L’Ancora nell’unità di salute: n. 1 – 1983 – pag. n. 7-19

Mons. Luigi NOVARESE

Premessa.

Presentiamo prima di tutto la Persona di Nostro Signore Gesù Cristo

È l’uomo Dio, che si è addossato le colpe di tutta l’umanità e le ha espiate. Ce lo dimostra la storia e la fede.
La storia indica la persona, nata a Betlemme, vissuta a Nazareth, che ha svolto un’opera di evangelizzazione nella Galilea, Samaria e Giudea ed ha concluso la Sua esistenza a Gerusalemme, condannata alla Crocifissione sotto Ponzio Pilato e risorta al terzo giorno.
Sulla Sua esistenza nessun dubbio. Ne parlano storici pagani:
Tacito, Svetonio, Giuseppe Flavio, ecc.; dimostrano la Sua vera esistenza terrena i reperti archeologici; le chiese sorte sui luoghi più importanti del Suo passaggio: Nazareth, la basilica eretta sul luogo dell’Annunciazione ed i suoi resti archeologici ritrovati; Betlemme: la grotta della nascita, monumento storico che non ha subito nessuna devastazione attraverso i secoli; il monte degli ulivi con la Sua Grotta detta del Tradimento, luogo ove Gesù Cristo si riuniva con i Suoi discepoli per soste di preghiera e di istruzioni. I graffiti sulla sua volta ci portano all’epoca del II secolo, mentre il Calvario e il Santo Sepolcro con la roccia divisa perpendicolarmente, dove fu issata la Croce, dicono il sacrificio e la risurrezione avvenuta.
Dubitare del fatto storico è voler negare l’evidenza ed anche gli oppositori più accesi di Nostro Signore Gesù Cristo accettano la Sua venuta.
Dalla prova storica si passa all’esame di quanto Nostro Signor Gesù Cristo ha operato ed insegnato.
I Suoi miracoli ed il Suo insegnamento sono narrati nei Santi Vangeli; libri che sfidano anch’essi la prova dell’esame critico.
Le ultime scoperte ci portano non soltanto al terzo secolo, che significa 200 anni dalla vita del Cristo, ma dei frammenti di papiro, completamente concordanti con i rotoli ritrovati, portano addirittura al secondo Secolo, quindi a poco più dell’anno 100 dopo Cristo, all’epoca quindi Apostolica, essendo Giovanni l’ultimo deceduto degli Apostoli. La Sua morte avvenne dopo l’anno 100.
La persona di Gesù Cristo e le Sue attività personali rimbalzano in un’altra prova storica: gli scritti dell’Antico Testamento. Scritti anch’essi che sostengono la prova della Storia più rigida e che raccontano come si sarebbe svolta la Storia della Salvezza.
Essi sono la narrazione dell’opera della Creazione, l’indicazione dell’intervento diretto di Dio sul popolo eletto; eletto perché da lui sarebbe nato il Salvatore.
Ed allora ne viene indicata tutta la vita, dall’annuncio della Sua venuta, fatto subito dopo la caduta dei nostri progenitori, all’indicazione precisa della Madre, del luogo della nascita, vita, morte e risurrezione, così che l’opera della Redenzione attuata da Nostro Signor Gesù Cristo si svolge in luogo ancora oggi provato, in una precedente indicazione, avvenuta lungo i secoli, così che l’umanità non ha alcuna difficoltà di porsi di fronte al Figlio di Dio per udire oggi come ieri e tra molti secoli come oggi, quanto Gesù ha fatto ed ha detto per la nostra Salvezza.
Il motivo di questa premessa, che richiama un profondo e dettagliato studio storico sulla Persona di Nostro Signore Gesù Cristo, e quello di porre una base sicura ad una impostazione di vita cristiana e di attività apostolica veramente impegnativa, a cui ognuno di noi è tenuto.

1. CRISTO IL GRANDE PAZIENTE CHE DÀ VALORE DI REDENZIONE ALLA SOFFERENZA UMANA

Possiamo ora partire su basi precise ed affermare, dimostrando, che:
Gesù è il grande paziente, preannunciato dai Profeti, che con il Suo esempio, ossia il modo di affrontare e vivere la propria sofferenza, insegna come valorizzare le sofferenze di tutte le età, come accettare la Sua parola con spirito di fede e fare proprio il Suo insegnamento.
Una prima domanda si affaccia alla nostra mente: come il Figlio di Dio ha operato la Redenzione e questa Figliolanza che rapporto ha col Padre?
Il Figlio di Dio ha operato la Redenzione assumendo la natura umana, diventando uno di noi. Egli ed il Padre sono la stessa identità, uniti nella forza dello Spirito Santo. Lo ha detto Lui stesso: « Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30). «E bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne andrò, non verrà a voi il Consolatore… Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera,.. prenderà del mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve lo annuncerà» (Gv 16, 7. 13. 14-15).
S. Paolo annuncia l’opera della Redenzione, spiegando il modo come è avvenuta, nella lettera scritta ai Filippesi 2,1-10. Egli, S. Paolo, pone in evidenza in tale lettera tutto il piano della Salvezza e, pur parlando della Croce che salva, sottolinea la grandiosità dell’Incarnazione, premessa fondamentale da cui è poi avvenuta l’opera della nostra redenzione.
Il Profeta Isaia descrive tutta la passione come avvenuta, e altrettanto i Salmi ed il Profeta Geremia che piange sul popolo eletto per aver rifiutato di accogliere la voce del Verbo Incarnato.
Per comprendere la forza del Cristo paziente dovremmo scorrere dettagliatamente il racconto della passione, ossia, la descrizione viva di quanto storicamente avvenne nella persona di Nostro Signor Gesù Cristo, fino alla Sua risurrezione ed ascesa al Cielo; ma ne faremo solo qualche cenno al momento opportuno.
Cristo è il grande paziente che con il Suo esempio insegna a valorizzare le sofferenze di tutte le età.
Riponiamoci la domanda: chi è Gesù Cristo?
È il Figlio di Dio, nato da Maria Vergine per redimerci dal peccato e ridonarci la vita di Dio, perduta con la disubbidienza dei nostri progenitori.
Quale l’effetto della Sua passione e morte e conseguente nostra liberazione?
Non soltanto ha pagato Lui il riscatto, ma rendendoci partecipi Iella vita di Dio, attraverso il Battesimo, ha vinto la morte con la Sua risurrezione ed ha dato al dolore il significato positivo di mezzo di salvezza.
Prima della Sua incarnazione il dolore non aveva proprio nessuna forza di riparazione ed impetrazione, come non l’ha nemmeno ora, se esso non viene vissuto in unione al Suo dolore.
Ciò che ha dato valore di merito alla sofferenza è il fatto che Gesù, Uomo Dio, si è volontariamente sottoposto ad essa ed ha accettato l’umiliazione fino alla morte di Croce.
Con l’assunzione del dolore quale mezzo di salvezza, ha fatto sì che esso continui ad avere la stessa forza redentrice tutte le volte che viene vissuto con Lui.
Si vive la propria sofferenza con Cristo soltanto se si è a Lui uniti attraverso la fede ed il Battesimo, mentre il dolore continua ad essere pura pena di Dio, inflitta all’umanità dopo il peccato, e senza alcun merito redentivo, se chi lo vive non è unito a Gesù Cristo.
Per chi non ha fede e per chi, pur avendo la fede ed essendo anche stato battezzato, vive in peccato, il dolore è un peso intollerabile, un incubo opprimente e la morte un vero enigma perché giustamente l’uomo sente in sé la spinta innata verso la vita e la ribellione verso la morte.
Chi ha dato significato e forza di redenzione, che equivale a dire forza di vita, al dolore è Nostro Signor Gesù Cristo, il quale l’ha chiamato ad uscire dalla sua disperata inutilità e l’ha fatto diventare fonte positiva di bene.
Gesù Cristo, incarnandosi ha unito a Sé tutta l’umanità ed unendola a Sé, le ha comunicato, proprio in forza di tale unione, la propria vita divina, rendendoci partecipi di essa, e ancora perché a Lui uniti per il riscatto offerto a tutto il genere umano ci renderà partecipi della sua risurrezione.
È tutta qui la dottrina del Corpo Mistico, con tutte le sue applicazioni che vanno dall’impegno di perfezione personale per realmente sentire con Cristo e non essere membra stridenti col Capo, all’identificazione di vita con Lui attraverso l’Eucarestia, e alla capacità di risurrezione dopo la morte,
Su queste basi appare chiaro il significato del nostro Centro Volontari della Sofferenza, che mira a far comprendere a tutti i sofferenti le possibilità che essi hanno se vivono la propria sofferenza in unione a quella di Nostro Signor Gesù Cristo.
Si tratta di valorizzare una vita in apparenza inutile e di peso a sé ed agli altri. Si tratta di dare una precisa risposta all’Immacolata che a Lourdes ed a Fatima ha richiesto preghiera e penitenza per intenzioni ben precise.
Si comprende allora il sostegno dato dai Papi all’Associazione:
Pio XII che dice ai Sofferenti: «Voi non siete soli, voi non siete inutili». Non siete soli perché con Cristo vivete una precisa missione. Non siete inutili perché con la sofferenza espiatrice ottenete vita e salvezza per l’umanità; Paolo VI che ha svolto una ricchezza di tematiche veramente meravigliose sul dolore; fino a Giovanni Paolo II, il quale fin dal primo giorno del Suo pontificato ha fatto appello e si appoggia sui sofferenti per avere il loro apporto di sostegno.
Una conclusione da questo primo punto: Gesù è il grande sofferente che ha vinto le conseguenze del peccato, ha ridonato all’umanità la vita ed ha dato al dolore possibilità espiatrici, propiziatrici, santificanti.
Da questa conclusione derivano allora queste applicazioni:
— possibilità nuove per chi accetta il piano della salvezza;
— conseguenze per tutti uguali per chi accetta o meno il piano della salvezza.

1) Possibilità nuove
Vita deificata, con orizzonti soprannaturali nuovi, ridonatici e di.schiusi da Gesù Cristo:
— valore attivo e costruttivo conferito al dolore che, natura sua, non ha nulla di positivo;
— possibilità di bilanciare il male che si commette, attirando grazie sull’umanità, schiacciata per l’enormità del peso dei peccati che si commettono in conseguenza dei tanti disordini;
— vita serena e gioiosa, sia pure in un mare di sofferenze, per la soddisfazione del bene che si afferma con la propria sofferenza.
Tali possibilità è chiaro sono precluse a chi non accetta la grande chiamata del Cristo e vive come se Egli non sì fosse incarnato e non avesse donato all’umanità tali nuove possibilità.

2) Conseguenze per tutti uguali tanto per chi crede quanto per chi non crede: la futura risurrezione
Cristo è risorto, ha vinto la morte. Tutta l’umanità risorgerà, ma non tutta risorgerà nella trasformazione data da Gesù Cristo.
Ci sarà chi risorge in gloria di vita e ci sarà chi risorgerà separato da Lui. San Paolo afferma: « Tutti saremo trasformati» (1 Cor 15,51). Ma come? Lo disse Gesù stesso: « Quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna» (Gv 5,29).

2. L’AMBIENTE NEL QUALE IL SOFFERENTE DEVE VIVERE OGGI LA PROPRIA MISSIONE

Eccoci allora alla seconda parte: l’ammalato sostegno del fratello offerente per la forza della propria missione di far scoprire a tutti, attraverso l’esempio del Cristo, le possibilità costruttrici del proprio dolore.
Questa seconda parte ha per confronto tre termini ben indicati:
— Gesù Salvatore, che compie il piano della salvezza per mezzo della Sua passione, morte e risurrezione, lanciando un solenne invito: «Se qualcuno vuoi venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16,24);
— il fedele, colui che convinto della verità indicata dal Cristo, lo segue con spirito di fede portando la propria croce, sforzandosi non soltanto di seguirLo, ma di imitarLo, convinto della validità dell’offerta della propria sofferenza;
— il fratello che invece di seguire il Cristo, segue se stesso, imprecando sulla propria sorte, giudicando illusi coloro che vivono nella speranza, vivendo nel mondo e seguendolo in tutte le sue deviazioni.
Da questa triplice posizione, distinta e ben diversa l’una dall’altra (perché nella prima troviamo la fonte di salvezza dalla croce e lo stimolo ad imitare in tutto il divin Crocifisso; nella seconda individuiamo il fedele che sale guardando il Divin modello convinto della preziosità del proprio sacrificio, testimoniato e vissuto in opposizione all’ambiente più o meno conforme al proprio stato; nella terza vediamo il fratello o ignaro, o sprezzante del richiamo e possibilità di fede sul dolore, egli si sente emarginato in una società che potrà alleviare, ma non trasformare il dolore), noi dobbiamo stabilire il nostro piano di partenza per l’apostolato.
Tenendo ben presente il contesto sociale in cui si vive, l’azione apostolica di accostamento e di invito a scoprire in Gesù Cristo le possibilità da Lui dischiuse seguendole nella modalità con cui Egli ha sofferto, è necessario avere ben chiari dinanzi a sé i lati positivi e negativi del momento in cui si vive e si vuole compiere l’opera evangelizzatrice.
Sono indubbi segni positivi, quantunque usati in forma bivalente e cioè tanto per il bene quanto per il male:
— lo svincolo da complessi di false vergogne sia nel bene, come purtroppo anche nel compiere il male. Il giudizio dell’opinione pubblica non ferma il delinquente né costituisce una barriera per chi vuoi diversamente vivere;
— il desiderio di sincerità spinto all’inverosimile fino alle più piccole sfumature, tanto in chi opera quanto in chi ascolta. È pericolo e deviazione a questo riguardo la confusione e il conseguente svio che si compie perché si confonde la dote della sincerità con quella della spontaneità, in cui sovente manca l’autocontrollo e la forza inibitrice che impedisce l’azione malvagia o la parola fuori posto.
Un’azione può essere spontanea ma non sincera, né a riguardo di diverse situazioni, ad esempio il rispetto della vita, né a riguardo della legge di Dio, la libertà altrui, ecc. ecc.
Altre note che si riscontrano:
— la forza d’animo con cui si compie tanto il bene quanto il male, fino al parossismo (vedi i drogati) oppure all’eroismo nelle idealità buone;
— il desiderio del sovrumano, la ricerca di Dio, di cui viene avvertita la mancanza di sensibilità nell’ascolto da parte della creatura;
— la ricerca di qualcosa che colmi tale vuoto;
— il desiderio di rendersi conto di tutto e del perché di ogni proprio atteggiamento, frutto di positivismo e di pragmatismo che si infiltrano negli animi a motivo dell’ambiente in cui si vive.

Sono segni certi negativi:
— il materialismo pratico e teorico che raggiunge l’ateismo, sostenuto in sé ed inculcato negli altri e che si manifesta nell’uniformare la propria vita a finalità puramente terrene con esclusione positiva di tutto ciò che è soprannaturale: Dio, la rivelazione, la Chiesa e le manifestazioni di fede;
— l’edonismo con la ricerca del piacere al di sopra della dignità del cristiano, del rispetto dovuto a sé ed agli altri. In questi casi la legge di Dio è una limitazione di nessun conto che intralcia la propria esistenza. È anche questa una forma di materialismo pratico, quantunque non si facciano le affermazioni materialistiche di principio;
— la violenza: un’altra piaga della società, frutto anche della società che lentamente si adegua al crollo del sistema morale; frutto anche questo della concezione materialistica della vita, congiunta con la subordinazione del rispetto alla vita ai propri calcoli di interesse personale o di partito.
Tenuto conto di queste circostanze, colui che intende vivere l’impegno battesimale, deve studiare il « modo» di portare Cristo alle anime, e, in particolare, deve studiare il « modo» di interessarle al programma della valorizzazione della sofferenza, in vista di fare di ogni anima una continuatrice convinta e gioiosa della passione di Nostro Signor Gesù Cristo.
Per presentare quindi Gesù alle anime dobbiamo, a nostra volta, essere convinti:
1) della necessità che hanno tali anime di possedere la vita della grazia da Lui offertaci quale frutto della Sua passione;
2) di quel che sarebbero quelle anime senza la loro unione a Gesù Cristo;
3) di come Gesù, visto nel Suo aspetto di Divin Redentore, può esercitare un preciso influsso determinante sulle anime.

3. GESÙ INSEGNA A VALORIZZARE LE SOFFERENZE DI TUTTE LE ETÀ

Vediamo allora come il Grande Paziente, Gesù Cristo insegni a valorizzare le sofferenze di tutte le età.
Dividiamo le età in quattro tappe: bambini, adolescenti-giovani, adulti, anziani.

I – BAMBINI

Nell’accostamento del bambino occorre vedere: l’handicap da cui è colpito, l’ambiente familiare e le doti naturali proprie del bambino. Fissiamo per età del bambino quella che va dai 5 ai 12 anni.
L’handicap può essere mentale o motorio. Qualora si tratti di handicap mentale occorre vederne il grado, ossia conoscere il quoziente intellettuale, l’ambiente in cui il bambino è nato, se trattasi o meno di tara ereditaria; vederne la composizione del nucleo familiare per sapere se il bambino vive o meno in ambiente tranquillo in cui egli senta di avere il proprio posto e di essere seguito.
Qualunque sia la denominazione dello stato dell’handicap mentale del bambino, teniamo per certo e largamente provato da lunga esperienza del Centro, che l’idea di Dio agisce quanto mai profondamente nei loro cuori.
Parliamo, ora, del bambino ammalato normale.
Anche in questo caso, se si vuole positivamente agire su di lui, occorre:
1) vedere quali mortificazioni l’handicap infligge nel bambino per potere cogliere i desideri latenti dell’animo suo rimasti insoddisfatti;
2) osservare quale influsso, o meno, esercitano su di lui la famiglia e, in caso, gli altri fratellini. Conoscere se è accettato, o respinto dal nucleo familiare; se i fratellini partecipano alla sua vita di sofferente e se lui si trova a proprio agio con loro e con i loro amici;
3) vedere se la famiglia agisce positivamente o negativamente sul suo animo; se trascura o meno i principi della fede; se il bambino conosce o meno le prime preghiere del cristiano; se già ha fatto o meno la prima Comunione; in caso affermativo quale la frequenza e in quale modo viene egli a contatto della famiglia più grande, la Parrocchia. Vedere inoltre se già ha ricevuto o no, il Sacramento della Cresima.
Sembrano molte queste note d’osservazione per l’apostolato, ma sono in realtà necessarie, come una cartella clinica, per poter scegliere la via appropriata al paziente.
Qui si tratta di cogliere uno stato d’animo e trovare la via di un efficace accostamento.
Prima nota positiva per tutti i bambini (che si estende anche agli adulti) è la certezza che, se noi accostiamo dei battezzati, dobbiamo essere consapevoli dell’efficacia della divina grazia che, viva o spenta, reagisce positivamente, in piano illuminante, ogni qualvolta viene sollecitata.
Sarà responsabilità del singolo cogliere o meno le mozioni della grazia, ma lo Spirito Santo, grande dono del Cristo alle anime nostre, certamente mira a condurre le anime lungo tutta la via che il Padre ha segnato per ciascuna di esse.
Nella normalità dei casi, in famiglie ordinate, il bambino va accostato
— con amore evidente,
— con chiarezza di intendimenti,
— con esempio concreto ed attraente.

1) Amore evidente: non si parla qui delle sdolcinature, che in genere i bambini rifuggono, ma dell’affetto sincero che traspare da ogni atteggiamento e incomincia con l’interessamento del suo stato di salute, del suo handicap, di quanto gli piacerebbe fare, come vorrebbe divertirsi, per arrivare poi a discorsi di fede, costruttivi, proposti però non come qualcosa di aggiunto alla sua personalità, ma come qualcosa di complementare e di attraente che pienamente si inserisce nella sua vita, elevandola, offrendole inoltre possibilità nuove e positive.

2) Chiarezza di idee: nella prospettiva della maturità totale che il bambino deve raggiungere e degli inevitabili problemi che, crescendo, dovrà affrontare, è necessario impostare il discorso in piano prettamente soprannaturale su argomenti. fondamentali scelti con cura, non dimenticando affatto il momento ricreativo e di svago che si vuole creare attorno a lui; svago che dovrebbe corrispondere all’intimo desiderio rimasto insoddisfatto a causa dell’handicap.
Preposta la doverosa chiarezza di impostazione dei temi e degli argomenti da trattare, (Gesù amico divino che salva e vuole essere aiutato a salvare per la gioia di tutti), condurre il discorso in modo facile, attraente, a base di immagini che colpiscono la mente infantile.

3) Esempi concreti ed attraenti: esempi ed illustrazioni lo colpiscono certamente di più il bambino. Quali argomenti della vita di Gesù e della Madonna fanno più presa sul suo animo?
Seguendo il procedimento iniziale, dire e dimostrare quanto Gesù e l’Immacolata amassero i piccoli:
— Gesù si è fatto piccolo come lui, ha voluto una mamma, ma una mamma che non fosse tutta per sé, ma anche per noi.
— Gesù ha continuato ad amare i bambini; nella Sua vita apostolica li ha voluti vicino a Sé, non solo, ma ai grandi ha detto che se vogliono andare in Paradiso devono diventare piccoli come i bambini.
— Gesù ha subito la passione: dire il motivo e da chi, e come oggi si accosti al bambino stesso chiedendogli di consolarlo per le offese ricevute e di aiutarlo a salvare le anime.
All’inevitabile domanda: «come devo fare ad aiutarLo?»
“Gesù è l’uomo Dio, dinanzi a Lui tutto è un presente. L’atto di amore di oggi Egli l’ha visto nell’orto degli ulivi, dall’alto della Croce. Questa riparazione è tanto più necessaria quanto più grande è il numero dei peccati che si stanno commettendo. Per questo Gesù chiede di aiutarlo a salvare le anime ».
Punto forte per la formazione spirituale dei bambini è porre quelle premesse che saranno basi profonde di sostegno all’età dello sviluppo, nel momento della giovinezza, allorché l’handicap prende forma e peso considerevoli. Sono punti di base formativa:
— l’Eucaristia,
— la vita di grazia,
— la devozione all’Immacolata.

1) L’Eucaristia, ben spiegata, ha in sé forza capovolgente nell’animo dei bimbi. Sovente questo Sacramento svolge opera di trasformazione e di stimolo nelle anime dei piccoli e dischiude orizzonti di sincerità e di eroismo meravigliosi, che sembrano superiori alle loro età.
La ragione va ricercata, in genere, nell’animo candido dei piccoli, reso ancora più attento e riflessivo della sofferenza.
La preparazione all’incontro con Gesù e il far rivivere questo Sacramento con l’abitudine alla Comunione frequente, non c’è dubbio che sono impegni profondi che vanno interamente vissuti e preparati con il Sacramento della Confessione, anche per abituarli, fin dall’inizio della loro preziosa esistenza, alla delicatezza verso Gesù, che personalmente va a visitarli e rimane in essi per tutto il tempo della durata delle Sacre Speci.

2) Vita di Grazia, considerata come partecipazione alla vita dì Dio, ma opportunamente richiamata come mezzo per il proprio inserimento in Gesù Cristo.
In virtù ditale inserimento sorge l’impegno di operare con Cristo e con le Sue stesse idealità. È questa la grande scoperta che il fanciullo deve fare, da cui l’impegno derivante dell’unione con soffrire con Cristo per aiutarlo a salvare anime, seguendolo con l’offerta di quanto si presenta costoso nella propria esistenza,
accentuando, nella indicazione dei sacrifici, quelli dovuti per la cura medica, che fedelmente il bambino deve seguire per riacquistare la salute, se il Signore vorrà.
Il bambino fin dal suo accostamento al Centro deve ben capire che l’Immacolata chiede la santificazione del dolore che si ha, ma non dice di ricercare la malattia. Anche con la salute si può e si deve aiutare Gesù a salvare le anime.
Non è questo il preciso compito dei «piccoli fratelli degli ammalati»?

3) Devozione verso l’Immacolata, presentata al bambino Come la prima Mamma, quella del Cielo, che veglia su di lui e sulla sua famiglia, papà e mamma compresi.
Far vedere come la Vergine Santa ama i bambini; quanto si fidi di loro e come voglia impegnarli con Sé per la salvezza dei peccatori. Dimostrare loro quanto la Madonna faccia assegnamento su di essi: ad essi ha aperto il proprio cuore manifestando le proprie ansie, incaricandoli di diffondere le Sue richieste.
Devono i bambini conoscere bene le richieste della Vergine Santa per esserne i diffusori tanto in casa, quanto negli ambienti della loro esistenza.
Le testimonianze da essi date sono numerose e commoventi, meritano di essere raccolte e tenute in attenta considerazione, perché trascinano anche i grandi.

(Continua)