L’Ancora: n. 2 – febbraio 1951 – pag. n. 13-15

Di solito la purezza viene considerata come mera coercizione, come qualcosa di faticosamente contenuto, che produce individui rabbiosi, acidi, di temperamento variabile, facili alla depressione come altrettanto all’entusiasmo.

Prescindendo da tutte le osservazioni morali ed appropriatissime che potrebbe suggerire un sacerdote, credo di poter categoricamente affermare che nella mia lunga carriera medica ho dovuto curare parecchi i quali, purtroppo, hanno ecceduto nell’impurità, ma mai nel modo più assoluto si e presentato a me il caso di individuo infermo perché casto.

Tengo ad affermare che questo è il pensiero della totalità dei veri clinici, che cercano attraverso la scienza il vero bene dell’individuo e della società. Trascuro in questo articolo quegli studentelli di medicina, che formano il patrimonio della loro scienza sui sunti o dispense unilaterali affatto basate sull’esperienza secolare della medicina, applicata a tutti gli ultimi ritrovati scientifici. Questi, come certi loro maestri, volendo giustificare le proprie azioni, oppure volendo raggiungere fini poco onesti nella società, cercano di ammantarsi di teorie da loro create e sostenute, che vorrebbero spacciare coi nome di scienza.

Non so poi, professionalmente parlando, come classificare quei medici, specialmente di sanatorio, che restano insensibili dinanzi alla stampa immorale, quando essi matematicamente sanno i danni gravissimi che in quei pazienti, e purtroppo sono tanti, provoca l’impurità. Eccitare in essi gli istinti o permetterlo è un delitto che dovrebbe essere perseguito a norma di legge. Non è sufficiente che una rivista non sia incappata nella legge della censura per poter liberamente circolare negli ospedali. Un medico, come giustamente ed onestamente si oppone agli stupefacenti, così deve opporsi a queste droghe dello spirito, che fanno dei minorati, degli insufficienti a sé stessi ed alla società. E’ troppo importante il momento in cui viviamo per creare una generazione di rammolliti.

La purezza non è qualcosa di negativo, bensì di essenzialmente positivo; è essa un ristabilimento d’equilibrio nell’uomo, di tutte le sue funzioni in rapporto a se stesso ed alla società.

Ci sono degli individui, che dicono di trovare difficoltà a conservare la continenza; si sposino. E’ questo il rimedio che suggerisce il medico e la morale.

Esistono individui, e magari medici, ben pochi per fortuna, che cercano di giustificare i loro sistemi, fabbricandosi anche una teoria, che poi vorrebbero chiamare frutto di scienza. Queste però sono persone, fisiologicamente parlando, squilibrate, poiché non riuscendo esse a conservare l’equilibrio, tra la ragione, il corpo e il fine stesso della vita, cercano di smorzare la gravità dei licenziosi atti, a cui essi si abbandonano, o, meglio ancora, legittimarli.

Ci sono poi certe forme di malattie in cui la continenza è un sacrosanto dovere umano oltre che divino. Dovere, che osservato integralmente, dà all’individuo la possibilità di reagire al male e di coadiuvare alle cure che normalmente si apprestano, mentre, se trascurato, influisce, e i medici lo sanno, non in modo lieve allo sfacelo dell’organismo.

Ho sentito una volta da un paziente questa frase:
« Viviamo poco, siamo ammalati, difficilmente ci curano; godiamo mentre abbiamo la vita ».
Francamente, a tale affermazione non mi sono dilungato in chiacchiere; ho semplicemente posato una mano sulla spalla del paziente e, fissandolo negli occhi :
« Da uomo a uomo, dimmi, ti senti veramente tranquillo? Noti vedi che la scienza fa di tutto per curarti? se io ti ordinassi una medicina che lentamente sgretolasse il tuo organismo, anticipando la tua fine, tu non la prenderesti ed io sarei un criminale. Ed allora? »

Il paziente abbassò la testa.
Tutti, dico tutti i maggiori clinici delle migliori università del mondo, e non soltanto nel campo cattolico, sono perfettamente d’accordo che la purezza è fonte di forza psichica e fisica.
Evidentemente, questo equilibrio bisogna saperlo conservare.
Non è né antiquata né sorpassata la frase che mi diceva da bambino il mio vecchio parroco:
«Se vuoi conservare la purezza, fuggi le occasioni».

Quella buon’anima del mio parroco, devo dirlo ora, dopo anni di studi e di esperienza, aveva perfettamente ragione.
Noi, infatti, nella cassa cranica abbiamo una glandola endocrina, ossia a secrezione interna, che, parlando molto alla buona per farmi comprendere da tutti, secerne degli umori che girando per mezzo del sangue nell’organismo, agiscono sul sistema nervoso, provocando l’eccitazione dei sensi. Questa glandola ha un’azione analoga a quella del fegato, che secerne la bile. In linea normale la bile è necessaria per le funzioni dell’organismo. Ma se taluno soffre di fegato e si lascia con tutta facilità andare alla collera, ne consegue che il suo fegato secerne una maggiore quantità di bile, che danneggia l’organismo. Facciamo i paragoni e le conclusioni sono quasi identiche. Un individuo si astiene dalle arrabbiature per non far emettere maggiore bile, come un individuo si astiene da letture frivole e sguaiate per non far secernere maggiori ormoni dall’ipofisi, che finirebbero per provocare uno squilibrio sul sistema nervoso.

Un altro elemento che non va trascurato, oltre quello di evitare ogni eccitazione, è quello di nutrire nell’anima grandi ideali: l’ideale, per esempio, di formarsi una famiglia, di avere una figliolanza sana, è tale da trattenere chiunque dall’avventurarsi in chine pericolose. Non parlo della grazia, ossia dell’aiuto di Dio, che viene sempre dato a chi sinceramente l’invoca, poiché questo argomento potrebbe far sorridere i superficiali.

Si tenga ancora presente che il movimento, l’aria libera, il sole, lo sport e tutte le distrazioni del genere e specialmente i grandi pensieri, provocati da idee‑forze, sono elementi che non debbono essere trascurati da chi vuole possedere il patrimonio della purezza.
In soggetti psichicamente sani l’osservanza di questi consigli è sufficiente per conservare o riacquistare la continenza. Naturalmente bisogna sempre vigilare e combattere, perché la gioia della vittoria merita la fatica della lotta.

In questo argomento non fanno testo e non hanno il diritto di parlare coloro che non sanno che cosa sia una lotta, perché sempre abituati a cedere.
Chi, nonostante queste regole sentisse che la purezza gli è estremamente difficile, o per tendenze particolari o per cause speciali che possono essere talvolta anche patologiche, vada lealmente da un buon confessore e da un buon medico che senta e viva lo sua alta e grave responsabilità: troverà il rimedio alle sue passioni acquistando quella gioia che solo conoscono le anime pure.

DR. TRIFONE