hai sempre fatto sulle nuove vocazioni, aiutaci a dare sempre maggior vigore al nostro apostolato affinchè ogni persona sofferente possa affidarsi a Dio con fiducia accompagnata dalla luce di una speranza certa.