L’Ancora nell’unità di salute: n. 5 – 1979 – pag. n. 377-392

Mons. Luigi NOVARESE

La considerazione dell’uomo nel Suo essere, vita e destino, “ci fa indirizzare il pensiero e il cuore a Gesù Cristo, al mistero della Redenzione, in cui il problema dell’uomo è inscritto con una speciale forza di verità e di amore “ (Redemptor hominis, 18).
Proprio nel piano della Redenzione che ha per scopo la riconciliazione dell’umanità col Padre, nel sangue del Suo divin Figlio, noi riscopriamo e vediamo la grande realtà delle dimensioni naturali e soprannaturali ridatele dal Cristo. Portare Cristo, adunque, nella storia dell’uomo significa adoperarsi nel disegno stabilito dal Padre perché l’uomo si rialzi dalla sua misera condizione in cui è caduto con il peccato e pigli coscienza delle possibilità nuove in cui egli, se vuole, può svolgere la propria esistenza.
E’ nel contesto della Creazione che scorgiamo l’uomo che perde le
proprie dimensioni, liberamente e largamente donategli dal divin Creatore, ed è nelle conseguenze di quella libera e volontaria trasgressione che vediamo l’uomo peregrinante nei secoli in balia della propria sorte, nella tirannide della concupiscenza, scatenatasi contro l’intima tensione che costantemente continua a spingerlo verso Dio, nonostante la perdita dei doni preternaturali e soprannaturali in cui era stato creato.
Anche degradato da colpe, Egli porta impresso il sigillo del Creatore (Pio XII – XI, 26-3), rimane con una chiamata alla felicità, realizzata in piano eterno, non per virtù propria, ma unicamente con l’aiuto che gli può venire da Dio. (Confer. i vari testi conciliari della Gaudium et Spes). L’uomo, creatura di Dio, (Gaudium et Spes, 12) è stato da Lui creato a Sua immagine, per cui “tutti gli uomini sono chiamati allo stesso fine, cioè Dio” (Gaudium et Spes, 24).
L’uomo, afferma ancora la Gaudium et Spes, ha in sè “ una vocazione di grandezza somma ed ha in lui la presenza di un germe divino “ (Gaudium et Spes 3).
“ Costituito da Dio in uno stato di santità, l’uomo però – continua il medesimo documento conciliare – tentato dal Maligno, fin dagli inizi della storia abusò della libertà sua, erigendosi contro Dio e bramando di conseguire il suo fine al di fuori di Dio” (Gaudium et Spes 13).
La Genesi, presentando il piano della creazione e della caduta dei nostri progenitori, presenta pure immediatamente il piano della salvezza, indicando altresì la creatura che avrebbe cooperato alla ricomposizione dell’ordine infranto, diventando la creatura vittoriosa sulla seduzione del demonio, che assieme al Seme Suo, avrebbe schiacciato definitivamente il capo dell’invidioso e malefico seduttore dell’umanità. Tale creatura è Maria SS.ma, sposa di Giuseppe di Nazareth, madre di Gesù Cristo.
Maria SS.ma viene adunque presentata come Colei che, proprio in vista della Redenzione, ha un intimo legame con il proprio Seme, che non si esaurisce nella generazione del Salvatore, ma si estende di generazione in generazione, fino alla fine dei secoli, come afferma l’Apocalisse quando dice che il demonio, non potendosi avventare contro di essa, si avventa sopra la Sua discendenza (cfr. Apoc. 12, 7-17).
I salvati, infatti, diventano tali soltanto passando dal non essere all’essere della vita della grazia santificante che Maria SS.ma, con l’Autore della vita, presenta, unendo a Lui quanti a Lui liberamente aderiscono con la fede ed il Battesimo.
S. Giovanni, nel prologo del Suo Vangelo, dà espressione incisiva a questo ritorno a Dio da parte dell’umanità: “Il Verbo, nel seno purissimo dell’Immacolata, si è fatto carne ed ha dato potere di diventare figli di Dio” (cfr. Gv 1). Ecco il perché del tema: i valori essenziali della personalità umana presentati da Maria SS.ma.

1. Maria SS.ma coopera alla restituzione della prima e fondamentale dimensione umana, ridiventare figli di Dio, partecipi della divina natura

Se l’uomo col peccato ha perso la partecipazione alla vita di Dio, è con la grazia, frutto del Battesimo, che ritorna nel Suo primitivo e fondamentale stato. Non avrà più i doni preternaturali, ma egli acquisterà ancora quelli soprannaturali, attraverso i quali potrà chiamare ancora Dio col nome di Padre e sarà incorporato a Cristo, intimamente e misticamente unito ai fratelli nella missione e possibilità di acquistare quelle ricchezze soprannaturali che si portano oltre le frontiere della vita.
Colei che ha realmente cooperato a questo rifacimento interiore dell’umanità è Maria SS.ma con il Suo “sì”; il “sì” più importante che mai sia stato pronunciato nel corso dei secoli, attraverso il quale il Verbo si è fatto carne nel segno della Vergine. Da quel “sì” al disegno del Padre, la Vergine Madre diventava realmente la madre dei viventi, portando nel proprio seno col Cristo storico, il Figlio Suo e Figlio di Dio, l’intero Cristo mistico, che siamo noi, i redenti.
Al divin Redentore, Verbo Incarnato, Figlio di Maria SS.ma, che ancora non era venuto alla luce del mondo, già l’umanità redenta era connessa nel seno della Vergine Santa. Fin da quel momento l’umanità potenzialmente riacquistava le proprie dimensioni perdute col peccato di origine. Maria SS.ma ricomponeva in Sè, col Suo divin Figlio, le nuove sorti del genere umano. Dio, in Maria e per mezzo di Maria, si inseriva nella storia dei secoli ed incominciava a comunicare con l’uomo per trasformarlo e partecipargli con la Sua vita possibilità nuove.
Nello stesso grembo adunque della Madre castissima, afferma S. Pio X nella Enciclica “Ad diem illum “ Cristo assunse per sè la carne e vi aggiunse pure il corpo “spirituale “, formato da tutti coloro “che avrebbero creduto in Lui”. Si può anche dire che Maria, portando in grembo il Salvatore, portava anche tutti coloro la cui vita soprannaturale era a Lui congiunta.
Tutti noi dunque che siamo uniti a Cristo e che, come dice l’Apostolo: “siamo membra del Suo corpo” (Ef 5, 30), siamo usciti dal grembo di Maria come un corpo unito al capo. Per questo, in senso spirituale e mistico, noi siamo chiamati figli di Maria, ed Ella è madre di noi tutti. “Madre secondo lo spirito.., ma vera madre delle membra di Cristo, che siamo noi” (S. Agostino De sancta virginitate, c. 6). Se dunque la beatissima Vergine è, nello stesso tempo, Madre di Dio e degli uomini, chi può dubitare che Ella non impiegherà tutte le Sue forze, affinché Cristo, “capo del corpo della Chiesa” (Cl 1,18) diffonda su di noi, che siamo Sue membra, i Suoi doni, soprattutto quello di conoscerlo, “perché noi avessimo la vita per Lui?” (1 Gv 4,9)
Giovanni Paolo II, nella Redemptor hominis, dice:
“L’unione del Cristo con l’uomo è la forza e la sorgente della forza. E’ la forza che trasforma interiormente l’uomo, quale principio di una vita nuova che non svanisce e non passa, ma dura per la vita eterna. Questa vita promessa e offerta a ciascun uomo dal Padre in Gesù Cristo, eterno ed unigenito Figlio, incarnato e nato, “quando venne la pienezza dei tempi “, dalla Vergine Maria, è il compimento finale della vocazione dell’uomo” (Redemptor hominis, 18).
Questa vocazione divina, offertaci da Maria SS.ma con il Suo incondizionato sì, è la nuova era del mondo, il Cristo storico e mistico in cammino per il ritorno alla casa del Padre, per mezzo di Maria, la nuova Eva, che dona “agli uomini di buona volontà” (Lc 2, 14) la vita, la gioia, la pace, doni insiti nella vita totale dell’uomo.
Maria SS.ma è l’albero da cui venne a noi il saporito e salvifico frutto, Cristo, albero della scienza del bene e del male che rivela gli orizzonti della carità e dell’eroismo; perfeziona la legge antica e proclama la divina parola che divide come lama finissima il bene dal male; istruisce le anime semplici con la vera sapienza dello Spirito Santo, rendendole invincibili contro il male, come ben conviene alla madre della divina riconciliazione.
“E’ l’era di Maria” (23) afferma Paolo VI nell’Esortazione Apostolica Signum Magnum, 13.5.1967; “Ella è la nuova Eva, la eccelsa Figlia di Sion, il vertice dell’Antico Testamento e l’aurora del Nuovo, preordinato da Dio Padre per la missione nel mondo” (Signum Magnum 18).
Maria SS.ma è dunque al centro della divina Redenzione, è Colei che liberamente, in nome di tutta l’umanità, ha donato l’assenso alla salvezza. E’ per mezzo di Lei che a noi è venuto l’Autore della vita, è per mezzo di Lei che l’uomo “incorporato a Cristo” ha riacquistato la dignità di Figlio di Dio, dignità basilare impagabile, senza pari e che sorpassa qualsiasi altra posizione umana.
Maria SS.ma, portandoci in seno col Verbo Incarnato e generandoci ai piedi della Croce, è divenuta vera nostra Madre Spirituale, Madre che comunica la vita, in uguaglianza di natura, dandoci possibilità nuove pari alla vita donata.
L’incarnazione è ritenuta come l’inizio della generazione di tutti i fedeli, l’inizio della vera promozione dell’uomo.
I teologi del secolo XII, come i vari teologi affermano, (cfr. A. Piolanti, “Maria e il Corpo Mistico” p. 113), fanno propria la dottrina paolina agostiniana sulla solidarietà dell’uomo con Cristo, felicemente esposta e precisata da Isacco della Stella (p. 1169): “Come il capo e il corpo di un solo uomo è lo stesso solo uomo, così il Figlio della Vergine e le Sue membra elette sono un solo uomo, un solo figlio dell’uomo. Dice infatti la Scrittura che vi è il totale e solo e intero Cristo, Capo e Corpo, poiché tutte le membra insieme sono un sol corpo, che con il capo fanno un sol figlio dell’uomo, che, con il figlio di Dio, è il figlio di Dio, come Cristo con Dio è un solo Dio “ (Sermo 42 in Ascensione Domini, P.L. 194, 1831).
In forza dell’unione di salvezza che lega l’uomo a Cristo, Paolo VI, nella “Signum Magnum” (6) afferma: “La beata Vergine Maria, dopo di aver partecipato al Sacrificio redentivo del Figlio, e in modo così intimo da meritare di essere da Lui proclamata Madre non solo del discepolo Giovanni, ma – sia consentito l’affermarlo – del genere umano da lui in qualche modo rappresentato, Ella continua adesso dal cielo a compiere la Sua funzione materna di cooperatrice alla nascita e allo sviluppo della vita divina nelle singole anime degli uomini redenti”.
E così nella testimonianza patristica e nel Magistero della Chiesa il concetto che viene costantemente ribadito è che Cristo incorporò a Sè, in Maria SS.ma, tutti gli eletti.
La Lumen Gentium, cap. VIII, n. 61 afferma: “Maria SS.ma col concepire Cristo, generarlo, nutrirlo, presentarlo al Padre nel Tempio, soffrire col Figlio Suo morente in Croce, cooperò in modo tutto speciale all’opera del Salvatore, con l’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo fu per noi madre nell’ordine della grazia”.
Nella “Redemptor hominis “, Papa Giovanni Paolo II conclude aprendo nuovi traguardi: “ Questa “sorte divina” si fa via, al di sopra di tutti gli enigmi, le incognite, le tortuosità, le curve della “sorte umana” nel mondo temporale. Se, infatti, tutto ciò ci porta pur con tutta la ricchezza della vita temporale, per inevitabile necessità, alla frontiera della morte e al traguardo della distruzione del corpo umano, appare a noi il Cristo oltre questo traguardo: “Io sono la risurrezione e la vita “ “.
Questa è la grande trasformazione e dimensione dell’uomo donataci dal libero “sì” di Maria SS.ma, Madre di Cristo e Madre nostra spirituale. Maria SS.ma, con la Sua cooperazione al piano della Redenzione, invita l’uomo a considerarla, inserirvisi, per comprendere chi è l’uomo e no soltanto scoprire nuovi orizzonti, ma innestarsi in queste dimensioni nuove e trasformanti, senza le quali l’uomo, qualunque sia la sua statura, brancola nelle tenebre.

“Non si può infatti comprendere l’uomo fino in fondo senza Cristo”. “O piuttosto, l’uomo non è capace di comprendere se stesso fino in fondo senza il Cristo. Non può capire né chi è , né qual’è la sua vera dignità, né quale sia la sua vocazione, né il destino finale. Non può capire tutto ciò senza il Cristo”.
“E perciò non si può escludere Cristo dalla Storia dell’uomo in qualsiasi parte del globo e su qualsiasi longitudine e latitudine geografica. L’esclusione di Cristo dalla Storia dell’uomo è un atto contro l’uomo” (Giovanni Paolo II, omelia a Varsavia, 2 giugno 1979) e noi possiamo concludere: non possiamo escludere Maria SS.ma dalla storia dell’uomo, perché sarebbe un atto essenzialmente antinaturale in piano soprannaturale, sarebbe un precludere l’azione della Madre verso il figlio con tutte le conseguenze aberranti del peccato che ne derivano.
Se il “sì” della Vergine già in Cristo unì gli eletti, questa unione però divenne effettiva soltanto sul Calvario e gloriosamente posta in piano di espansione con la risurrezione e la discesa dello Spirito Santo. È la risurrezione infatti la storica prova visibile e sensibile della vittoria sulle conseguenze del peccato.
Dalla risurrezione, infatti, del Cristo, l’uomo acquista la propria vera dimensione, per cui possiamo dire che le dimensioni dell’uomo hanno esigenze che toccano l’infinito, quali s’invito alla santità, “santi come il Padre è santo”, e l’altro invito alla testimonianza della carità che, per l’inabitazione dello Spirito Santo in noi, ha confini che esorbitano qualsiasi mente umana (cfr. Ef 3,18).
Queste sono inoltre le dimensioni a noi opportunamente richiamate dalla “Lettera su alcune questioni concernenti l’escatologia” della Sacra Congregazione per la dottrina della fede del 17 maggio 1979 n. 2 e n. 3.
Il documento citato precisa la dottrina della Chiesa contro i moderni errori e ribadisce le verità sulla “sopravvivenza e la sussistenza, dopo la morte, di un elemento spirituale, il quale è dotato di coscienza e di volontà in modo che “l’io” umano sussista”.
In questi punti si riflette il fondamento dell’intervento della Vergine Santa attraverso tutta la Sua cooperazione al piano della salvezza, affinché le anime “diventino eredi della vita eterna” (1 Pt 3,22), implicitamente così affermando l’esistenza dell’anima, la sua sopravvivenza, la necessità di incorporarsi in Cristo attraverso lo Spirito Santo, nella certezza che anche con la morte continua la vita dell’anima e che la risurrezione finale sarà il trionfo dei membri uniti al Capo già glorioso in Cielo: “Cristo è morto e risorto per essere Signore tanto dei morti quanto dei vivi” (Rm 14,9).
Ma la morte precede la vita imperitura, la lotta il coronamento; la consapevolezza e la libertà dell’uomo, componenti fondamentali della vita umana, stanno alla base delle nostre scelte e sono il presupposto dei meriti eterni, “finché tutti insieme arriviamo all’unità della fede, alla piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità del Cristo” (Ef 4, 13).
La duplice lotta che ciascuno deve affrontare per raggiungere tale maturità è uguale a quella del Cristo: vittoria sul peccato come Gesù nel deserto per costantemente aderire a Cristo, e vittoria sulle conseguenze del peccato con la trasformazione della pena in mezzo di conquista con l’unione della fatica del lavoro e del dolore a quella di Gesù, essendo la fatica del lavoro e il dolore altre due componenti fondamentali della vita dell’uomo dopo la caduta dei nostri progenitori.

2. Maria SS.ma ci addestra a valorizzare le dimensioni negative da noi introdotte nella nostra esistenza

Le dimensioni del dolore e del lavoro da noi introdotte nell’umanità, lungi dall’essere un peso e un intralcio nella nuova vita dell’uomo redento, acquistano in Cristo e con la cooperazione di Maria, valore positivo e costruttivo per la perfezione totale della propria persona e per il bene degli altri uomini. Maria SS.ma ci addestra, proprio quale Sua funzione specifica materna, a valorizzare le negatività da noi liberamente introdotte nella nostra esistenza. Ella, infatti, fin dall’inizio del proprio inserimento nel piano della Redenzione, ci propone la sapienza della Croce. Il piano della salvezza che si attua attraverso la croce, direttamente si oppone, ieri come oggi, al neopaganesimo ed al superficialismo del naturalismo che la lascia priva di qualsiasi prospettiva.

3. Ecco le componenti negative della vita dell’uomo da Lui liberamente introdotte nella propria esistenza:

a) “con lavoro faticoso ricaverai dalla terra il tuo nutrimento per tutti i giorni della tua vita” (Gn. 3, 17);
b) “ritornerai alla terra da cui sei stato tratto, poiché tu sei polvere e in polvere ritornerai” (Gn. 3, 19).

Se vogliamo comprendere il perché del dolore e del lavoro reso faticoso dal peccato, è di estrema importanza rivolgere mente ed attenzione alla libertà dell’uomo con cui era stato da Dio posto nell’Eden.
Nel momento della creazione l’uomo non aveva queste due pene. Il Signore, infatti, narra la Genesi, aveva posto l’uomo sulla terra “perché la coltivasse e la custodisse”, ma non parla affatto di lavoro faticoso, ma di normale occupazione svolta sul creato, priva di tensioni e di sforzo; la natura e gli esseri non erano in rivolta tra di loro e contro l’uomo.
La morte, nel momento della creazione, era soltanto presente come minaccia, pena che sarebbe subentrata qualora egli avesse trasgredito il comando divino: “Dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, poiché se tu ne mangerai di certo morrai”.
“L’uomo” cedette alla seduzione del serpente e la terra, di conseguenza, divenne maledetta per cagione del peccato; essa avrebbe prodotto triboli e spine; l’uomo avrebbe da essa ricavato il proprio nutrimento col sudore della propria fronte; la morte ben presto incominciò a produrre i suoi tristi frutti.
Spesso attorno a noi sentiamo elevarsi angosciosi “perché” dinanzi a mali e situazioni strazianti a cui l’uomo è sottoposto e sovente, per quanto riguarda il lavoro, lo vediamo misconosciuto nelle sue prerogative nuove di dignità, sottoposto sovente a lavori avvilenti e superiori alle stesse sue forze fisiche, reso strumento di sfruttamento e di guadagno. Questo denunciano i vari Pontefici da Leone XIII a Giovanni Paolo II.
“Le ricchezze della terra, sia quelle che appaiono alla sua superficie come quelle che dobbiamo ricercare nel profondo della terra, diventano ricchezze dell’uomo solo a prezzo del lavoro umano”. Lavoro sudato, trovato con fatica e svolto spesso in forma così meccanica e piatta.
Se il lavoro è una dimensione fondamentale dell’uomo, “il lavoro non ha soltanto un significato tecnico, ma anche etico” (Giovanni Paolo II, 6.6.1979).
Il dolore innocente grida verso il cielo contro l’introduzione della morte nella storia dell’uomo, seconda componente fondamentale dell’uomo, ma è “a causa di un solo uomo che il peccato è entrato nel mondo, e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato” (Rm 5,12).
L’uomo avrebbe potuto rimanere nel tranquillo possesso di grazia e di doni preternaturali e soprannaturali in cui Dio l’aveva posto nel momento della creazione. Il peccato separa l’uomo da Dio. Questa separazione è la “morte”: morte spirituale ed “eterna”, di cui la morte fisica è il segno.
Non Dio creò la fatica del lavoro e il doloroso disfacimento del nostro corpo, ma l’uomo, il quale, con la ripetizione del “non serviam “, introdusse queste due componenti dolorose nella propria esistenza.
Inutili quindi le ribellioni contro il divin Creatore per l’atrocità della sofferenza e per la divisione che la morte introduce nell’umanità, come inutili sono i lamenti per le infamie dei lavori forzati dei vari campi di concentramento passati e presenti e i vari sfruttamenti dell’uomo, frutti di filosofie errate e di depravazione del cuore umano. Dio non è rimasto insensibile a tale stato di rovina, in cui l’umanità, per volontà propria, era caduta. Egli è intervenuto nella sua storia dolorosa e ha trasformato la fatica del lavoro e la sofferenza, da Lui non create e quindi non volute, in mezzi di conquista. Ben chiaro era l’ammonimento di Dio fatto ad Adamo prima della sua caduta (cfr. Gn, 2,16).
Proprio per togliere l’avvilimento delle conseguenze del peccato, il Figlio di Dio si è incarnato e si è assoggettato al lavoro ed al dolore per conferire ad essi nobiltà e positività soprannaturali che in se stessi non hanno e non possono avere e così in Lui e per Lui lavoro e dolore hanno dimensioni nuove e positive.
Il dolore e la fatica del lavoro sono diventate mezzi di riconciliazione e di penitenza per mezzo di Gesù Cristo.
L’uomo, qualunque sia la sua condizione, se vuole rompere le catene della propria servitù, deve in Cristo scoprire tali nuove dimensioni, componenti nuove nella natura, divenute tali “per noi e per la nostra salvezza” (Simbolo Apostolico) con la libera e volontaria incarnazione del Verbo Eterno, “oblatus est quia ipse voluit” (Is 53, 7).
Il Vaticano II sottolinea l’intima unione della Madre col Figlio, unione non soltanto esterna, ma di volontà e di animo, fino ad essere “amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da Lei generata” (Lumen Gentium 58).
Libertà e grandezza dell’uomo, sottolinea S. Pio X nell’Enciclica “Ad Diem Illum, 2.2.1904 “, in cui “ non soltanto nella sottomissione della volontà, ma anche dell’intelletto realizza la perfetta unità di adesione di mente e di cuore alla Verità ed al sacrificio. Così per Maria SS.ma che, partecipando col Suo divin Figlio al sacrificio del Calvario, generava in quel momento tutti i credenti”.
A tale unione di mente, internamente ed esternamente vissuta, vuole Maria SS.ma addestrare tutti gli uomini, proprio perché vivano con Cristo la grande portata delle dimensioni totali riacquistate; dimensioni che si realizzano soltanto nella vita vissuta con Cristo, accanto a Maria SS.ma.

4. Con Maria offerti al Padre

Se il “sì” dell’Annunciazione ed il cantico del Magnificat già pongono in grande rilievo la Sua libertà e la Sua consapevolezza, la presentazione di Gesù al Tempio dice la volontà di Maria di unire l’umanità a quell’offerta così significativa ed impegnativa nella sua semplicità. Presentava Gesù quale Suo primogenito, non nella figura ed attesa dell’offerta del Sacrificio della nuova alleanza, ma nella vera, univoca e vincolante realtà. Era l’offerta esterna al Padre, fatta attraverso il Sommo Sacerdote dell’Antica Legge, il quale l’accoglieva e gliela offriva. Quella volta però la giovane donna presentava l’Atteso delle genti, Colui che avrebbe ridato non soltanto al Suo popolo, ma al mondo intero la vera libertà. Maria SS.ma presentava al Sommo Sacerdote il Cristo totale, il Cristo storico e mistico, quindi l’umanità intera unita al Suo Redentore. A quella offerta ciascuno di noi era quindi legato e, come il Cristo, si offriva tra le braccia di Maria, dicendo con Cristo la propria volontà di seguirLo, portando con Lui la propria croce. E’ l’Immacolata che ci avvia con il Suo divin Figlio sulla strada del Calvario e ci inserisce, con la nostra partecipazione, nel piano della salvezza, spingendoci, sul Suo esempio, con il medesimo impegno del Figliuol Suo, a tutto sopportare, per tutto valorizzare in Cristo e con Cristo per la salvezza del genere umano.
Il fatto della presentazione al Tempio non è quindi legato soltanto alle persone che compivano il rito prescritto, ma un evento di proporzioni universali: il Redentore veniva ufficialmente presentato al Suo popolo quale vittima; a quella vittima erano legati gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, chiamati anch’essi da Maria SS.ma ad unirsi e ad offrirsi per la propria totale salvezza.
Anticipo del precetto del Cuore di Cristo: “se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16, 24).
Gli eletti, con Maria già si erano allineati, pronti a salire il Calvario del lavoro e del dolore con Cristo e con Maria, nella visione gioiosa che la pena sarebbe stata mutata in tesoro di salvezza.
Il vecchio Simeone risponde all’offerta ed indica il duplice destino, quello del Figlio e quello della Madre: “segno di contraddizione” ed “ una spada ti trafiggerà il Cuore”. Silenzio di Maria e di Giuseppe che dice riconoscente e dolorosa accettazione per l’unione che veniva stabilita tra il Redentore ed i redenti.
Questo non è poetica narrazione di quel meraviglioso e delicato momento della salita al Tempio dei due giovani sposi, col loro figlio tra le braccia, pegno del riscatto, ma la linea diretta e progressiva della gioia del Cuore della Madre, “in Dio mio Salvatore”, per la presentazione al tempio dell’Agnello inviato dal Padre. Il Suo divin Figlio si presentava come “Parola eterna”, piena di verità e di luce feconda che inutilmente i Suoi oppositori avrebbero un giorno cercato di far tacere, quali voci contraddicenti; il Suo divin Figlio si presentava tra le braccia della propria Madre come primogenito tra molti fratelli (cfr Rm. 8, 29).
L’amore del prossimo, dimensione dell’amore di Dio, da Dio stesso scritto nel profondo del cuore di ogni uomo, si stava manifestando e la luce che irradiava incominciava, fin da quel momento, ad illuminare il mondo (cfr Giovanni Paolo II, 7 giugno 1979),
Questo è il grande invito della Madre ad accettare la nostra condizione di creature cadute nel peccato e ad offrirci, assieme a Lei, con Cristo per continuare a vivere la pena che tocca ogni uomo: mangerai il pane nel sudore della tua fronte e morrai.

5. Con Maria SS.ma sulla via del Calvario

E’ questo il glorioso cammino: attraverso la croce del Cristo l’umanità non soltanto riacquista le dimensioni primitive, ma placa la giustizia di Dio, ottiene sul mondo tesori di grazia, completa la passione del divin Salvatore a beneficio del Corpo Mistico che è la Chiesa.
La partecipazione della Vergine Santa alla passione del Figlio ha conseguenze teologiche profonde tanto per Essa quanto per noi che, unendoci a Lei ci uniamo a Gesù nel vincolo della grazia, portando con Lui la Croce, nella consapevolezza che molte anime, col nostro apporto, potranno essere salvate; quelle “anime, come dice Giovanni XXIII, che non si sarebbero salvate se voi, proprio voi ammalati, non aveste pregato ed offerto” (Giovanni XXIII ai Volontari della Sofferenza, 19 marzo 1963).
E Paolo VI continua: “La cristiana società ha bisogno di voi” (Messaggio agli Hanseniani, 8 aprile 1964).
La Gaudium et Spes grandemente illumina i due tempi della vita di Gesù, quello della santificazione del lavoro e quello del sacrificio della Croce, tempi intimamente vissuti con Maria, rimanendo poi Essa, alla chiusura della giornata terrena del Suo divin Figlio e dopo anche la Pentecoste, Madre che continua la Sua missione di educatrice dei figli col Suo esempio e con la Sua parola detta accanto e con gli Apostoli.
Dice la Gaudium et Spes: (22) “ Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore di uomo. Nascendo da Maria Vergine, Egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi, fuorché nel peccato”.
“Il cristiano, reso conforme all’immagine del Figlio di Dio che è il Primogenito di molti fratelli, riceve le “primizie dello Spirito “ per cui diventa capace di adempiere la legge nuova dell’amore” che è quella di dare la propria vita per la salvezza dei fratelli, soffrendo come Lui soffriva, accanto a Maria SS.ma, santificando con Lei e sotto il Suo materno insegnamento, che è l’imitazione delle Sue virtù, tutta la propria esistenza.
Soltanto così, in unione a Gesù Cristo, è possibile mutare la pena in mezzo di conquista: viverla con Maria, realizzare un solo sacrificio è l’insegnamento dei Suo divin Figlio.
Lo Spirito del Cristo che ha animato e vivificato Maria Santissima fin dal primo momento in cui ha preso in Lei carne, l’ha continuamente spinta in avanti nella propria missione, dal Suo incondizionato “sì” fino al Calvario e dalla Pentecoste alla Sua gloriosa Assunzione, in anima e corpo, in cielo.
Nella Sua vita calma e silenziosa, accanto a Cristo lavoratore nella Casa di Nazareth e la Sua silente fermezza accanto alla Croce, ben si vede che in Lei vivevano i sentimenti del Cristo, maturati lungo la Sua esistenza, fino a compiere con Lui, con identità di spirito, di volontà e di amore, sia pure in diversa estensione, lo stesso sacrificio.
Se tutta la vita di Cristo fu croce e martirio, altrettanto dicasi della Sua e nostra divina Madre. Il dolore che passa attraverso Cristo ed il Cuore Immacolato di Maria, viene incontro a noi nella sua dura realtà, ma acquista in Cristo forza costruttiva nuova che in se stesso certamente non ha.
La vita divina che circola in noi, resi col Battesimo conformi a Cristo, continua la stessa trasformazione e noi, da vinti, diventiamo con Cristo, sotto la guida di Maria SS.ma, vincitori ed il nostro dolore diventa moneta preziosa, con cui si possono riscattare le anime.
“Il Cristo chiama il dolore ad uscire dalla sua disperata nullità e diventare fonte positiva di bene” (Paolo VI, venerdì Santo 1964).
Per questo motivo Giovanni Paolo II il 10 novembre 1978 afferma che “ l’uomo che secondo le leggi della natura è “condannato a morte “, l’uomo che vive nella prospettiva dell’annientamento del suo corpo, quest’uomo esiste, in pari tempo, nella prospettiva della vita futura ed è chiamato alla gloria, attraverso la Croce”.
Il Calvario è la via dolorosa, ma è altresì la prova più sicura e più feconda dell’amore.
Maria SS.ma lo sale, con Cristo, fedele alla propria missione, consenziente nel sacrificio per quanto riguardava a Lei e per quanto toccava al Suo divin Figlio. Madre dolorosa, ma sede di sapienza, Maria SS.ma sale il Calvario non da sola, ma incammina su quella via dolorosa e gloriosa gli amici prediletti, cari a Lei e al Suo divin Figlio, Giovanni l’Apostolo, la Maddalena e le pie donne. E’ la Madre della Chiesa che inserisce nella passione del Figlio i membri della Chiesa nella consapevolezza che il cristiano è commisurato dalla Croce: croce della sofferenza, croce del lavoro faticoso, croce della fedeltà ai propri doveri di stato, croce per la testimonianza cristiana, croce che avvolge tutta la nostra esistenza nella sua forza espiatrice, conquistatrice e beatificante.
La forza della Croce la vediamo sul Calvario stesso: il Cristo chiede perdono per i peccatori, glorifica il ladrone pentito, proclama Maria Madre Spirituale del genere umano affinché l’uomo, oppresso da qualsiasi pena, sappia che egli nella sua identificazione con Cristo avrà sempre la propria Madre Spirituale che fedelmente sarà vicina a lui come era vicina alla Croce del Suo divin Figlio.
Il Centurione e molti che erano sul Calvario scendono con la fiaccola della fede accesa, “veramente Costui era il Figlio di Dio”. Maria, Madre della Chiesa, non era più sola, i figli Le sorgevano accanto e questi erano frutto della Croce del Suo Unigenito.
Il mondo oggi, verso il compimento del secondo millennio, soffre ed è oscurato come quel terribile Venerdì Santo di passione. Il mondo oggi però vedrà sorgere la luce della salvezza dalla consapevolezza che Cristo Crocifisso è luce del mondo, vita che non tramonta, forza che salva.
Proclamare la potenza salvifica e beatificante della Croce deve essere compito di quanti intendono operare per la salvezza dell’uomo, di ogni uomo che soffre, combatte e spera nella sicurezza che il Cielo e la terra passeranno ma non le parole del Cristo.
“Cristo è la chiave per la comprensione di quella grande realtà che è l’uomo” (Giovanni Paolo II, 2.6.1979).
La passione di Cristo e la partecipazione della Vergine Santa dicono il valore dell’uomo.
“E perciò non si può escludere Cristo dalla storia dell’uomo in qualsiasi parte del globo e su qualsiasi longitudine e latitudine geografica”.
“Attraverso la Croce l’uomo ha potuto capire il senso della propria sorte, della propria esistenza sulla terra. Ha imparato a misurare la propria dignità col metro di quel sacrificio che Dio ha offerto nel Suo Figlio per la salvezza dell’uomo” (Giovanni Paolo II, 2.6.1979),
L’uomo però, alla scuola di Maria SS.ma, impara l’arte dell’amore vero, quello che espande e si estrinseca senza cercare il proprio tornaconto per il bene di coloro che si amano, senza guardarne il colore, la fede, la provenienza. Maria SS.ma, madre dell’uomo, di tutti gli uomini, educa l’uomo all’amore fraterno, a prendere su di sè i pesi gli uni degli altri, a camminare lungo il Calvario della propria esistenza nella consapevolezza della vittoria dell’amore sulla tiepidezza, sull’odio e sull’indifferenza.
É questa la strada percorsa dal Cristo ed è ancora questa la strada che ci addita la nostra Madre Spirituale.
Il ricchissimo patrimonio del Magistero Pontificio sulla valorizzazione del dolore, iniziato col primo Messaggio di Pio XII il 21 novembre 1949 per richiesta dei Volontari della Sofferenza, offre tematiche nuove, ampie, sicure.
Non per nulla Giovanni Paolo II nella continuità di Paolo VI ha posto la propria azione apostolica nelle mani dei sofferenti.
Il lavoro ed il dolore, santificati dalla grazia, salveranno il mondo. Anonimi operai ed ammalati, sparsi ovunque, viventi nelle miniere o accanto a forni delle varie fabbriche, oppure dimenticati in cronicari, ospedali o lebbrosari, possono salvare l’umanità e rendere i destini dell’uomo meno duri e salvare con Cristo e con Maria SS.ma tante anime.
Quanto è profondamente vero quello che afferma Giovanni Paolo II: “L’esclusione di Cristo dalla storia dell’uomo è un atto contro l’uomo”.
Senza di Lui non è possibile capire la storia dell’umanità; senza di Lui il lavoro ed il dolore non soltanto restano privi di molte soprannaturali dimensioni, ma sono una vera condanna che prostrano l’uomo nella sofferenza più snervante, fino alla sua oscura scomparsa nei gorghi spaventosi della morte.
Se il Cristo è la chiave per la comprensione di quella grande e fondamentale realtà che è l’uomo, Maria SS.ma è Colei che ci porge tale chiave e ci insegna ad accostarci al Cristo e a restare con Lui in novità di vita e in novità di orizzonti.

Conclusione

A questo punto tre sentimenti vengono dalla Gaudium et Spes chiaramente indicati, frutto dell’applicazione del piano della Redenzione:

1) “Fin dal suo nascere l’uomo è invitato al dialogo con Dio” (G. S. 19); invitato, quindi, a prendere coscienza dell’ingresso di Dio nel tessuto della storia umana e della trasformazione da Lui portata per mezzo del Suo divin Figlio in unione a Maria SS.ma.
L’uomo è invitato al dialogo con Dio Padre, invitato quindi anche al dialogo con la propria Madre Spirituale, prendendo coscienza del Suo materno ingresso nella storia del mondo, non soltanto quale aurora che prelude il giorno con la sua radiosità, ma strumento di salvezza, subordinato ed inserito nell’opera redentrice del divin Salvatore.

2) “Sappiamo per fede che l’uomo, offrendo a Dio il proprio lavoro ed il proprio dolore, si associa all’opera stessa redentiva di Cristo, il Quale ha conferito al lavoro una elevatissima dignità, lavorando con le proprie mani a Nazareth. Di qui discendono, per ciascun uomo, e il dovere di lavorare fedelmente e il diritto al lavoro”.
Ugualmente dicasi del dolore, sul dovere di riconoscere nel sofferente il Cristo che continua la propria passione e sul dovere che incombe ad ogni ammalato di santificare il talento della propria sofferenza come e con il Cristo per la salvezza di molti.

3) “Dio, infatti, ha chiamato e chiama l’uomo a stringersi a Lui con tutta intera la sua natura, in una comunione perpetua con la incorruttibile vita divina” (G. S. 18).
E’ l’affermazione questa che ripete l’invito evangelico, “Chi mangia me, vivrà in eterno”. E’ la vittoria completa riportata dall’uomo in unione a Cristo sulle conseguenze del peccato: si ritorna ad essere figli di Dio e la morte, vinta con la morte del Cristo, cede il passo alla vita perenne; l’uomo vive e vivrà per sempre.
La morte non è che il passaggio alla vita.

Punto conclusivo e consolante di questa prima parte che consequenzialmente si innesta nel nostro essere con Cristo, è che Maria, Madre Spirituale della Chiesa, è essenzialmente presente nella vita e nella storia della Chiesa nella Sua precisa missione vocazionale, Madre che genera la vittima e quanti con Essa sono uniti; Madre che l’offre; Madre che con Essa consuma il sacrificio.
Il sacrificio del Figlio nella sua completezza si concluderà soltanto con l’offerta sacrificale dell’ultimo uomo che ci sarà su questa terra che senta e viva il suo inserimento in Cristo.
Maria SS.ma è la Madre quindi che genera ogni uomo alla vita della grazia, che l’offre, l’assiste, veglia amorosamente su di lui che sta presso di lui nel momento della prova e del sacrificio, confortandolo con le Sue parole, le sante ispirazioni, sostenendolo con le Sue preghiere, introducendolo al di là delle frontiere della vita terrena, ove incontrerà il Dio che è Amore increato e Verità assoluta, il Quale agli eletti immediatamente dona la gioia per l’ascolto e la custodia della Sua parola, facendo loro sperimentare le dolcezze del Suo amore infinito, che supera ogni amore e soddisfazione di questa terra.
Veramente Maria SS.ma parla nella storia della salvezza e di Lei, con grande rammarico per l’animo nostro, dobbiamo dire che, ogni volta in cui di Lei si parla, non si riesce mai a parlarne sufficientemente.

(continua)