L’Ancora: n. 3 – marzo 1951 – pag. n. 1-3

« Sì ». Parola breve, quasi un soffio, però tanto difficile a pronunciarsi, specialmente quando il cuore piange…
E’ questa la parola che venne pronunciata all’inizio dei secoli : « Fiat » disse l’Eterno Padre, e la luce illuminò tutte le cose belle che ammiriamo.
Fiat. Parola che significa volontà di attuazione e volontà di accettazione. Il Fiat, pronunciato da Dio, crea; ripetuto dall’uomo, lo eleva fino al piano di Dio, perché identifica la volontà della creatura con quella del Creatore.

Noi sentiamo il Fiat, detto più dal cuore che dalle labbra, della Vergine Santa nel giorno della sua Annunciazione e, sovente, lo sentiamo ripetere da Gesù nella sua vita terrena.
« Sì, Padre, come piace a Te ». « Sì, Padre, la tua volontà e non la mia sia fatta ». « Tutto è stato compiuto », dirà Gesù dall’alto della Croce, « secondo la tua volontà, o Padre ».
« Il mio cibo è fare la volontà del Padre mio celeste »; « dall’accettazione di questa volontà conosceranno che siete i miei discepoli »; anzi, « soltanto chi fa la volontà del Padre, entrerà nel regno dei Cieli ».

La gloria stessa della Madonna non va ricercata nella sua fisica divina maternità quanto piuttosto nell’avere accettata ed attuata la volontà del Padre. E chi farà questa divina volontà sarà per Gesù madre, fratello, sorella; ossia la volontà del Padre stabilirà il rapporto della nostra appartenenza a Lui; da questa nostra adesione alla divina volontà noi possiamo maggiormente, o meno, appartenere a Dio.

Come ci sentiamo però sconcertati dinanzi a questa divina volontà, la quale, mentre regola con estrema fermezza il corso delle stelle, rispetta invece la libertà che egli ha dato all’uomo e gli domanda « vuoi »?
Così è stato fatto con l’eletta fra tutte le creature, Maria Santissima.

L’Angelo, mandato da Dio, penetra nella casa di Nazaret, umilmente riferisce le parole del Signore, chiedendo il consenso della sua augusta Regina.

« Vuoi »?, chiede l’Angelo a Maria. Sì, lo voglio, « Fiat », risponde Maria e da quell’istante il Verbo Eterno abitò anche corporalmente tra di noi.

In maniera analoga, prima ancora della Madonna, è stato fatto dalla stessa Seconda Persona della Santissima Trinità: « Tu non hai voluto sacrifizio né offerta, ma mi hai preparato un corpo… ecco io vengo. Ecco io vengo per compiere, o Dio, la tua volontà… E in questa volontà noi siamo stati santificati per l’offerta del corpo di Gesù Cristo ».
Dire però sempre di sì, a noi, povere creature, talvolta costa, specialmente quando la divina volontà non è conforme alla nostra, non avendo sempre noi presente la visione netta del nostro vero bene, quel bene che ci fa giungere alla santità nel maggior profitto nostro e dei nostri fratelli, oltre che nel piano della maggior gloria di Dio.

La divina volontà, ordinariamente, si manifesta a noi attraverso le cause seconde, le quali, discordano talvolta dai disegni nostri. Questi ci impediscono di vedere subito la divina volontà e per conseguenza, di abbracciarla con entusiasmo, sia pur dolorosamente. Da qui la necessità di aver sempre lo sguardo fisso verso il nostro Signore, come l’occhio del servo verso il padrone, per apprendere la sua volontà e farla così nostra.

Quando poi la volontà di Dio ci mette là, proprio dove noi non vogliamo andare, strappandoci da tutta la nostra costruzione, che con tanta fatica ci siamo edificati, spesso osiamo chiamare Dio ingiusto, ignaro del nostro vero bene, unicamente perché ci propone dei disegni discordi dai nostri e noi, respingendo il piano di Dio, diventiamo degli « a soli », che vogliamo andare per le nostre vie, non per quelle tracciateci dal Signore. Ma, siccome andiamo per le strade nostre, avviene allora che parzialmente forse camminiamo bene; però, non camminando nella via giusta, quanto più corriamo, tanto più ci allontaniamo dal nostro fine, perché abbiamo sbagliato la via.

In questo nostro « a solo » diventiamo degli esseri che non raggiungono la propria maturità spirituale, socialmente inutili, perché separati da Colui, il quale ci ha dato la possibilità di riportare copiosi frutti di bene, perennemente duraturi, però ad una sola condizione : « Restate in me », ossia « unificate la vostra volontà con la mia, mediante la grazia santificante ».

Dinanzi al dolore poi, difficilmente vediamo subito la grande missione sociale che ci viene affidata. Perché racchiusi forse in ospedale, inchiodati magari in un letto, o abbandonati dagli antichi amici, ci consideriamo degli strappati alla vita, degli isolati, oppure, sì, diciamolo pure, ci consideriamo degli infetti, da cui bisogna fuggire, mentre invece Dio in realtà ci pone a perno della vita stessa che noi vediamo trascorrere, dando proprio a noi, che sembriamo i più deboli, la possibilità, («se vogliamo») di regolare il passo della vita stessa. Il nostro ospedale, o sanatorio, o letto, diventerebbe, se noi lo volessimo, la centrale della vera vita, la miniera da cui scaturiscono tanti tesori. Tutto questo ad una condizione sola, che noi regoliamo il nostro passo su quello di Dio, come Gesù e come la sua e nostra dolcissima divina Madre, Maria Santissima.

Il nostro povero « Sì » esce quindi talvolta a stento, anzi, non vorrebbe scaturire dal nostro cuore: è la nostra povera umanità che si ribella. Ed è naturale, fratelli miei ; in croce si sta male, si soffre; quindi come Gesù noi possiamo pregare il Padre celeste: «Se è possibile, passi da me questo calice»: però dobbiamo ancora soggiungere con dolce ed amorevole accettazione: « non la mia, ma la tua volontà sia fatta ».

Con questa accettazione noi acquistiamo la nostra vera fisionomia e la nostra vera personalità, perché ci riconosciamo figli di Dio, che, uniti a Lui, ci adoperiamo per l’avvento del suo regno tra tutti i fratelli componenti il genere umano.

Per rendere l’anima nostra più incline alla volontà del Padre; Gesù ci ha composto lui stesso la preghiera per eccellenza che noi dobbiamo recitare, il « Padre nostro ». In questa preghiera noi continuamente diciamo : « Sia fatta la tua volontà come in Cielo così in terra ». E così queste parole prima ancora di operare in noi il miracolo della nostra accettazione, dirozzano la nostra povera umanità, facendoci comprendere che l’unica cosa, che veramente ci possa interessare è Dio.

Scaturisca perciò il nostro « sì » tanto fecondo per la società e così vedremo che le spine si cambieranno in profumate rose, il gelo in tiepido calore, che abbelliranno, le une, le anime disadorne dei peccatori e riscalderà, l’altro, il freddo grigiore dell’egoismo dei cuori.

Con un sì, noi possiamo donare un’altra rotta alla nostra vita , l’amaro dolore si cambierà in fecondo bene.

L. N.
(continua)