L’Ancora: n. 2 – febbraio 1969 – pag. n. 2-7

a) NUOVA CREATURA INCORPORATA A CRISTO

La vita del Corpo Mistico di Gesù Cristo non è patrimonio di realtà create, ma una verità “rivelata” (Gal. 1-8-9; Cor. XV, 11; 11 Cor. 11, 4). L’uomo redento annuncia il mistero pasquale non soltanto del Cristo, ma anche il proprio, essendo egli un “uomo nuovo” (Eph. 11, 15) morto e risorto nel battesimo con impegni, responsabilità e conseguenze ben precisi. Egli costituisce con tutti i fratelli di fede “un corpo solo” (Ef. 11, 16), “di cui Gesù Cristo è la pietra angolare” (Ef. 11, 19-20), poiché mediante il piano della Redenzione siamo radunati in un solo ovile e non siamo più ospiti e pellegrini su questa terra, ma “della famiglia di Dio” (Ef. 11, 18). Questo è il “mistero della volontà di Dio”, secondo cui “nella pienezza dei tempi ha voluto nuovamente raccogliere in Cristo, presso il quale è la vita, tutto ciò che c’è in Cielo ed in terra”. (Ef. 11, 9-10). Per questa ragione non esiste più nessuna differenza o disparità tra ebrei e pagani “perché tutti coeredi di Cristo, in Lui incorporati e compartecipi delle Sue promesse in Cristo Gesù per mezzo del Santo Vangelo” (Ef. 111, 6). Noi quindi cresciamo, quale nuovo edificio in Cristo e da ramo selvatico che eravamo, innestati nella pianta buona partecipiamo della ricchezza vitale e della bontà delle radici del nuovo ulivo, di cui veniamo a far parte (conf. Rom. XI, 17).
San Paolo precisa ancora che facendo parte del Corpo di Cristo noi diventiamo membra di questo corpo, per cui dobbiamo stare attenti di non prostituire, col peccato, Cristo che vive in noi, ritornando a crocifiggerLo in noi stessi con la nostra cattiva volontà. Da qui il legame della carità verso Dio e verso il prossimo, perché “se molte sono le membra il corpo però è uno” (I Cor. XII, 20) ed un membro non può odiare l’altro e dire che può fare a meno di lui. “Come in un corpo abbiamo molte membra e non tutte le membra hanno la stessa funzione, così siamo molti in un Corpo, in Cristo, stabilendosi così una vera unità di vita e di reciproca appartenenza” (Col. 23; Rom. XII, 4‑5; 1 Cor. XII 12-27). Il Cristo non soltanto ha vinto la morte con la Sua risurrezione ma vive nei cristiani che da Lui ricevono vita, nutrimento, scopo. Gesù “ha contratto con noi un’unione soprannaturale autentica e concreta – quasi fisica, diranno alcuni una unione di un genere assolutamente speciale, che in mancanza di un’altra parola più chiara, si chiama mistica”. (Plus: In Cristo Gesù, 19).? Come la pianta vive per mezzo della radice che le trasmette i succhi vitali, così voi vivrete per mezzo mio, prendendo da Me la vostra vita, come Io la prendo dal Padre, così voi la prendete da Me, poiché se il Padre è la radice che mi genera, Io sono il ceppo da cui voi germogliate come dei tralci viventi: Ego sum vitis vera et vos palmites”. (p. 176 – P. Chometon s.j. “Le Christ vie et lumière”). Del resto questa meravigliosa unità di vita soprannaturale non soltanto Gesù l’ha affermata nel Suo insegna mento ma l’ha pure proclamata altamente sulla via di Damasco contro Saulo in cammino verso Gerusalemme per imprigionare e perseguitare i fedeli. “Saulo, Saulo perché mi perseguiti?”

b) Impegno di testimonianza

Essere il Cristo nel tempo, nel posto che ciascuno occupa con gli stessi Suoi ideali: Il primo e fondamentale impegno del Cristiano è di vivere secondo i principi di vita ricevuti nella creazione e ridati con la redenzione. Per questo l’esortazione paolina: “sentite in voi come sentiva Gesù Cristo in se stesso” (Filip. 11, 5) comporta una amorosa e gioiosa attestazione di interiore libertà che spinge a conoscere il Cristo nella Sua persona, nella Sua dottrina, nel Suo modo di fare e di affrontare e risolvere i problemi non per pura conoscenza psicologica umana determinata dall’interesse storico, ma per adempiere con perfezione il compito che abbiamo, di essere lui in tutti gli atteggiamenti e manifestazioni della nostra vita perché siamo membri vivi del Suo Corpo Mistico. Sant’Agostino in una meravigliosa espressione così sintetizza questa unità “La testa, il corpo, un sol tutto, un solo Gesù. Due in una sola carne, in una sola voce, in una sola passione e, passata la prova, in un sol riposo”. (S.Agost. In Psal. LXXI, 4). Le membra del resto non possono dissentire da ciò che vuole la testa. Membra di Cristo con il battesimo dobbiamo, per debito di coerenza, vivere secondo la volontà, i principi e le finalità costituite e iniziate dal Capo nostro. In questa totale identificazione in Cristo Gesù sta l’affermazione più grande della nostra libertà e della piena affermazione della nostra personalità. Il Capo vincendo la morte e ridonando all’umanità le possibilità di vittoria, impegna le membra a vivere il medesimo mistero di morte e di risurrezione, assicurandoci che questa è la vera vittoria che vince il mondo, la nostra fede.
Meravigliose soprannaturali visuali che legano ed impegnano tutte e singole le membra del Corpo Mistico di Cristo a prendere coscienza e conoscenza di tali possibilità che riconsacrano il mondo a Dio, ridonano il fine ad ogni cosa e garantiscono l’ordine e la pace nel “vincolo della carità”.
“Grava quindi su tutti i fedeli il glorioso peso di lavorare perché il divino disegno di salvezza raggiunga ogni giorno di più tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra”. (Lumen Gentium, 33). “Ad essi infatti, che intimamente congiunge alla Sua vita e alla Sua missione, concede anche parte del Suo ufficio sacerdotale per esercitare un culto spirituale, affinché sia glorificato Dio e gli uomini siano salvati”. (Lumen Gentium, 34). Essere il Cristo nel tempo, nel posto che ciascuno occupa, significa sentire l’assillo della volontà del Padre, che deve essere da tutti attuata per la Sua maggiore gloria per la nostra più piena soddisfazione. Essere il Cristo nel tempo significa sentire il compito che su ciascuno grava di essere rappresentante di tutta l’umanità dinanzi al Padre celeste, continuamente offrendo quali sacrifici, assieme al sacrificio del Cristo che si rinnova sugli altari, “la preghiera ed il ringraziamento con la testimonianza di una vita santa, con l’abnegazione e l’operosa carità”. (Lumen Gentium, 10).
Essere il Cristo nel tempo significa rendere testimonianza della perenne attualità delle Beatitudini proclamate dal Cristo che sono gloria e martirio dei Suoi seguaci di ogni epoca, di ogni nazione, di ogni razza.” La mia vita è vivere Cristo e la morte è per me un guadagno”.
Rendere testimonianza a Cristo significa rendere testimonianza alla carità, essendo Dio carità, facendo nostre “le gioie e le speranze, le sofferenze e le tristezze de gli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e di quanti sono nell’afflizione con la solidarietà di sentimenti, solidarietà di servizio, solidarietà di spirito”. (Paolo VI, 7-X1-1968).

L.N.