“L’Ancora”: n. 8/9 – agosto/settembre 1951 – pag. n. 1-3

La terza categoria di sofferenti è la nostra, fratello che soffri. E’ la categoria di noi adulti, di noi, che talvolta, abbiamo usato male i talenti, che il Signore ha affidato alla nostra amministrazione ed abbiamo sbagliato, più o meno gravemente, a seconda dell’oggetto e delle circostanze.
E così noi, che conosciamo le burrasche della lotta e, Dio non voglia, anche le disfatte della tempesta, formiamo la terza categoria dei sofferenti, quella più vasta, quella che comprende quasi tutti.
Giustamente portiamo il peso delle nostre iniquità. Iniquità proprie, perché tutti costretti a recitare, dal Sacerdote, quando investito dei supremi poteri celebra il Santo Sacrificio, all’ultimo dei fedeli : « rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori ». Se noi, credendoci migliori degli altri, non volessimo recitare queste parole e, quel che conta, non sentissimo dal più profondo del nostro cuore la necessità del perdono Paterno, saremmo dei seduttori ed inganneremmo noi stessi.

Il Signore però, sempre largo nelle sue misericordie, non solo ci perdona ma ci dona anche la possibilità di contribuire a pagare alla giustizi divina i nostri debiti, contratti con i peccati. La sofferenza è proprio quella moneta, che paga i debiti propri ed altrui ed arricchisce il singolo e la collettività.
Il dolore, inoltre, deve essere ravvivato dall’amore e così divenuto come quello di Gesù, un dolore che redime, che trasforma, che salva, che nobilita, che arricchisce.
Tu, forse, non vivi la vita della fede e ti perdi ad imprecare contro un «destino» che non esiste; non comprendendo l’importanza dell’ora dolorosa che vivi, e perdi il tuo tempo. Eppure il dolore serve a liberarti dai lacci della carne e a dare agli altri la luce della fede. Guardi le cose materialmente, alla superficie, e poi ti lamenti che il dolore è uni male senza nemmeno comprendere che cosa esso sia e a che cosa serva.

No, fratello, il dolore, non è mai un male, bensì semplicemente un mezzo che il Signore ti offre per riparare ed attirare le divine misericordie su te, su quanti ti stanno a cuore e su tante anime, che solo in Paradiso conoscerai.
Del resto l’elemento che trasforma il dolore è l’amore. Dolore e amore riuniti operano i miracoli e pongono l’individuo sul piano di Gesù. Amare soffrendo è il miglior modo di portare la croce e di renderla leggera. Gioire soffrendo è la maniera con cui soffrono le anime elette. Non tutti, purtroppo, sanno soffrire con lo sguardo fisso verso il Cristo, il quale ci ha preceduto, portando la sua croce per rendere la nostra fruttuosa e meno pesante.
Se tanto si soffre è perché l’umanità è avvolta nel fango. Nessuno però sfugge al dolore, anche i gaudenti soffrono, perché al piacere sono sempre congiunte l’amarezza e la disillusione, senza contare le altre sofferenze.

Errori ci circondano da ogni parte : vizi e sensualità sembrano volerci soffocare. Mai come oggi si sente il bisogno che qualcuno preghi per noi; mai come oggi si avverte ovunque l’assenza del Cristo dalla vita sociale ed è per questo che tutto è così vacuo. La società cammina verso una notte buia, in cerca di una felicità che non può trovare, perché lontana da Dio.

Il brutto è che la società non si accorge di star male, non avverte il « suo vero » malessere ed è invece boccheggiante ! Per questa umanità, costituita dal nostro prossimo, i nostri fratelli, tutti siamo chiamati a cooperare. Se tutti abbiamo cooperato con i nostri peccati a rendere questa situazione tanto penosa, tutti dobbiamo cooperare con l’accettazione della sofferenza a renderne migliore la sorte.

– Figliuolo, ti sono rimessi i tuoi peccati, dice Gesù al paralitico e lo guarisce. Però subito soggiunge: « bada di non peccare più se non vuoi che ti abbia ad accadere di peggio ».

Come? Potrebbe accaderci anche di peggio? Sì, purtroppo, se con i nostri falli oltrepassiamo i limiti segnati dalla misericordia divina. Ed è proprio per questo motivo che la Madonna a Lourdes ed a Fatima ha insistito nei richiamo dell’umanità alla penitenza, ossia alla volontaria espiazione per pagare da soli, liberamente, uniti a Gesù, i nostri debiti.
Non ti contristare se vedi che il fratello, il quale ha peccato con te e, forse, più di te, non soffre però con te, accanto a te nella tua corsia, ma dimentico anche di te continua a peccare, ignorando la tua sofferenza. Vedi? Egli è un povero cieco. Cieco di una cecità ben più grave di quella del corpo. Ha il cuore chiuso alla grazia. Egli è un morto prima ancora di aver chiuso gli occhi alla luce del sole.

I valori non sono fatti soltanto di denaro, terra, salute, gioia, potere o che so io. I valori sono composti di poche cose: di quello che puoi portare con te oltre la tomba. Il resto è letteralmente zero, fumo. Parvenza di vita, suono che si disperde. Ed hai il coraggio di rammaricare tesori che non possono costituire la tua vera felicità, mentre hai la possibilità di costituirti una vera fortuna spirituale?

L’opera dell’artefice costa. Il minatore soffre nel profondo della miniera. Però il suo lavoro, faticoso, duro, non visto dagli uomini, spesso ignorato, dona ai popoli la possibilità della vita. Da quel lavoro estenuante, quanto benessere proviene alla società. Così è anche per te nel tuo lavoro di redenzione e di purificazione. Costa fatica purificarsi. Costa però ancor più fatica lavorare e soffrire per la purificazione degli altri. Questo è il compito delicato e prezioso che ti è stato affidato dalla divina provvidenza.

Tutto ti invita all’operosità, Gesù, la Madonna, tutti i fratelli.
Se tu che soffri non hai macchie particolari da togliere dall’anima tua, rallegrati ; ma ancor più rallegrati tu, che conosci, per esperienza, la tua debolezza, perché il Signore ti ha talmente amato al punto di non lasciarti cadere nella sua giustizia, donandoti la possibilità, se vuoi, di riparare e con abbondanza di meriti.

Lungo il tuo calvario, vicino a Gesú, mentre vicino a lui porti la tua croce, ricordati che incontri sempre Maria, la nostra augusta e dolce Madre, Madre incomparabilmente amorevole di tutte le creature. Se la croce vicino a Gesù ti sembra ancora dura, vicino a Maria, no. Il soccorso materno non ti manca e con quello il cuore si rianima e si dilata alla speranza perché tutto diventa possibile.

La tua vita di sofferenza è paragonabile ad una primavera che tutto fa rifiorire. La sofferenza fa rifiorire l’anima tua forse morta od avvizzita. Gesù è il divin Maestro buono, che ti conduce nella via da lui segnata fin dall’eternità. Maria Santissima poi, è il dolce sole che ristora, sole che non brucia, che non inaridisce, sole che fa rifiorire quanto c’è in te di buono e rende adorni di fiori e di frutti i rami della tua povera vita, consunti dal fuoco delle passioni.

L. N.