L’Ancora: n. 3 – marzo 1956 – pag. n. 1-5

Amore che si dona è la vita del Papa, Vicario visibile di Nostro Signore Gesù Cristo; amore che si dona è la vita del sofferente, nelle monotone ed invariabili ore della sua vita, pregando e soffrendo per il Papa e per la Chiesa.
In questo spirito di amore il nostro Centro, la vigilia dell’ottantesimo genetliaco di Sua Santità Pio XII, per mezzo di tre ammalati, di cui due in carrozzella, ha offerto al Papa della pace, al Papa che lentamente consuma la Sua vita sul calvario del Vaticano, come un giorno l’Apostolo Pietro, un’ostia, materia per il Sacrificio dell’indomani.
Gli ammalati del Centro hanno offerto l’ostia non soltanto in nome proprio, ma in nome di tutti gli ammalati del mondo, perché la figura dell’offerente doveva scomparire per restare soltanto il simbolo vivo, universale, bello nel suo significato reale; presentare l’offerta delle preghiere e delle sofferenze di tutti gli ammalati al Sommo ed Eterno Sacerdote per mezzo del Suo Vicario visibile.
Accompagnavano l’ostia ottanta rose, simbolo della vita che fiorisce sulle spine.
L’offerta è avvenuta silenziosamente, come silenziosa trascorre la vita dei sofferenti e come silenziosa, pur densa di attività che si ripercuote da un capo all’altro del mondo, è la vita del Papa.
Il « Quotidiano» (2 marzo 1956) commentando l’offerta degli ammalati ha scritto:
« Il Sommo Pontefice aderendo immediatamente alla richiesta ha deciso di offrire secondo l’intenzione espressaGli la Messa che celebrerà questa mattina, come di consueto, alle sette nella Cappella privata del Suo appartamento.
Con questo pensiero per gli ammalati e i sofferenti di tutto il mondo il Santo Padre inizierà oggi la giornata del Suo ottantesimo genetliaco ».
Se l’offerta fatta a Sua Santità sorpassa qualsiasi particolare ambizione, perché fatta in nome di tutti i sofferenti, per noi ammalati essa costituisce un impegno che deve spingerci sempre di più al lavoro, perché l’unione di tutti gli infermi sia una realtà.
Se prima si poteva nutrire una segreta speranza di poter raggiungere l’unione internazionale degli ammalati per la salvezza del mondo, oggi se ne pu6 avere la certezza, perché il Papa ha già attuato idealmente questa unione, presentando al Signore durante il Sacrificio della Messa tutte le pene dei Suoi figli doloranti.
E’ bello per noi sofferenti sentirsi oggetto delle premure del Padre comune ed è bello per noi chiamarLo con l’appellativo che tanto ce Lo avvicina: Papa degli ammalati. Papa degli ammalati, anche se non siamo soliti a chiamarLo così. Egli infatti dopo averci magistralmente ed autoritativamente indicato il sentiero della valorizzazione del dolore con due Messaggi ed averci inoltre parecchie volte fatto sentire il Suo augusto interessamento in tanti atti della Sua vita apostolica oggi, quasi a coronamento vivo del Suo magistero ha offerto il Santo Sacrificio, benevolmente usando la materia presentataGli dagli infermi, in nome di tutti gli infermi del mondo. Giustamente dunque Lo chiamiamo il « Papa degli ammalati» perché l’abbiamo visto vicino a noi con il Suo insegnamento, con la Sua parola di conforto, con la Sua Persona, come già un giorno l’Apostolo Pietro tra gli infermi. Per altre ragioni ancora, e molto profonde, noi Lo chiamiamo « Papa degli ammalati ». Sua Santità nella pienezza del Suo Magistero, andando incontro alle nuove esigenze dei suoi figli, ha dato una potente svolta all’apostolato della valorizzazione del dolore. Non soltanto ci deve essere nella Chiesa di Dio l’apostolato del pio samaritano che accoglie e lenisce le ferite del fratello dolorante, oppure l’assistenza spirituale svolta nel più grande spirito di carità a tutti i sofferenti del mondo, ma ci deve pure essere l’apostolato attivo degli stessi ammalati svolto presso gli altri ammalati, per convincerli ad essere strumenti operanti nelle Mani Immacolate della Vergine Santa per la salvezza della
umanità.
All’inizio di questo apostolato, diretto alla valorizzazione del dolore nella forma presentata, l’Augusto Pontefice con spirito di paterna comprensione ha voluto essere presente:
« Sua Santità ha veduto con particolare benevolenza codesta pia iniziativa, che sembra tanto bene rispondere al Suo Invito paterno per una larga opera di spirituale luce e conforto a tutti i sofferenti ».
(Dal Vaticano, Segreteria di Stato – 17 maggio 1950, protocollo n. 227047).
Il 9 maggio 1952 ad un atto di amore degli ammalati che avevano inviato al Vicario di Cristo l’espressione del loro filiale attaccamento, Sua Santità ha voluto sapientemente tracciare le linee della tecnica dell’apostolato:
« Santo Padre esprime a tutti vivissimo il desiderio che nessuno degli infermi resti ai margini della Fede e della pietà cristiana oggi che il mondo ha più che mai bisogno del purificante lavacro dell’espiazione del sacrificio e mentre esorta gli Ammalati a farsi Apostoli degli Ammalati per introdurre tutti i loro Fratelli di dolore nella sublime Sfera della Perfetta uniformità dei disegni sempre amorosi del Padre Celeste invoca a tutti presente la pietosa Madre di Dio Salute degli In fermi ».
Sempre nello stesso spirito di spirituale operosità degli infermi Sua Santità nel Suo augusto Messaggio al popolo di Roma, in vista di un mondo migliore a base e fondamento di spirituali rinnovamenti ha posto:
« Vi sostengano le preghiere e le sofferenze accettate ed offerte dagli ammalati».
Ancora nel primo pellegrinaggio di « Sacerdoti infermi a Lourdes » il Santo Padre dice:
« Alla devota rappresentanza del Sacerdozio cattolico che la carne umiliata dalle infermità porta fiduciosa ai Piedi dell’Immacolata di Lourdes implorando grazie per sé, glorificazione per il Divino Maestro l’Augusto Pontefice invia l’espressione dei Suoi paterni voti».
Se questo è l’insegnamento del Santo Padre nelle tappe decisive dell’apostolato degli infermi, ci è però ancora continuamente presente il Suo interessamento mediante la radio trasmissione diretta ai sofferenti, che per Sua benevola concessione, viene ogni venerdì attuata dalla Radio Vaticana.
E’ commovente considerare come l’antenna del Vaticano, portavoce del Vicario di Cristo fino agli estremi limiti del mondo, diventi per Sua Volontà strumento di conforto e di incitamento per tanti ammalati.
Giustamente chiamiamo dunque Pio XII il Papa degli ammalati; Egli, infatti, Lo è.
Ma Pio XII non soltanto viene chiamato il Papa degli infermi perché si è interessato e si interessa di essi in tutti i Suoi Messaggi, oppure perché sapientemente traccia le relazioni che ci sono tra la medicina e la morale, ma perché, in modo ancora più convincente, Egli ha ribadito e ridato agli ammalati nella Sua pienezza apostolica la loro caratteristica missione.
Nel suo primo Messaggio agli infermi Pio XII, solennemente si rivolge loro così:
« Lo stesso Gesù, esortando vi a portare la vostra croce e a seguirLo, vi invita, perciò, a cooperare con Lui all’opera della Redenzione. Come il Suo Padre Celeste ha inviato Lui, così Egli invia voi; e la Missione che Egli vi affida, noi, Suo Vicario quaggiù, la confermiamo e la benediciamo». Nessun Papa ha parlato mai agli ammalati con tanta autorità e forza, fino a dare ad essi quasi un mandato apostolico.
La missione che gli ammalati hanno in virtù del Corpo Mistico di Nostro Signor Gesù Cristo è fermamente ribadita e riaffidata ai sofferenti. La paterna accondiscendenza del Padre comune nell’accettare la ma-teria offerta per il Santo Sacrificio e di volerla usare è un argomento di più che ci fa comprendere quanto il Cuore del Vicario di Gesù Cristo sia vicino al Cuore sempre sensibile di Gesù verso i sofferenti. Un proposito solo a conclusione di quanto Sua Santità fa per noi deve sbocciare e tradursi in realtà, non deludiamo le aspettative del Sommo Pontefice. Siamo coerenti agli impegni che ci siamo assunti; siamo membra vive e consapevoli nella Chiesa Santa di Dio; siamo membra vive e docili nelle Mani di Maria.

L. NOVARESE