L’Ancora: n. 3 – marzo 1969 – pag. n. 1-8

MOLTEPLICITÀ DELLE VOCAZIONI

Uno è il corpo, ma molte le membra per l’incremento, la vitalità ed il benessere di tutto il Corpo Mistico.
“Poiché c’è bensì diversità di doni, ma lo Spirito è il medesimo; come c’è diversità di ministeri, ma il medesimo Signore; e diversità di operazioni, ma il medesimo Dio, che opera tutto in tutti. La manifestazione dello Spirito è data a ciascuno per l’utilità comune. Infatti dallo Spirito ad uno è dato il linguaggio della sapienza; ad un altro il linguaggio della scienza, però secondo il medesimo Spirito; ad uno la fede nel medesimo Spirito; ad un’altro il dono delle guarigioni, nell’unico Spirito; ad uno il dono di operar miracoli; ad un altro la profezia; ad uno il discernimento degli spiriti, ad un altro la diversità delle lingue, e a un altro l’interpretazione delle lingue. Or, tutte queste cose le compie un solo e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno in particolare secondo vuole.
Come il corpo, infatti, è uno solo ed ha molte membra, ma tutte le sue membra, pur essendo molte, non sono che un solo corpo, così è il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito, e Giudei e Gentili, e servi e liberi, per formare un corpo solo e tutti siamo stati dissetati con un solo Spirito. Infatti anche il nostro corpo non è un membro solo, ma molti. Se il piede dicesse: “Siccome non sono una mano, io non sono del corpo”, forse per questo non apparterrebbe al corpo? E se l’orecchio dicesse: “Siccome non sono un occhio, io non sono del corpo”, forse per questo non farebbe parte del corpo? Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? se fosse invece tutto udito, dove sarebbe l’odorato?
Ora invece Dio ha posto le membra, distribuendo ciascuna di esse nel corpo, come ha voluto. Difatti, se tutte le membra fossero un membro solo, dove sarebbe il corpo? Or dunque, molte sono le membra, ma uno solo il corpo. L’occhio non può dire alla mano: “Non ho bisogno di te” nè la testa può dire ai piedi: “Non ho bisogno di voi”. Ma anzi le membra del corpo, che sembrano le più deboli, sono molto più necessarie; e quelle che stimiamo meno nobili nel corpo, le circondiamo con maggior onore e quelle meno oneste le trattiamo con maggior riguardo; mentre le nostre membra oneste non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il nostro corpo in modo da dar maggior onore alle membra che non ne avevano; affinché non ci fosse divisione nel corpo, e le membra avessero la medesima cura a vicenda. Sicché se un membro soffre, tutte le altre membra soffrono con lui; se invece un membro viene glorificato gioiscono con lui tutte le membra. Or voi siete il corpo di Cristo e sue membra, ognuno secondo la propria parte”. (I Cor. XII, 1,27). “Così nella varietà delle vocazioni tutti danno testimonianza della mirabile unità del Corpo di Cristo: diversità stessa di grazie, di funzioni e di operazioni raccoglie in unità i figli di Dio” (Lumen Gentium).
L’anima del Corpo Mistico è lo Spirito Santo e questi distribuisce i suoi doni in maniera insindacabile “come i Egli vuole”, dando a ciascuno la possibilità di pienamente raggiungere la propria vocazione.
In tutte le vocazioni ne esiste però una che, fondamentalmente è uguale per tutti ed è la nostra partecipazione al regale sacerdozio di Cristo in virtù del battesimo. Incorporati in Lui, la vocazione del Capo è altresì la vocazione delle membra; Gesù Cristo è il Sommo Sacerdote per opera del quale il Padre ha riconciliato a sé l’umanità. “Cristo Signore, Pontefice assunto di mezzo agli uomini… rendano ragione della loro speranza della vita eterna” (De Ecclesia n. 10).
Differisce il sacerdozio comune dei fedeli dal sacerdozio ministeriale proprio di quei fedeli che hanno ricevuto il Sacramento dell’Ordine. “Il Sacerdote ministeriale, con la potestà sacra di cui è investito, forma e regge il popolo sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico in persona di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo; i fedeli, in virtù del regale loro sacerdozio, concorrono all’oblazione Eucaristica, e lo esercitano col ricevere i sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l’abnegazione e l’operosa carità”. (Lumen Gentium 10).
Fortunata nostra condizione di redenti, “poiché, sebbene questa vita sia ancora molto pesante, tuttavia la grazia di Gesù Cristo l’ha già alleggerita di molto e sull’esempio suo e quello dei Suoi Santi è divenuta per i deboli più tollerabile e luminosa” (Imit. di Gesù Cristo – Lib. III, Capitolo XVIII, 2).
La comune vocazione di essere partecipi del regale sacerdozio di Cristo trova la sua ampia esposizione ed applicazione nelle pagine del Concilio Vaticano Il, specialmente nella “Lumen Gentium” e nel Decreto dell’Apostolato dei Laici. A tali Documenti che costituiscono il vero ed autentico catechismo del nostro secolo rimando il lettore.
Che nel Corpo Mistico di Cristo ci sia una varietà di vocazioni con mansioni diverse e programmatiche appare ben chiaro fin dall’origine del piano della Redenzione.
Il Cristo realizza la Sua vocazione di Redentore attraverso la vocazione riconosciuta ed accettata dalla Vergine: mistero ineffabile della libertà della creatura che nel rispetto sovrano della propria indipendenza spontaneamente dona a Dio la sua risposta per l’attuazione dei Suoi disegni. Accanto alla vocazione della Vergine vediamo la vocazione del Battista, il precursore di Cristo, santificato fin dal seno materno dall’azione dello Spirito Santo che ha voluto agire attraverso la libera cooperazione della Sua indissolubile e perfetta Sposa.
Vocazione dei discepoli radicata alle nozze di Cana; vocazione degli Apostoli, diversa da quella dei discepoli; vocazione dei fedeli che fin dall’ora del Calvario scesero il luogo del patibolo attestando che “veramente costui era il Figlio di Dio”.
E nell’ambito apostolico diversità di doni, diversità Di missione, diversità di potere gerarchico, però tutto e sempre per l’incremento dell’intero corpo. In questa molteplice varietà di vocazioni sempre però le note fondamentali che sono parti costitutive della vocazione prima della partecipazione al regale sacerdozio di Cristo:
1) essere Perfetti come il Padre Celeste;
2) dare a Dio il debito culto di adorazione con la azione privata e liturgica della Chiesa;
3) riparare i peccati propri e dei fratelli per attirare su se stessi e sull’intera umanità la misericordia di Dio.
L’umanità realizza questa vocazione generale in tanti modi: chi mediante il matrimonio; chi mediante il sacerdozio; chi mediante l’esercizio della professione in servizio di tutti; chi continuando nella propria esistenza la passione di Nostro Signore Gesù Cristo.

Due vocazioni base

Tutte le vocazioni sono necessarie, distribuite da Dio per il pieno sviluppo dell’intero corpo. Tra queste vocazioni ce ne sono due basilari per l’incremento del Corpo Mistico quella del Sacerdozio e quella del Matrimonio.
Il sacerdozio ha il compito sacrificale e di dare Dio le anime e di rappresentare le anime presso Dio. Il matrimonio ha il compito di perpetuare, mediante l’aiuto di Dio, il genere umano.
In queste due vocazioni base per il genere umano si inserisce quella del sofferente, la quale viene subito dopo il sacerdozio per la sua importanza. Questa vocazione è una offerta di sacrificio che costituisce:
1) continuità e potenziamento del Calvario mediante l’offerta del proprio dolore santificato dalla grazia a beneficio dell’intero Corpo Mistico;
2) equilibrio di riparazione tra I popoli per i peccati commessi.
In questa gamma di mutuo fraterno aiuto tutti hanno possibilità di affermazioni costruttive, essendo ogni membro sostegno dell’altro. Qui si realizza la vera universale fraternità nel vincolo della carità.
Nel raggiungimento totale, nello sviluppo pieno, della propria vocazione in Cristo Gesù sta la santità dei membri del Corpo Mistico, la santità dei figli della Chiesa. Questo fervore è congenito con la vocazione della vita cristiana; ed è il segreto della sua perenne vivacità; ricordiamo la parola di Gesù: “Sono venuto a portare fuoco sulla terra e che cosa desidero se non che si accende?” (Luc. 12, 49) e quella di San Paolo, che raccomanda ai primi fedeli di essere “spiritu ferventes”, fervorosi nello spirito (Rom. 12, 11); ed il seguito di tutta l’educazione cristiana, che qualifica la tiepidezza (cfr. Apoc. 3, 16), e che tende a mettere l’anima in uno stato di tensione permanente, in un’intensità di fede e di carità, in un entusiasmo sempre ardente e fiducioso, in uno sforzo continuo di crescente perfezione, in un anelito di comunione con Cristo e di risoluta volontà di seguirlo e di servirlo, così che il dottore del fervore spirituale, San Basilio Magno, maestro all’Oriente e all’Occidente, definirà fervoroso “colui che con ardente alacrità d’animo e con insaziabile desiderio e indefessa cura compie la volontà di Dio nella carità di Gesù Cristo, nostro Signore” (Regulae, 259; P.G. 31, 1255). (Lo spirito del Concilio – Discorso del Papa 30-X11-1965).

L.N.