L’Ancora nell’unità di salute: n. 4 – 1980 – pag. n. 293-324

(Relazione tenuta al Corso di studi per gli Incaricati Diocesani del “ Centro Volontari della Sofferenza “ a Calambrone di Pisa dal 21 al 25 marzo 1980)

Mons. Luigi NOVARESE

Premessa Generale

L’oggetto del tema, natura sua, è ampio e complesso nei nostri riguardi di apostolato ed appare anche immediatamente dalla distinzione che nella formazione stessa della presentazione del lavoro viene posta.
L’attività “per” e “con” gli ammalati psichici che il Centro intende svolgere in forma più vasta e più impegnata è rispondente alle esigenze di oggi.
La categoria degli infermi a cui il Centro vuole andare incontro è stata sempre, infatti, presente nella storia dell’umanità, variamente considerata e diversamente ancora trattata.
Basti pensare ai maltrattamenti a cui era sottoposta questa categoria ai tempi di S. Giovanni di Dio, fino a indurre il medesimo santo a voler stabilire, proprio per essi, ambienti di cura più umani e maggiormente confortevoli, atti alla cura ed al ricovero degli ammalati psichici. Uguali intendimenti di carità per tale categoria la Chiesa, e vedi ancora S. Camillo, non ha mai mancato di patrocinare, proprio, anche per il particolare stato di indifesa e di abbandono in cui tali sofferenti venivano e vengono a trovarsi.
La Società, che mira alla salute dei cittadini, non ha trascurato la categoria di cui ci accingiamo a parlare e, quantunque 1’evoluzione sanitaria abbia segnato con l’andare del tempo notevoli progressi tanto in ordine alle cure, quanto al mantenimento collettivo di tali sofferenti, la recente legge 833 sul Servizio Sanitario Nazionale vuole riportare in ambiente familiare o comunque extraospedaliero i sofferenti in parola, riproponendo quindi alla Società ed alla Chiesa lo stesso problema iniziale, lasciando aperto lo spazio di trovare soluzioni, assistenze nuove con metodi adatti e inserimento, per quanto possibile, nella società di tale categoria di sofferenti.
Dal punto di vista sociale la posizione si presenta scabrosa, difficile nella sua impostazione di studio per affrontare cura, assistenza ed equilibrio di inserimento quanto e come sia possibile. Dal punto di vista, invece, ecclesiale, ossia in piano soprannaturale, essa ha un aspetto fondamentale molto più semplice, più sicuro e più efficace, più valido e più esteso.
Nel piano della “grazia santificante”, inserimento nel Corpo Mistico, il sofferente psichico ha punti di contatto sicuri tra la grazia che conferisce il battesimo e la grazia di vita del battezzato, essendo questi a volte nella impossibilità radicale di perdere la partecipazione alla vita divina ricevuta col Sacramento. Questo, evidentemente, se la malattia coincide con la nascita, oppure se essa appare prima dell’acquisto dell’uso della ragione e rimane grave per tutta 1’esistenza. In questi casi, pur cercando con tutte le forze di vincere il male fisico, noi abbiamo punti di contatto col dolore innocente, che è il dolore più sacro e degno di venerazione per la particolare configurazione a Gesù Cristo, anche se nella fattispecie il soggetto è temibile e da tenersi con estrema caute1a. Se il soggetto diventa sofferente dopo l’uso di ragione, l’opera pastorale diventa più delicata ed esige vera pazienza ed acuta osservazione, fino a comprendere la permanenza di un mese da parte di S. Ignazio di Loyola presso un ammalato mentale, in attesa di un lucido intervallo per fargli compiere un atto di amor di Dio e riporlo così in stato di grazia e di accettazione della propria sofferenza.
Diversamente, ossia, con profonde distinzioni, si propone anche per la Chiesa il problema, se consideriamo l’ammalato psichico in piano di attività pastorale.

Ecco il quesito:
L’ammalato psichico va considerato solo e sempre come oggetto di carità, aiutato, assistito e difeso con l’esercizio delle opere di misericordia e l’inventiva della carità?
Oppure:
Può egli essere inserito in qualche attività pastorale come i Vo1ontari della Sofferenza, oppure assistito dai “Volontari della Sofferenza?”.
La differenza di posizione è chiara e precisa.
Se il soggetto viene inserito in apostolato “come” i Volontari della Sofferenza, significa che egli viene considerato nella pienezza delle sue facoltà psichiche e responsabile totale delle proprie azioni e quindi libero di svolgere un’attività nella Chiesa, nella forma nota ed accettata dal Centro.
L’attività del malato del nostro Centro è un’attività personale, responsabile, di inserimento di vita pastorale nella Chiesa locale attraverso i fratelli di categoria “l’ammalato attraverso l’ammalato”.
Se invece si propone la questione di apostolato “con” i Volontari della Sofferenza, la questione deve avere ancora una precisa distinzione tra caratteriali gravi o leggeri ed insufficienti mentali.
Entrambe le forme, pur pienamente rientrando negli schemi del Centro Volontari della Sofferenza, diversamente e separatamente devono però essere condotte per il miglioramento del soggetto, per il suo inserimento in un piano maggiormente responsabile senza però turbare l’andamento dell’apostolato.
Per quanto riguarda gli insufficienti mentali e caratteriali deboli, esistono problemi di delicatezza e responsabilizzazione che vanno condotti con sana e soprannaturale pedagogia e che vanno affrontati nell’insieme del Gruppo sotto la guida di un membro dell’Associazione Volontari della Sofferenza, oppure Fratello degli Ammalati, sensibile e pratico del modo con cui accostare tali sofferenti.
Per quanto riguarda invece i caratteriali gravi, a prima vista e sia
pure, per ora, in forma generica, si afferma che il Centro Volontari della Sofferenza vede una formazione ed attività separata dall’andamento normale del Centro Volontari della Sofferenza, proprio per evitare ritardi di andamento di apostolato o inconvenienti nell’insieme degli iscritti stessi.

I PARTE

Idea del Centro Volontari della Sofferenza sulla
preziosità della sofferenza degli ammalati psichici

La preziosità della sofferenza degli ammalati psichici, come già accennato, sta nella loro particolare rassomiglianza alla sofferenza del Divin Salvatore, l’Innocente per eccellenza, che per amore verso l’umanità divenne, attraverso l’incarnazione, solidale con l’uomo, prendendo su se stesso tutte le colpe del genere umano per espiarle in sacrificio accetto di riparazione e propiziazione per la salvezza di tutti (II Cor 5,21): “ Colui che non conobbe peccato, Egli lo fece peccato per noi, affinché noi potessimo diventare giustizia di Dio”.
Simile a noi, il divin Agnello senza macchie, prendendo su di sé, innocente, i peccati del popolo per liberarlo (Is 53,1-12), non soltanto volle essere soggetto alla sofferenza ed alla morte per vincere anche le conseguenze del peccato, ma nella Sua passione volle soffrire (proprio come ci ha accennato ieri Don Pozzobon), anche i dolori propri e caratteristici della categoria dei nostri fratelli sofferenti psichici che noi vogliamo avvicinare. Basti considerare il divin Maestro al tribunale di Erode, allorché, fatto rivestire di una veste bianca, simbolo di follia, di illuso sulle “pretese di Gesù al Regno” (Bibbia di Gerusalemme 2251), fu rinviato a Pilato perché lui lo giudicasse (Lc 23,11). Non pago di questa umiliazione, dopo la sua tremenda flagellazione, gli furono posti un mantelletto rosso di un soldato romano, in testa una corona di spine e nella destra una canna, mentre “piegando il ginocchio davanti a Lui si presero gioco di Lui, dicendo: “Salute re dei giudei”. E, sputacchiatolo gli presero la canna e lo colpirono alla testa coronata di spine “ (Mt 27, 29-30).
Al tribunale di Haifa gli erano stati bendati gli occhi mentre, percuotendolo in volto, gli veniva chiesto: “ indovina, chi ti ha percosso?”.
I giudei si erano burlati di Gesù come “Messia – profeta”, come presunto sommo sacerdote escatologico che vuole stabilire un nuovo regno: i romani si burlarono di Lui come “re”.
Queste due scene non riflettono soltanto i due aspetti del processo di Gesù, quello religioso e quello politico, ma evidenziano anche i momenti culminanti della derisione di cui fu fatto oggetto, perché assimilato ad un pazzo (Cfr. Bibbia di Gerusalemme, p. 2160 e segg.).
Non è mancata la conclusione di tale tremenda parodia verso il Verbo Incarnato, allorché Pilato presentò sul litostrotos il Cristo incoronato di spine, rivestito del mantelletto rosso, gettatogli sulle spalle, con una canna posta tra le mani legate. Ecco l’uomo! (Gv 19,5); l’uomo che mi avete consegnato e che Erode mi ha rimandato senza aver trovato alcun male in lui, ma con una diagnosi di pazzia che scalzava tutta l’opera di evangelizzazione da Lui compiuta ed i segni operati per provare la propria messianicità.
Nella categoria del sofferenti mentali il Cristo continua la sua passione, e siccome tra tutte le sofferenze quella che tocca la mente è la più profonda ed umiliante, il Cristo l’ha voluta espressamente soffrire e vivere, fino al termine della Sua passione; *Se sei Figlio di Dio, scendi dalla Croce” (Mt 27,40).
E questi cari fratelli nostri, anche se per la loro infermità vanno circondati da molta attenzione per la loro ed altrui salvaguardia, nulla a loro sminuisce la grandezza del loro sacrificio che mirabilmente li unisce al sacrificio dell’Innocente per eccellenza, Cristo Salvatore Nostro.
Ma questi sono valori che prendono forma, consistenza soltanto nella realtà del piano soprannaturale. Se noi viviamo soltanto dimensioni umane materialistiche, evidentemente non vediamo nemmeno la profondità di questa sofferenza e lo scopo anche di questa presenza. Ma se ci incanaliamo nell’insegnamento e nel piano della salvezza, noi vediamo allora la necessità di questa presenza. Come abbiamo bisogno del mistico, come abbiamo bisogno dell’eremita, come abbiamo bisogno della persona che sia posta nell’attività apostolica, perché ognuna di queste categorie rappresenta la continuità della vita del Cristo, così abbiamo bisogno dell’ammalato psichico, perché continua e rappresenta la presenza del Cristo burlato, preso, definito come pazzo.

Che cosa si intende per dolore innocente

Il dolore di chi, per circostanze particolari, non può raggiungere la propria responsabilità morale, è essenzialmente dolore innocente.
Dolore innocente perché, nel senso biblico, il sofferente che è in tale stato, o similare, è privo da colpe personali. Quindi l’innocente per eccellenza è il Cristo. Innocenti vengono considerati allora coloro che non hanno colpe personali. Ci sarebbe anche da parlare di innocenza riacquistata attraverso la penitenza, dice Sant’Agostino, e che certamente è innocenza, ma di questo si potrebbe parlare in altro luogo.
La sua persona, infatti, con il lavacro battesimale, lo configura in modo meraviglioso a Cristo, senza possibilità di distaccarsi da Lui; così i bambini sofferenti prima dell’uso di ragione, così i fratelli nostri ammalati psichici che non hanno la facoltà del discernimento e questo in modo totale e per sempre.
Il dolore Innocente ha per fondamento l’unione stabile con cui il soggetto è unito con il divin Redentore, in forza del battesimo; unione che lo inserisce in Cristo nella continuità non soltanto della Sua passione, ma, nel caso nostro, nella continuità di quel particolare momento della Sua passione in cui gli venivano negate le sue prerogative inalienabili: quelle umane, divine, profetiche.
Alla passione del Cristo corrisponde, nella continuità di completamento, la passione di tanti sofferenti che, purtroppo, in parecchi ambienti di ricovero sono talvolta trattati con svilimento totale della loro dignità umana, offesa dalle passioni di coloro che dovrebbero assisterli con amore attento e vigile, proprio perché, assenti a se stessi, diventano capaci di qualsiasi azione, che nulla però tolgono al valore della loro innocenza battesimale, poiché essi sono incapaci di seriamente conoscere, valutare e decidere.
Forse è proprio in forza di questa innocenza fondamentale e profonda che questi ammalati, pur nella nebulosità che li circonda, protesi in continuo sorriso verso tutti, guardando fissi di fronte a sé, comprendono con facile intuizione, in una forma veramente impressionante, le cose di Dio. Essi spesso realizzano, anche Inconsapevolmente, la beatitudine: beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio.
Del resto entrare e definire il sacrario della coscienza credo che sia difficile per tutti ed è un Campo che rimane aperto solo alla divina onniscienza, alla divina ed eterna industriosa carità di Dio.

Valore in se stesso del dolore innocente

Perché si chiama dolore innocente? Perché la particolare condizione di età o di stato di salute psichica, come detto, pone tali pazienti nella condizione di fatto e di giudizio di essere incapaci di compiere il male, per cui ad essi nulla di volontario pub essere imputato.
Il bambino sofferente è giudicato innocente fino al raggiungimento
dell’uso della ragione.
Il sofferente psichico anch’egli viene così classificato se clinicamente viene diagnosticato nella perenne incapacità totale di intendere e di volere.
La semi capacità psichica di intendere e di volere sminuisce la dolorosità del male che l’individuo può compiere, ma stronca la possibilità di tranquillamente assimilare il paziente allo stato del bambino prima dell’uso della ragione o del paziente totalmente privo della mente.
E’ fuori dubbio il valore della loro sofferenza, sofferenza tra le più profonde e umilianti, valore soprannaturale tanto più sicuro e proficuo nelle finalità redentive, in quanto gli stessi pazienti sono nell’umana incapacità di tornare indietro.

Racconto un fatto a me accaduto nei primi tempi di “Quarto d’Ora della Serenità” trasmissione dal Vaticano per gli infermi. Un giorno (1951) mi aveva scritto un’ammalata: “Io sono affetta da un tumore benigno al cervello e quindi sono condannata a perdere un giorno la presenza di me stessa. Come potrò allora appartenere alla nostra bella Associazione se avrò perso l’uso della ragione?” Immediatamente per radio le risposi: “Lei si troverà nella condizione migliore: perché quando avrà perso l’uso della ragione lei resterà eternamente in quello stato in cui si troverà in quel momento. Se sarà unita a Dio sarà in stato di impeccabilità”.
L’anno seguente, mi trovavo ad Oropa dove i primi ammalati intendevano fare con un Corso di Esercizi Spirituali la loro prima esperienza. Un giorno mi chiama un’ammalata in barella e mi dice: “Si ricorda di quella lettera che ha ricevuto alla radio ed a cui ha dato una risposta, circa la continua presenza a se stessa?” “Sì” risposi. “Allora, io sono quell’ammalata”. Poi ha proseguito: “Mi faccia ora un piacere: quando avrò perso l’uso della ragione mi prometta che dirà alla Madonna che io sono contenta di essere così e poi reciterà per me il ‘Magnificat’”.
Questi sono fatti di grazia, fatti di intervento di Dio e che incontriamo nella nostra vita pastorale e ne abbiamo molti. Inconsapevolmente, ma felicemente per scelta e decisione tutoria, inseriti col battesimo nel grande piano della Redenzione, la loro vita e la vita dei bambini diventa martirio e salvezza per sé e per gli altri, capaci, come afferma S. Giovanni nell’Apocalisse, 14,4, di seguire, al termine della loro esistenza umiliata e sofferta, l’Agnello nel giorno della risurrezione con canto del tutto speciale, ovunque Egli vada: “sono coloro che non si macchiarono con i peccati della carne, che non hanno seguito gli errori dell’apostasia; sono candidi, sono felici, sono santi”.
I loro occhi forse non si apriranno mai sui valori naturali che li circondano; vivono sulla terra senza conoscerla e senza subirne le contaminazioni; nulla però può attaccare il loro inserimento in Cristo che regna, che come un tesoro posto a frutto, segna un aumento graduale di grazia pari allo stato e lunghezza del tempo della minorazione stessa.
Qui entriamo in un’affermazione teologica dell’aumento di grazia nella sofferenza dei bambini e nella sofferenza totale, continua di un ammalato psichico. Siccome non intende e non può volere né in bene né in male, la sua grazia, ossia il suo merito è statico?
Evidentemente la sua grazia è pari anche alla sofferenza e quindi ci deve essere qualche cosa che segna l’aumento di merito di quella persona in proporzione al modo ed alla continuità con cui rappresenta nella vita della Chiesa lo stato del Cristo sofferente, umiliato e giudicato pazzo.
E’ vero che per il merito e per il peccato occorre l’atto volontario, ma è anche altrettanto vero che, per l’inserimento in Cristo, è sufficiente la decisione dei responsabili della vita stessa, potendo essi far partecipi, fin dalla loro nascita, dei tesori infiniti di Dio, posti a disposizione di tutti col piano della salvezza. Come il figlio, venendo alla luce, acquisisce i diritti di natura della famiglia, così può, per decisione familiare, partecipare anche dei beni celesti. E’ la questione del battesimo dei bambini appena nati.
E se poi tale situazione, per particolari circostanze, non viene modificata o per conclusione di esistenza prima dell’uso della ragione, o per impossibilità di raggiungimento della maturità psichica, tale prezioso inserimento perdura per libera disposizione di coloro che, con senso di vera. prudenza cristiana, hanno reso partecipi i propri figli di tali tesori fin dal loro nascere.
Esiste anche una teoria secondo cui la sofferenza innocente è in modo particolare proficua anche ai genitori ed alla famiglia. Credo che ciò si possa affermare considerando il merito dell’atto che la famiglia ha fatto verso quel. sofferente inserendolo involontariamente in un piano di grazia, di detenzione di merito. Egli non poteva scegliere, ma la famiglia ha però scelto per lui, per renderlo partecipe dei beni più importanti che sono quelli eterni.
Del resto la tradizione cristiana del battesimo, conferito subito dopo la nascita, o anche fin dal seno materno, allorché il nascituro, per varie ragioni, si trova nell’impossibilità di venire alla luce, ben prova tale verità.
Paolo VI, il 1.1.1968, parlando della preziosità del dolore innocente, non dubita, assimilandolo a quello del Cristo, di affermare:
“Eppure basta riflettere che proprio per il dolore innocente noi siamo salvi. Non era innocente Gesù? E non è stato il suo dolore, la sua passione, la sua morte a redimere il mondo? Del pari, il dolore di voi, ignari delle malizie umane – parlava agli ammalati psichici – forse anche meno cosciente di quanto potrebbe essere, è quello che più vale”. (Magistero di Paolo VI)
Magnifici sono i pensieri dello scrittore Mounier, allorché parla della malattia subentrata alla sua piccola figlia Francesca in seguito alla vaccinazione antivaiolosa; 1’encefalite, prima con lievi disturbi, poi incurabile, sommerse la figliola in una profonda misteriosa notte dello spirito. Il male della figlia, lungi dal separare i coniugi, era diventato punto
d’incontro e di ascesi attraverso l’offerta inconsapevole della figlia divenuta segno della presenza del Cristo tra di loro.

Così scrive il padre di Francesca alla propria moglie sullo stato doloroso della loro figlia:
“Dalla mattina alla sera, non pensiamo a questo male come a qualcosa che ci viene tolto, ma come a qualcosa che noi doniamo, per non demeritare di questo piccolo Cristo che sta in mezzo a noi, per non lasciarlo solo, lui che ci deve trascinare; per non lasciarlo solo a lavorare col Cristo… Non voglio che noi perdiamo questi giorni, dimenticando di considerarli per quello che sono: giorni pieni di una grazia sconosciuta”.

In altre lettere Mounier medita i misteri di Dio che nella figlia toccano l’intera famiglia:
“Io non so per chi lavora questo povero visino offuscato, questa piaga
al nostro fianco per anni ed anni, forse, per questo povero destino sempre travagliato, sempre mortificato”.
“Io sento, come te, una grande stanchezza e una grande calma insieme; e sento come il reale, il positivo, sia la calma, questo amore della nostra bambina che si trasforma dolcemente in offerta, in una tenerezza che trabocca da lei, parte da lei, ritorna su lei, ci trasforma con lei, e come la stanchezza sia soltanto il corpo troppo fragile per questa luce, e per tutto ciò che c’era in noi di abitudinario, di “possidente”, mentre la nostra bambina si consuma lentamente per un amore più bello … “.

Sacralità del dolore innocente

La presenza della figliola sempre silenziosa, con lo sguardo aperto verso l’infinito, nel racconto di Mounier, era diventata punto di ascesi profonda e di incontro con Cristo; la presenza della figliola era diventata voce di presenza sacra per la misteriosa unione che lega ogni sofferente a Cristo, allorché con Lui vive la dimensione nuova soprannaturale della propria esistenza; cfr. le vaste tematiche presentate a questo proposito da Paolo VI.
“Sentivo di avvicinarmi a quel lettino senza voce come ad un altare, a un luogo sacro dove Dio parlava per mezzo di un segno” (così ancora il Mounier)
Chi non ricorda del resto la nostra Rita Tebaldi di Roma, la quale era affetta da artrite deformante e anchilosante e per di più cieca? Alla fine dell’esistenza divenne anche sorda. E quando una maestra diceva di fronte ad essa: “Perché il Signore non si porta in cielo questa bambina?” Rita rispondeva con prontezza, prima di perdere l’udito: “Finché posso compiere il mio lavoro ho diritto anch’io di stare su questa terra”.
“Una tristezza che mordeva sin nel profondo – continua il Mounier
parlando della sua bambina – ma leggera e trasfigurata. E, tutto intorno ad essa, non trovo altra parola, una adorazione. Non ho mai conosciuto così intensamente lo stato di preghiera come quando la mia mano parlava a quella fronte che non rispondeva, quando i miei occhi cercavano quello sguardo distratto, che portava lontano dietro di me non so quale atto simile allo sguardo, apparentato a quello sguardo, ma più penetrante. Mistero, e che non può essere che di bontà, bisogna avere il coraggio di dirlo; una grazia, una grazia troppo pesante. Un’Ostia vivente fra noi, muta come l’Ostia, raggiante come quella dell’altare”.

La sofferenza affina e matura

La sofferenza rende attenti e meditativi: essa matura, allarga gli orizzonti dello spirito; non soltanto fa intuire il perché di tanti dolori, ma anche individuare quali errori si stanno espiando.
Mounier conclude le sue riflessioni proprio con questo sguardo intuitivo.
Con la guerra “questi innocenti straziati, tanti innocenti calpestati; questa piccola bambina immolata giorno per giorno rappresentava forse proprio la nostra presenza all’orrore del tempo”.
Esattamente come scriveva il Prof. Cherubino Trabucchi sull’Osservatore Romano del maggio 1972 trasmettendo il pensiero ed il voto degli ammalati psichici, formulato a conclusione degli Esercizi Spirituali a Re il 6 maggio 1972.
Così si sono espressi gli ammalati partecipanti al Corso:
“Alla luce dei valori riconosciuti e con circostanziata revisione di vita attraverso il lavoro di gruppo, abbiamo individuato come motivi di deviazione e di sofferenza personale e sociale e del moltiplicarsi dei disordini mentali, il distacco dell’attenzione dai fini dell’esistenza, la sensazione di autosufficienza dell’uomo nel clima del progresso e della civiltà del benessere, la confusione nei valori con conseguente disordine morale per la perdita del senso del peccato e per la sfiducia nella possibilità di ripresa attraverso l’aiuto sociale.
“Forti della chiarezza di queste convinzioni, consapevoli che le nostre
gravi sofferenze sono frutto dei peccati dell’umanità, illuminati da luci inconsuete, mentre diciamo: “basta al peccato!”, richiamando la responsabilità di tutti, invitiamo gli operatori ospedalieri a studiare, vivere ed applicare in campo terapeutico quella Luce Consolatrice che viene da una esatta conoscenza dell’Uomo nei suoi fini e nella ricchezza dello stato di grazia, cioè quella partecipazione al divino, al di lei del tempo e della materia”.
Ora tali luoghi sono stati aperti, avendo la nuova legislazione indicato la linea da seguire: riportare in ambienti familiari oppure extraospedalieri queste povere creature.
Alla Società, alla Chiesa, quanti figli doloranti vengono presentati dalla legge sanitaria, perché la Società e la Chiesa si piglino cura di essi. Sono fratelli nostri, sono figli del nostro tempo.
La Chiesa sempre ha sensibilizzato la Società verso i sofferenti, la Chiesa sempre è stata all’avanguardia con le sue molteplici e meravigliose opere caritative. I Santi sono figli della società e della Chiesa che, nell’impeto della grazia, seppero andare incontro ai fratelli nei segni dei tempi per testimoniare la propria solidarietà, qualunque fosse il bisogno che veniva evidenziato, nella certezza di scoprire nel fratello sofferente la presenza del Cristo che attendeva ed esigeva il Suo amore ed il Suo riconoscimento.

II PARTE

Come nella vita del Centro
è stato sempre tenuto in conto il dolore innocente

1ª tappa. Esercizi spirituali per bambini
E’ questa la formula intrapresa dal Centro Volontari della Sofferenza fin dal 1953, anche con i bambini; Esercizi Spirituali per questa categoria di piccoli ammalati, attuati nell’ospizio Barbieri di Re, prima ancora che si iniziassero i lavori per la costruzione dell’attuale Casa Cuore Immacolato di Maria.
L’idea ispiratrice dell’attività per il settore bambini ha un triplice scopo:

— valorizzare il dolore innocente, nella comprensione della sua profonda preziosità, segno del dolore innocente del divino Agnello, che in modo ammirabile associa a Sé quanti, esenti da peccati attuali, maggiormente riflettono il Suo candore;

— addestrare il bambino ad accettare la Croce fin dal suo primo affacciarsi, essendo essa la componente indicativa del vero seguace di Cristo e che deve essere considerata non come un peso inutile da sfuggirsi come fosse il più gran male, ma vista ed accettata nella sua reale componente introdotta dall’uomo nella storia del mondo e dal Cristo sublimata e trasformata in mezzo di salute.
Considerando il bambino la propria sofferenza come segno del suo amore di adesione all’amore di Gesù che viene a lui incontro, carico del pesante legno della croce per peccati non suoi e per amore verso di lui, con più facilità egli, giunto all’uso della ragione, considererà il dolore nella sua vera realtà costruttiva in piano soprannaturale;

— prevenire il bambino di fronte alle tante insidie che negli ambienti chiusi di cura, o anche spesso di famiglia, circolano attorno a lui e di cui inesorabilmente dovrà affrontarne l’urto attraverso la Via Crucis da un ambiente di cura all’altro, la stampa e tutti i mezzi di comunicazione.
Questa formazione preventiva nel bambino va svolta necessariamente con oculata delicatezza, senza lasciarsi convincere da proprie infondate convinzioni che egli sia immune, insensibile dinanzi ai volgari e massicci attacchi sferrati dalla corruzione sfacciata del materialismo e permissivismo morale che affrontano con gusto efferato simili anime innocenti. Soltanto chi è passato da simili traguardi può comprendere la portata e necessità di quanto affermato.
Se l’idea che il peccato è il più gran male che possa toccare un’anima non fa presa e non diventa realtà di vita, il dolore innocente diventa una magnifica aurora promettente, destinata a scomparire al primo impatto con le insidie del male.
Inutile sottolineare quanta attrattiva svolga sui bimbi l’idea della Madonna, Madre Immacolata, che li vuole tenere vicini al Cuore del Suo Gesù che li ama tanto e tanto fa affidamento sul loro amore e sulla loro fedeltà; fino al punto di rivolgersi, a Lourdes ed a Fatima, proprio alla loro categoria.
Dagli Esercizi Spirituali all’estensione dell’apostolato verso i bambini degenti in famiglia, breve e logico è stato il passo. Era naturale conseguenza tenere contatti formativi con i bimbi avvicinati durante gli Esercizi a Re, cercando di unire ad essi, nelle stesse linee formative ed apostoliche enunciate, anche i fanciulli degenti in famiglia.
In questo allargamento di apostolato furono uniti, negli incontri tenuti per bambini, anche i loro genitori, svolgendo anche con essi parte del programma che veniva svolto durante il giorno per i loro figlioli, integrando poi l’incontro con una riunione tenuta soltanto per essi per comunicare il programma formativo e d’azione affidato ai loro figlioletti, pregandoli di voler sostenere il proprio bambino nell’attuazione del proposito mensile per una crescita spirituale. I frutti sono stati superiori all’aspettativa.

2ª tappa
E’ quella compiuta verso i bambini subnormali gravi, dai 3 ai 14 anni della provincia di Trento, nella Casa di Cognola, accettata in direzione e gestione dalla medesima provincia di Trento nel 1970.
Era la prima esperienza che si affacciava alla nostra Associazione, ma fu accolta con sincero e fervido entusiasmo da tutti i membri dell’Associazione, i quali hanno visto in quei bambini tanti segni dell’amore misericordioso del Cuore di Gesù, che lega alla loro presenza orante e sofferente tante grazie per l’apostolato e per la società.
Mi recai a Cognola con la Comunità nell’agosto 1970 e mi ricordo bene che, appena entrato nella Cappella della Casa, ho dato le seguenti direttive alle figliole che sarebbero rimaste colà:
a) riconoscimento dell’alto valore della sofferenza del bambini, anche se vissuta, nella quasi totalità dei casi, inconsapevolmente;
b) dare e ripetere ai bimbi senza stancarsi mai, intenzioni di offerta del proprio dolore, ripetendole accanto ad essi e con essi, suggerendo preghiere facili e brevi;
c) offrire al Signore le sofferenze del bambini come il Sacerdote offre sull’altare le sofferenze del Cristo, presentando sovente, unitamente ad esse, tutte le offerte che sarebbero sembrate buone ed utili alla vita della Chiesa ed alla Società;
d) assistere e curare i bambini con tanto amore, senza venire mai meno. I frutti salutari, e non soltanto spirituali, che la paziente carità delle varie Sorelle passate da Cognola hanno ottenuto, destarono sovente meraviglie nella stessa équipe medica locale;
e) pur vegliando con cura su di essi e non stancandosi di richiamarli al bene non meravigliarsi per qualsiasi azione che tali bambini ‑ subnormali gravi ‑ avessero a compiere, perché o destituite o di quanto mai incerta responsabilità morale.
L’avvio ai sacramenti, confessione e comunione quasi settimanale, è la migliore cura formativa.
Chi è abituato a restare accanto a simile categoria di sofferenti non si meraviglierà se affermo ancora che la Casa di Cognola spesso ha constatato l’intervento dell’Angelo Custode di quei bambini, che li ha salvati in situazioni di vero pericolo in cui, senza colpa di nessuno, si erano venuti a trovare.
Ogni anno a Cognola si fa la preparazione alla prima Comunione ed alla Cresima, ed anche qui dobbiamo sottolineare la grande forza che esercita sulla piccola mente, spesso così scossa ed agitata, l’idea di Gesù, vivente nel Tabernacolo, presente nella Messa, che essi si apprestano a ricevere; e si nota uno sforzo di autocontrollo, evidentemente spesso richiamato e tenuto presente con una serie di attenzioni anche esterne.
Le affermazioni che sto facendo vanno molto al di 1à di quella che potrebbe indicare una giusta gioiosa constatazione da parte di anime consacrate per risultati di ordine morale. Questa constatazione intende affermare il vero valore costruttivo dell’idea “del religioso” sull’animo del bambini, e, dicendo “del religioso”, intendo affermare l’idea di tutte le realtà soprannaturali; idea di Dio, di Gesù, di Maria SS.ma, degli Angeli custodi, della grazia, del senso morale, del senso di responsabilità e di merito e di castigo, ecc.
Ometto, per brevità, le esperienze pur meravigliose che in questo settore si potrebbero elencare.
Forse potrà essere indicato come traguardo l’accettazione di tali bambini anche da parte delle famiglie di Cognola che, in un primo tempo, li sfuggivano ed allontanavano da essi i propri figli, ma che ora
— li vedono passare per via con il personale e le Sorelle e non fuggono più,
— li accostano in Chiesa, anche se inevitabilmente un po’ irrequieti,
— li accostano nelle passeggiate o piccole gite che essi compiono nei dintorni.
Tali bimbi ora sono accettati nella vita del paese e dalla comunità parrocchiale; tutto frutto della grazia di Dio e delle Sorelle che hanno continuato ad operare senza stancarsi mai sul piano globale della persona dei piccoli degenti: sanitario, fisioterapico, scolare, morale religioso.

Parlo di questa esperienza personale, immaginandomi che anche in tanti altri luoghi sarà così se la linea d’azione è la medesima, poiché l’animatore e sostenitore della Carità è sempre il medesimo, Dio. Circa l’esperienza fatta dalla nostra Associazione, sembrerebbe che, se l’assistenza a tale categoria rimanesse limitata alla sola prestazione sanitaria, l’assistenza sarebbe monca. La parte assistenziale morale, portata avanti con 1’équipe sanitaria operante, ha un valore oggettivo che sorpassa le idee personali del singolo operatore di salute, per cui essa va tenuta presente per un piano di ricupero, raggiunto in uno sforzo d’insieme.
Con questa affermazione non si intende isolare e spingere il lato assistenziale caritativo morale indipendentemente dall’azione assistenziale sanitaria, ma sottolineare la necessaria presenza operativa che deve orientare tutto il personale, quello medico e paramedico, al di fuori, ripeto, delle convinzioni personali o partitiche, ma in vista di obiettivi sicuri raggiungibili in quella determinata categoria.
I problemi che con questa affermazione si sollevano sono certamente grandi ed importanti ed investono tutta la responsabilità di chi si affaccia per un apporto di aiuto a questa categoria. Ma se questa categoria ha bisogno di questa leva, perché negargliela ed in base a quali principi?
Si potrà obiettare: perché sottolineare molto ed unicamente i valori morali portati avanti dalla Chiesa?
La risposta é estremamente semplice: perché Dio, attraverso il Suo divin Figlio, in epoca ben precisa e controllabile, è entrato nella storia dell’uomo e con lui cammina lungo i secoli. Il voler negare il fatto storico di tale intervento non è certo frutto di intelligenza. L’accettarlo in spirito di fede è opera di grazia, il constatarlo ed accettarlo anche per il bene altrui è linea prudenziale che ordina le proprie azioni in vista del bene delle persone a cui si vuole andare incontro.
Le Case di Condino (Trento), di Balerna in Svizzera e di Moncrivello (Vercelli) che rispettivamente ospitano sofferenti mentali di sesso femminile o maschile, esercitano la loro attività su malati caratteriali o ritardati psichici.
Le varie équipe che affiancano le rispettive comunità svolgono un’azione indispensabile e quanto mai preziosa nell’indicare metodi adatti secondo le singole esigenze.
La Legge Basaglia in tali nostre Case riflette notevoli complicazioni per l’andamento, in quanto le Province si trovano nella dolorosa necessità di mandare, senza appropriate e quanto mai necessarie selezioni, sofferenti gravi e caratteriali, misti a ritardati psichici.
Non si sta qui a sottolineare la difficoltà evidente della conduzione delle rispettive case, anche se in esse si cerca di effettuare opportuni Corsi di addestramento professionale, come a Moncrivello per il settore maschile, oppure insegnamento pratico di attività femminili, come a Balerna ed a Condino.
Anche in queste Case, però, devo sottolineare la nota costante e positiva del fattore religioso, differentemente applicato, ma con notevoli risultati sicuri e accettabili per quanto riguarda la costruzione morale del Soggetto, anche se in alcuni casi si è notato un preciso rigetto, almeno per il momento, del fattore morale e religioso. Esaminando attentamente però tali casi, si riscontrano tare e squilibri psichici che gravemente intervengono nella vita del soggetto e forse, per quel poco che noi conosciamo, avrebbero bisogno di un preciso intervento sanitario che efficacemente aiuterebbe ed affiancherebbe, o avrebbe affiancato, l’opera costruttrice dell’assistenza morale.
Anche dall’esame di quei casi che noi possiamo classificare come negativi, mi sembra che si debba concludere che, per una efficace terapia, non possa essere disgiunta l’attività sanitaria dall’assistenza morale.
Dico soltanto assistenza morale e non qualificatamente religiosa, tenendo presente la situazione dei paesi ove l’Associazione opera in questo settore ‑ Italia e Svizzera ‑ pur intendendo per assistenza morale quella che promana dalla Chiesa e dal Magistero.
Dicendo poi costruzione morale del soggetto si intende costruzione
morale in un soggetto la cui psiche è sofferente, anche se in maniera molto diversa l’uno dall’altro, esigendo un’azione quanto mai paziente e delicata, lasciando, in ultima analisi, a Dio il giudizio su tante situazioni che diventerebbero impossibili ad una precisa classificazione morale.
Dati certi sono:
— Si nota in moltissimi casi l’avvertenza, ossia la presa di coscienza, sia pure in modi quanto mai diversi, di ciò che viene percepito, attraverso una paziente e costante formazione di quanto è sconveniente a farsi, sia riguardo agli altri, sia verso se stesso, sia verso Dio.
L’affermazione, in moltissimi casi, si riferisce al numero annuo e costante dei pazienti presente nelle case nostre, che è di circa 150 pazienti.
— Si nota che gli ospiti, in genere, vanno pure con gioia alle attività
di svago.
— Si ha un atteggiamento di non disturbo in momenti in cui – e non fa meraviglia la loro instabilità – essi non hanno voglia di compiere determinati esercizi di pietà.
— Relativamente facile, tranquilla e lentamente progressiva è la formazione spirituale dei ritardati psichici che raggiungono, in molti casi, una vera consapevole responsabilizzazione su se stessi e verso gli altri.
— Particolarmente giovevole e costruttivo, ho personalmente riscontrato, è usare un trattamento verso di loro profondamente rispettoso, tranquillo, calmo, costante, evitando – anche con un parlare forte od imperioso – turbamenti di psiche. La padronanza di sé, padronanza serena e tranquilla, giova molto ad ottenere padronanza anche in chi si accosta. I modi bruschi sono nocivi, irritano, non costruiscono. Con l’aiuto dei sofferenti ritardati o caratteriali sono riuscito in pochi giorni a mettere in ordine la grande biblioteca dell’ex Seminario di Moncrivello, con relativa classifica e sistemazione di volumi. A mio avviso chi non ha, o non si esercita per diventare padrone di se stesso, non può rimanere in attività assistenziale in questa categoria.
Non tutti coloro che desiderano prestare un servizio a questa categoria sono, loro malgrado, adatti a compierlo; si esige una certa selezione su basi ben precise.
— Particolari accorgimenti vanno evidentemente usati con i caratteriali, cercando di evitare con cura che nell’ambiente si verifichi quanto potrebbe portarli fuori di sé.
Sono questi gli inconvenienti che si riscontrano tra gli ammalati di questo genere, la cui presenza è dovuta alla impossibilità delle Province di provvedere con modi appropriati alle singole esigenze, ponendo le Comunità, che si aprono a tale servizio, in vere difficoltà, non potendo tenere assieme con metodi abbastanza uguali diversi soggetti. Anche le Associazioni devono poter avere, o l’una o l’altra delle categorie, essendo diversi gli accorgimenti assistenziali dovuti, secondo le rispettive esigenze.

Esercizi Spirituali per i sofferenti psichici

Il tema potrebbe sembrare irreale, o, al massimo, indicare uno sforzo di attuare un Corso di esercizi tenuto in qualche modo. La realtà non è cosi.
Si tratta di un vero e proprio corso di Esercizi Spirituali, con prediche di massima, incontri di revisione di vita, giornate di studio sui problemi che investono la propria categoria e tempi di silenzio.
Quest’anno, a Dio piacendo, a Re si attuerà il XVII Corso di Esercizi per “tale categoria”, i cui frutti sono stati non soltanto soddisfacenti, ma buoni. Su questo particolare tema preferisco citare quanto scrisse il Prof. Cherubino Trabucchi, che dal primo Corso tenuto a Re per ammalati psichici continua tutt’oggi ad accompagnare e seguire i suoi pazienti con una buona équipe medica ed assistenziale.
Concluderò, poi, questa parte con un voto del Prof. Tanfani, che abbiamo l’onore di avere tra di noi quale Presidente del nostro incontro, formulato a conclusione del XV Corso di Esercizi Spirituali per ammalati psichici tenuto a Re nel 1978.
La relazione del Prof. Trabucchi sviluppa, dopo una brevissima presentazione dell’importanza del Corso 1978, tre punti: il malato, il personale e che cosa dice 1’esperienza.
,,E’ la XV edizione di questi ritiri – così il nostro carissimo relatore – – che assumono un significato tutto speciale.
Prima di tutto perché si tratta di soggetti in cui la malattia ed il regime
di vita particolare affinano la sensibilità, la suscettibilità e creano problemi specifici diversi da quelli abituali agli altri gruppi di malati.
Poi perché insieme con gli ospiti vengono medici, infermieri, suore, assistenti sociali dei diversi ospedali.
Infine perché siamo in un periodo di grandi innovazioni e riforme dell’assistenza psichiatrica.

Il malato presenta dei problemi personali in rapporto alle più svariate disarmonie: i più delicati e raffinati scrupoli di coscienza, le depressioni con visioni nere e il senso di abbandono da parte di Dio e degli uomini, di inutilità… la debolezza verso le attrattive dell’alcool, le insufficienze di critica con scarse strutture interpretative, allucinatorie e deliranti.. Tutto un insieme di sofferenze che non trovano posto e giustificazione nel turbine della vita moderna e qualche volta sono aggravate e caricate di rancori o addirittura di cattiverie nel regime ospedaliero, non sempre sufficientemente favorevole alla socialità e all’amore.
A Re ognuno si sente di casa!
I pochi incapaci di una revisione cosciente di vita avvertono un fascino che attrae: fascino di bontà, di un interesse comunitario o personale, che rende buoni. Gli altri dividono le loro preoccupazioni con, i “ fratelli degli ammalati “ : veramente “le cose belle si moltiplicano, le cose brutte si dividono”. Ecco, il frutto dell’amore!
E tutti sono partecipi. Tutti sono membri attivi della comunità! Non disciplina imposta. E’ collaborazione amorosa e consapevole. E’ la comunità dei cristiani. E consapevole diviene la ricchezza della sofferenza accettata ed offerta, ricchezza da poter donare. Essa si esteriorizza nell’offerta del dolore durante le funzioni religiose per scopi ben precisi, nell’aiuto reciproco, net colloquio.

Il personale, in parte già inserito nello spirito di Re, e in parte nuovo, col suo camice bianco, si orienta subito nello spirito di fraternità ognuno assume il suo ruolo, con orari pesanti, con mansioni che richiedono zelo e anche fatica: sorveglianza e sostegno dei “degenti” dei vari ospedali, pulizie, lavori in cucina e preghiera. In più vivacissime esposizioni e discussioni sulla vita in ospedale, sulle nuove e vecchie tecniche di organizzazione ospedaliera e di cura. Si confrontano le esperienze, si progettano scambi di visite tra ospedali.. si sottolinea la mancanza per trascuratezza dei valori spirituali come motivo di sollievo e come mezzo di terapia per l’uomo.
E’ un susseguirsi di argomenti, di informazione e, soprattutto, di esempi!
Chi ha esperienza di collettività in nessun ambiente, come a Re, coglie la mimica distesa, premurosa, attenta, ma serena nell’appagamento delle esigenze superficiali e profonde dell’animo umano.
L’esperienza di 200-300 ammalati che vengono a Re da 15 anni viene da tutti sottolineata come antesignana di ogni terapia della persona, nella responsabilizzazione del malato, nella possibilità dell’offerta a tutti di un colloquio che esprima le preoccupazioni personali, di gruppo, di uomini responsabili, di veri cittadini, anche se troppo spesso emarginati e dimenticati.
In questo clima i lavori di gruppo consentono la fierezza del cristiano, la gioia del prediletto, la consapevolezza di valori, la capacità di una partecipazione attiva e forte anche o proprio perché non violenta.
Nei dialoghi, nelle confessioni, nei lavori.di gruppo, net collaborare alle funzioni religiose in una liturgia ricchissima, ecclesiastica e popolare, individuale e collettiva, nelle passeggiate e nelle pause di adorazione è tutto l’uomo, qualunque uomo, che si realizza,
La devozione a Maria, Mamma, consola del dolore.
La devozione al Sacro Cuore, tanto caldeggiata negli Esercizi di quest’anno, afferma la potenza dell’amore e degli affetti che sono i grandi trascurati dell’umanità e per questo substrati di moltissimi disordini e di molte sofferenze umane.
Quest’anno ben undici ospedali psichiatrici erano rappresentati da folti gruppi di degenti. Ben due Direttori di ospedali e quattro medici si sono dati il cambio, entusiasti del clima terapeutico net senso più elevato delta parola, concordi tutti nell’osservare come 1’esperienza di Re sarebbe necessaria al personale per un perfezionamento della missione difficile che gli è stata affidata.
E gli amministratori? E i legislatori? Quanto imparerebbero se… guadagnassero un po’ del loro tempo prezioso venendo a vivere qualche giorno con quelli che chiamano i mentecatti e che oggi “per legge” sono diventati tutti sani!
Il Prof. Leonardo Tanfani, dopo avere espresso il suo pensiero quale medico, formula un voto che a noi particolarmente interessa perché, in realtà, risponde ad una precisa esigenza d’apostolato. Così il Prof. Tanfani:
“Le giornate sono state piene di attività intensa, sia per gli ospiti che per il personale; ed è una vita nuova, vissuta in una atmosfera veramente comunitaria nel più ampio senso delta parola, fra tutti i partecipanti, con totale dedizione, buona volontà ed ottimo umore.
Da medico devo dire obiettivamente che anche dal punto di vista clinico si sono visti dei miglioramenti ben evidenti, sia nella socialità di sindromi dissociative, sia nell’umore di ciclotimici, sia net comportamento di caratteriali: miglioramenti anche motto duraturi net tempo.
Nell’attuale indirizzo dell’assistenza psichiatrica volta soprattutto in
senso sociale e in strutture alternative (comunitarie, familiari, domiciliari) io vedrei molto utile, accanto agli operatori psichiatrici, sanitari, parasanitari e sociali, anche queste figure che chiamerei operatori m9rali e che assumerebbero così un loro importante ruolo nell’équipe pluridisciplinare delta assistenza psichiatrica ospedaliera e soprattutto extraospedaliera.
Potrebbero svolgere la loro preziosa azione con modestia ed umiltà, animati e sostenuti da quella amorevole carità cristiana di cui si sente tanto il bisogno, ma che in realtà vediamo così poco realizzata”.
Riprenderò la proposta del Prof. Tanfani nell’ultimo aspetto di questa relazione sulla linea d’apostolato che il Centro si prospetta di seguire per questa categoria di sofferenti.

III PARTE

Linea operativa del Centro Volontari della Sofferenza
tra i sofferenti psichici

Volutamente si afferma tra i sofferenti psichici e non tra gli ammalati, perché il termine amplifica il discorso ed abbraccia cos! tutte le sofferenze morali, e fisiche, quelle che infliggono particolari lesioni Sul cervello o meno. Per i nostri soggetti le sofferenze morali sono tra le più gravi.
“Il malato – ha affermato il Prof. Trabucchi nella relazione sopra citata – presenta problemi personali in rapporto alle più svariate disarmonie: i più delicati e raffinati scrupoli di coscienza, le depressioni con visioni nere e il senso di abbandono da parte di Dio e degli uomini, di inutilità… la debolezza verso le attrattive dell’alcool, le insufficienze di critica con scarse strutture interpretative, allucinatorie e deliranti… Tutto un insieme di sofferenze che non trovano posto e giustificazione nel turbine della vita moderna e qualche volta sono aggravate e caricate di rancori o addirittura di cattiveria nel regime ospedaliero, non sempre sufficientemente favorevole alla socialità e all’amore”.
La sofferenza morale, quindi, nel settore che stiamo considerando, è la più acuta, la più persistente, rovente, che rode come un tarlo facendo sovente piombare l’individuo nello scoraggiamento più cupo. La sfiducia generale e totale è il clima dell’ammalato psichico che, partendo dalla constatazione del proprio stato fisico ed ambientale, si estende a quanti l’avvicinano e diventa diffidente per natura e sfiduciato, cadendo in un isolamento scoraggiante che lo pub portare, come talvolta si riscontra, alla disperazione.
L’ammalato mentale, anche colpito in forma grave, può avere inoltre, e di fatto ha, come abbiamo udito, del momenti in cui comprende la propria desolante situazione e sono sufficienti quei pochi secondi di comprensione di quel che è, dove vive, come è trattato e considerato, per cadere nella più profonda, e quanto mai comprensibile desolazione per ritornare poi nella sua assenza mentale ed avere così, come in una notte senza termine, riposo dal proprio soffrire.
Sono quelli i momenti più dolorosi della sua esistenza, momenti di
ribellione profonda contro il proprio essere, il proprio male, contro Dio e contro la Società.
E’ il momento del “perché” più straziante di tanto umano soffrire che lo proietta nella desolazione più avvilente; ma può anche essere il momento della grazia, il momento della propria santificazione attraverso un’accettazione filiale che può avere il sapore dell’eroismo; può essere il momento più fecondo del suo vero apporto per la società e per la Chiesa. Certo che se noi inoltre applichiamo tutte le idee che ci ha dato Papa Giovanni sulla famiglia spirituale che si costruisce attorno ai sofferenti, con l’offerta del proprio dolore, qui noi potremmo avere dei risultati meravigliosi.
Veramente in qualche modo potremmo ripetere a quanti li accostano o li possono accostare in vincolo di fraterna solidarietà le parole scritturistiche: “fermati, il terreno che tu calpesti è santo”. Il volto bendato del Cristo non è retorica poesia. Il Cristo misticamente vive, o può vivere in quel povero mentecatto. Egli ti è presente e silenziosamente ti guarda come dal Tabernacolo per domandarti conto un giorno sul come tu l’hai avvertito presente e lo hai avvicinato.
Anche questa non è retorica, ma oggetto di stretto rendiconto di giudizio finale e personale, che tocca tutti; vedi Mt 25, 31-40.
Ed è proprio tale profonda realtà che deve regolare i rapporti, spingere all’azione più paziente ed instancabile.
La realtà del Cristo presente nel fratelli ha spinto anche per il passato i fratelli del nostro Centro Volontari della Sofferenza verso questi fratelli doloranti, come è avvenuto in parecchi ospedali psichiatrici, iniziando così anche tra di loro l’apostolato della valorizzazione della sofferenza, secondo le richieste della Vergine Immacolata, rivolte a Lourdes ed a Fatima.
Se l’isolamento, l’abbandono, la privazione di un appoggio familiare o di amicizia, la non credibilità personale, l’impossibilità stessa di un piano di vita qualsiasi, costituiscono il quadro dell’ammalato psichico, possiamo pure affermare che tale quadro si riflette con dolore impotente anche nella famiglia, ove essa c’è.
E’ vero che spesso a monte di tanto dolore si trova il disordine morale familiare, ma non è tutto così. La storia di tanti casi lo dimostra ed il Signore, alla base di ogni avvicinamento con fratelli sofferenti, pone l’avvertimento che la sofferenza è una possibilità di manifestazione dei disegni di Dio: “del suo stato e colpa di nessuno, ma perché si manifestino i disegni di Dio”, così in risposta ai discepoli che Gli chiedevano di chi fosse la colpa di fronte al dolore del cieco nato.
La carità più grande che non indaga ma pazientemente attende il momento di poter agire deve essere la regola dei rapporti che si intendono instaurare se non si vuol cadere in un fatuo ed ancora maggiormente avvilente filantropismo che sa di nulla.
La recente Legge Sanitaria che ha posto fuori dagli ambienti di cura tali sofferenti, ha accresciuto l’inquietudine loro e delle rispettive famiglie.
Anche le famiglie vivono l’angoscia più trepidante per l’impotenza di intervenire verso il congiunto; per la stessa propria insicurezza che l’ammalato viene a creare in casa; per il senso di disagio in cui essa è venuta a trovarsi di fronte al timore che pervade nelle altre famiglie viciniori, allorché trapela che in quella determinata casa esiste un ammalato psichico.
Il Centro in tali ambienti, in dette situazioni, deve ormai dare una risposta più ampia, più efficace, deve far sentire la Sua presenza come un preciso intervento dell’Immacolata in quei determinati contesti personali e familiari.
Ogni iscritto al Centro deve essere La “longa manus” dell’Immacolata; deve avere in mente, come la Madonna si comporterebbe di fronte a quegli ammalati ed alle loro famiglie?
Tali fratelli sono a noi vicini da tanti anni, ora essi devono poter sentire in concreto il nostro appoggio in forma più vasta e più ferma per quanto riguarda la vita del Centro.
Il Centro per svolgere in forma pia concreta il proprio apostolato e cercare di dare un aiuto vero all’ammalato psichico, nel modo più discreto, deve cercare di conoscere e tenere presente:
1) il carattere del malore del paziente;
2) quali siano le possibilità vere che egli ha di inserimento nell’apostolato e nella società;
3) l’ambiente in cui vive.
Nel nostro caso conoscere ed avere fiducia e cooperazione dell’ambiente familiare, ove esso esiste, è di primaria importanza per svolgere una iniziativa di inserimento ecclesiale e sociale. La famiglia deve essere certa che il proprio congiunto non viene avvicinato per strumentalizzazione. Il nucleo familiare deve arrivare a cooperare con il Centro, sul parallelo di quanto si fa per i bambini, per il ricupero massimo del proprio congiunto attraverso la terapia dell’inserimento con gli altri (Associazionismo).
La famiglia inoltre deve poter trovare nel Centro, per quanto possibile, un sostegno per le tante implicanze che l’ammalato viene a creare in casa, pur non diventando l’attività del Centro una pura attività sociale, E’ infatti metodologia del Centro non sostituirsi a nessuno, non creare doppioni, non fare tanto per fare, ma agire nella propria fisionomia ed attività, indirizzando le varie necessità che si presentano alle rispettive strutture già esistenti.
Non basta però prendersi cura dell’ammalato mentale sulla falsariga di quanto si fa per gli altri iscritti al Centro. Questo settore esige molto di più e questo va tenuto presente.

IV PARTE

Alcune direttive d’azione

Da quanto enunciato, già trapelano alcune linee d’azione:

1) l’apostolato deve unire paziente e famiglia
il paziente va avvicinato per quell’apporto che gli si può dare e fin
dove si può, secondo la metodologia e finalità del Centro stesso, rimandando a tra breve una più precisa esemplificazione;
la famiglia, deve essere condotta, dall’evidenza dell’interessamento concreto, ad associarsi all’azione formativa del Centro che, in definitiva, in aspetto clinico, si traduce “recupero e responsabilizzazione” psichica del congiunto, non soltanto a vantaggio personale del paziente ma altresì a sicurezza stessa familiare.

2) L’apostolato deve avere possibilità formative ed apostoliche accessibili a tutti e possibilità apostoliche più impegnate e maggiormente responsabili per chi può.
Attenzione alla distinzione, attività per tutti e attività specializzata per chi può.
A questo punto distinguiamo per ammalati degenti in ambienti di cura e per sofferenti posti fuori ambiente dalla Legge Sanitaria. Per ammalati degenti in reparti psichiatrici continuare ad estendere le linee apostoliche del Centro come già fatto e come in diversi luoghi ancora si fa, cercando di sostenere l’azione formativa interna con l’appoggio esterno dato dal Centro viciniore.
Per i sofferenti posti fuori del luogo di cura ecco le linee di attività uguali per tutti, caratteriali o meno, che mirano:
a rendere spiritualmente operosa e preziosa 1’esistenza del sofferente, attraverso una vita vissuta in grazia e l’accettazione del proprio stato di malattia, qualunque esso sia, seguendo, secondo lo stato del paziente, le indicazioni date nella seconda parte per l’azione della nostra Casa di Cognola.
L’azione formativa del soggetto svolta con costanza e calma, già sarà terapia vera ed efficace per la psiche del sofferente e non mancherà di portare i suoi frutti, secondo le possibilità e la corrispondenza di ciascuno.
II caratteriale troverà in se stesso forza per resistere all’insorgenza di quanto lo può eccitare; il Signore, con il Suo aiuto, infatti, certamente sosterrà il Soggetto, non permettendo che Egli sia provato al di sopra delle proprie forze, mentre la terapia medica mirabilmente potrà aiutare l’opera del direttore di Spirito, eliminando e sostenendo quanto necessario all’equilibrio psichico.
Inutile dire che per una efficace e salutare direzione di recupero ci deve essere un’intesa tra medico e direttore spirituale.
Senza questa intesa non ci può essere vera e propria costruzione morale. Per “intesa” si intende azione direttrice, convergente, unita, che parte da principi sicuri, basati sulla natura ordinata e sulla grazia che presuppone la fede e che si estende e cresce secondo la forza del Corpo Mistico.
L’insufficienza mentale, dall’azione formativa che il Centro svolgerà attorno a lui, troverà sostegno non soltanto per la propria maturazione spirituale, ma per uscire dall’isolamento in cui tende a chiudersi e ad inserirsi nel lavoro di gruppo ed a porre a disposizione della Vergine Santa il frutto prezioso della santificazione del proprio dolore, per diventare naturale sostenitore delle anime e diventare, a sua volta, operatore di salvezza.
E’ evidente che per raggiungere questi risultati noi partiamo da principi condotti in modo univoco, uguale, da tutti gli operatori di salute spirituale, vale a dire da parte dei sacerdoti; ma partiamo anche dal principio di affermazione di linee mediche sostenute ed applicate al di fuori delle varie opinioni personali che si possono avere sulle varie teorie circa gli ammalati.
L’operatore spirituale parte da principi sicuri, soprannaturali, l’altro parte da principi di medicina; seguendo però tutti e due, con chiarezza di impegno e sincerità di animo, la stessa linea, devono arrivare ad avere dei punti d’incontro ben precisi, perché scienza e fede non sono mai in opposizione.

3) Incontri formativi diversamente condotti:
— per caratteriali gravi, schizofrenici, frenestenici gravi è necessa‑
rio svolgere incontri in forme numericamente ridotte, in ambienti facilmente controllati, con l’aiuto assistenziale di Fratelli degli ammalati che siano al corrente degli eventuali problemi insorgenti e che sappiano come comportarsi in caso di necessità.
Il sistema di attuare incontri ristretti è il migliore ed assicura, inoltre, la più facile assimilazione del programma e stabilisce inoltre un più grande affiatamento nella cerchia, favorendo uno scambio di idee e di confronti di grande interesse e stimolo al miglioramento proprio; è questa la linea che il Centro da alcuni anni sta seguendo.
— Per caratteriali leggeri o insufficienti mentali (e per caratteriali leggeri noi intendiamo, come ci ha detto il prof. Tanfani: epilessia, stati depressivi-ossessivi, forme che vanno a fase e che possono essere più o meno gravi) gli incontri possono essere svolti con gli altri iscritti al Centro, con l’aiuto di riguardo di cui possono avere bisogno.
L’inserimento nel contesto del Centro più diventa vivo ed operante,
più li spinge ad evadere da se stessi e ad inserirsi in una collettività spiritualmente operante e consona al loro stato che difficilmente potrebbero trovare aperta ed accogliente altrove.
Naturalmente l’Incaricato diocesano preposto a questo settore deve curare che fratelli d’ideale convenientemente preparati possano affiancare questi fratelli per il normale specifico sostegno che potrebbero richiedere. Evidentemente poi, nei raduni di settore (bambini – adolescenti giovani – adulti) essi seguono il settore corrispondente all’età e non al quoziente intellettivo, altrimenti sorgerebbero, come già riscontrato nel passato, inconvenienti non indifferenti.
Il punto focale per tali incontri di settore è che il partecipante sia aiutato ad inserirsi con gli altri, trovando, proprio attraverso l’inserimento, il suo equilibrio e la normale spinta a normalizzarsi sempre di più.
Occorrerà evitare, inoltre, che il nuovo iscritto possa essere elemento di disturbo per gli altri, ma lo sforzo che egli fa per stare con i fratelli di ideale e inserirsi nei vari programmi, non manca di attirargli fiducia e simpatia, coefficienti indispensabili per riacquistare quell’equilibrio interiore e convincersi da solo che può guardare il prossimo con uguale fiducia e simpatia.

4) Vita di gruppo
Nella vita di gruppo gli insufficienti mentali non soltanto possono trovare l’ambiente più adatto per la propria maturazione spinta all’azione apostolica, ma, se ben responsabilizzati, essi possono svolgere una meravigliosa opera di sostegno nell’attività ristretta ed impegnata, a sostegno dello stesso gruppo.
Il Capo Gruppo, come del resto i vari componenti il gruppo, devono dare al nuovo fratello di ideale la chiara e netta sensazione che la sua. presenza e partecipazione alla vita di attività ristretta non soltanto è gradita, ma era attesa, per cui lo accolgono con gioia ed interesse.
La sua adesione, infatti, era attesa dall’Immacolata, come l’Immacolata stessa attendeva il “sì” della Bernardetta e dei bambini di Fatima. Ma, entrando egli nel Centro, non deve limitarsi a dare una adesione, ma concretizzare il proprio amore alla Madonna ed ai fratelli con la testimonianza e l’azione apostolica di conquista come gli altri iscritti.
Dovrà essere allora compito del Gruppo interessarlo del problemi e delle visuali del Centro; dovrà essere abituato e sostenuto nell’esame delle varie posizioni apostoliche ed allora, stimolando la forza dell’interesse, affiorirà facilmente anche il relativo apporto di azione se pub, di preghiera e di offerta certamente.
L’azione svolta attraverso la preghiera e l’offerta è azione basilare per l’apostolato, ed allora egli dovrà sentirsi legato all’attuazione del1’attività più importante per la vita del Centro.
Dall’inserimento vivo e naturale nella vita di gruppo, facile sarà poi il passo all’inserimento nella società.
I caratteriali gravi invece vanno seguiti, come già detto, con particolare attenzione e non possono essere inseriti nella vita di gruppo; quelli leggeri, invece, che hanno manifestazioni saltuarie, sì, se si conosce bene la natura del male e quale sia la forma dell’impatto che può creare squilibrio di comportamento nella partecipazione del soggetto.
Al caratteriale grave l’attività di Gruppo non può essere acconsentita per gli eventuali pericoli insorgenti che possono danneggiare il singolo e gli altri, portando anche scredito sull’apostolato.

5) Esercizi e ritiri spirituali
Gli Esercizi spirituali restano la formula base per la loro formazione.
Esercizi condotti come per i sofferenti provenienti dagli ambienti psichiatrici, oppure svolti con loro, inserendoli nei Corsi già programmati.
In caso che gli ammalati degenti in famiglia non prendano parte agli Esercizi Spirituali come indicato, i caratteriali gravi, se possono, devono avere il loro proprio corso di Esercizi Spirituali, come pure dicasi per i ritiri mensili.
Gli insufficienti mentali e caratteriali leggeri è bene che abbiano anch’essi il proprio Corso di Esercizi Spirituali. La predicazione potrà avere particolare impronta e sarà certamente più efficace.
In caso di impossibilità essi si uniscono agli altri partecipanti, secondo 1’età che hanno, senza però creare attorno ad essi zone di incertezza o di controllo, ma soltanto osservazione attenta per i caratteri leggeri.
E’ però bene che ad essi vengano sviluppate anche in forma suppletiva quelle tematiche che trovano in loro particolare corrispondenza secondo i loro stati d’animo e che anche il Prof. Trabucchi ha indicato.
Tali tematiche sono suppletive agli Esercizi Spirituali qualora già non rientrino negli Esercizi stessi: esse sono:
— l’abbandono di Gesù da parte degli Apostoli; essi hanno sofferto o soffrono tale abbandono;
— il bisogno di Gesù di non sentirsi solo e quindi la sua richiesta di preghiera e di conforto nell’orto degli ulivi. E’ questo uno stato d’animo che spesso riflette il loro:
— l’utilità della loro vita, anche se così insicura, per la salvezza degli altri: i peccatori intraprendono la via del ritorno dall’offerta delta loro perenne insicurezza di vita e di decisione. Con questa idea quale molla noi possiamo far scattare net cuore di quei pazienti: “La tua insicurezza è sicurezza per gli altri”.
— la divina provvidenza che interviene sempre e non abbandona mai;
— l’Immacolata che è Madre e sostiene ed intercede ad oltranza.
— Conseguenze che scaturiscono per il Centro.
Per la vita del Centro, prescindendo dalle vere difficoltà che dalla recente Legge Sanitaria scaturiscono, la linea che viene assunta per l’apostolato è un completamento d’impegno apostolico.
Linea d’azione cauta e delicata per il passato, linea aperta oggi che ci spinge all’apostolato in questo settore, quale risposta ai segni del tempo per questi sofferenti, non prima ampiamente avvicinati in tutta la formula apostolica del Centro.
Per andare incontro a tale categoria il Centro ha bisogno di personale, “Fratelli degli Ammalati” e “Volontari della Sofferenza” realmente preparati e specializzati;
— per l’apostolato che va svolto;
— per l’assistenza e la guida dei caratteriali gravi e leggeri o insufficienti mentali;
— per l’assistenza durante gli Esercizi Spirituali e i giorni di ritiro.

La necessità della formazione specializzata è evidente se si tiene conto:
— dell’efficienza dell’apostolato che si vuole attuare;
— del buon andamento dell’inserimento tra gli altri iscritti della categoria presa in considerazione;
— delle responsabilità che ne possono derivare, tanto per il singolo che accosta l’ammalato, quanto per il Centro.

Basti accennare alla necessaria cautela con cui vanno inseriti con gli altri e magari, inoltre, la scarsa, o addirittura nulla, formazione umana e soprannaturale di chi li accosta. I pericoli sono evidenti!
Per tali motivi la Direzione del Centro, dando forma all’apostolato per i minorati psichici, accetta la collaborazione soltanto da chi è iscritto al Centro e specializzato, essendo essa responsabile civilmente ed ecclesiasticamente di quanto può accadere nella vita del Centro.

L’iscrizione al Centro infatti garantisce la Direzione dell’accettazione del programma, del metodo e delle direttive del Centro, che vengono eseguite. L’iscrizione dice formazione ed impegno spirituale e dà sicurezza morale che, in un settore così delicato, nessun altro viene ad intromettersi per esperienze arbitrarie, non ricercate e non volute.
E’ animo della Direzione dei Silenziosi Operai delta Croce, che guidano tanto i Volontari delta Sofferenza quanto i Fratelli degli ammalati, che le varie esperienze, come già viene attuato nelle varie case della comunità, vengano comunicate al Centro Nazionale per una comune maturazione nell’ideale e per eventuali nuove impostazioni che possono sembrare vantaggiose per tutti.
Un membro dell’Associazione sarà incaricato di seguire il settore.

La specializzazione inoltre dice capacità di avvicinamento, capacità di intervento non spinta all’eccessivo come sopra già accennato, senso di responsabilità, senso di misura e di equilibrio per quanto può accadere durante gli incontri.
La Direzione del Centro Nazionale, mentre con riconoscenza e gioia accetta la collaborazione degli iscritti e di quanti sono convenientemente preparati, apertamente e con fermezza formalmente dichiara che non intende affatto assumere responsabilità degli inconvenienti che possono accadere a chi non è iscritto e specializzato. L’inconveniente anche se non tocca direttamente l’Associazione, indirettamente però sì.
E’ questa una norma di sicurezza non soltanto verso la Direzione del Centro, ma anche, e soprattutto, verso i sofferenti stessi e le loro rispettive famiglie.
Non sono linee direttive statiche, ma di avvio, emergenti dal piano generate, aperte a qualsiasi altra applicazione che possa sembrare buona, utile, vantaggiosa a tutto il Centro ed alla categoria a cui intendiamo andare incontro.

Conclusione

Oggi il Centro si presenta in forma di reale completezza; mancavano i malati psichici. Tale completezza c’era anche prima, ma non era strutturata.
Le esigenze dei tempi ci spingono ad andare incontro, in spirito di fattiva carità, anche a questa categoria.
Avviamoci; l’Immacolata, nel cui nome tutto prende vita e da cui tutto trae sostegno, ci benedica e ci guidi.