28 gennaio 1963: Angiolino Bonetta torna alla Casa del Padre

Angiolino, nasce a Cigole in provincia di Brescia il 18 settembre 1948 da Francesco Bonetta e Giulia Scaratti. Il 26 dello stesso mese fu battezzato nella parrocchia di S. Martino.

Il ragazzo si rivelò presto vivacissimo e di intelligenza promettente.  Anco­ra piccolino, fu visto talvolta ritirarsi in un angolo appartato, pararsi da prete con un grembiule della mamma e dinanzi a un altarino cantar messa a voce spiegata.

Si deve specialmente alle suore dell’asilo se nel cuore di Angiolino vennero deposti per tempo i primi   germi   dell’istruzione religiosa e della pietà cristiana.

Preparato dalle suore canossiane, appena giunto a sei anni, Angiolino ricevette la prima Comunione il 14 aprile 1955.

Terminate le elementari, a undici anni, iniziò la Scuola di Avviamento Professionale presso l’Istituto Artigianelli di Brescia. Tuttavia, dopo appena quindici giorni, cominciò a zoppicare vistosamente a causa di dolori acutissimi alla gamba destra. Riportato a casa, fu ricoverato presso l’ospedale Fatebenefratelli di Brescia per accertamenti. La diagnosi iniziale fu di osteomielite condensante alla gamba destra, ma dopo un ricovero all’ospedale civile di Brescia fu precisata: osteosarcoma della tibia.

Dopo cinque ulteriori ricoveri a scopo terapeutico, il 2 maggio 1961 Angiolino subì l’amputazione della gamba. Il periodo post-operatorio fu difficile: forti dolori fisici si associarono a quelli psichici, scaturiti dal sapere che non aveva più una gamba.

Nella lunga convalescenza in ospedale, conobbe Fausto Gei, malato di sclerosi a placche, appartenente al Centro Volontari della Sofferenza. Aderendo a quel sodalizio, si convinse che finché un malato avesse un minimo di forze, dovesse offrire con Gesù Crocifisso per la salvezza del mondo.

Il tumore, però, era in fase avanzata: nel 1962 raggiunse i polmoni. Ormai la terapia radiologica risultava inefficace. Lo stesso anno, il 1° maggio, presso il santuario della Madonna della Formica a Offlaga, Angiolino incontrò monsignor Luigi Novarese, che aveva fondato nel 1947 il Centro Volontari della Sofferenza. Iniziò anche a partecipare ai pellegrinaggi a Lourdes organizzati per i malati.

Il 21 settembre 1962, a nemmeno quattordici anni, pronunciò la professione di associato ai Silenziosi Operai della Croce. Per Angiolino fu la gioia più grande in tutti quegli anni: «Ora son tutto della Madonna, dalla punta dei piedi alla cima dei capelli».

Il 10 ottobre 1962, fu di nuovo ricoverato. Visto che le cure non avevano effetto, dopo quindici giorni venne dimesso e riportato a casa. Nella solennità dell’Immacolata Concezione del 1962 rinnovò la sua consacrazione alla Vergine Maria, prevista dallo Statuto dei Silenziosi Operai della Croce.

Il 27 gennaio 1963, il parroco lo confessò e gli portò l’Eucaristia come Viatico e gli amministrò l’Unzione degli Infermi. Fino a mezzanotte Angiolino continuò a pregare con i presenti, poi prese sonno. Verso le due di notte si svegliò e, guardando dolcemente la madre, disse: «Mamma, ci siamo. Ecco la mia ora».  Fissando la statuetta della Madonna sul comodino, si addormentò nel Signore. Era il 28 gennaio 1963. Fu sepolto nel cimitero del suo paese.

 

Meditiamo con Angiolino

«Ho chiesto alla Madonna che mi faccia morire, prima di diventare un ragazzo cattivo».

«Finora chiedevo al Signore di guarire, ora gli chiederò solo di farmi santo. Io prego il Signore soltanto di aiutarmi a fare la sua volontà»».

«Se io soffro è inutile stare a dirtelo. La sofferenza è cosa che passa tra me e il Signore. Io non devo appenare gli altri con il mio patire, ma devo dar loro il frutto di ciò che soffro, la gioia, la serenità»

«Da quando sono entrato tra i Silenziosi Operai, il Signore mi ha dato una tempesta di grazie, da me finora sconosciute. Mi sento forte come un leone e canto dalla mattina alla sera».

«Signore, se è possibile, allontana da me questo calice; ma che non sia mai fatta la mia volontà, ma sempre la tua. Quando muoio voglio vedere la Madonna».

«Mi piacerebbe che al mio funerale si accendessero tutte le luci della chiesa e cantassero l’Ave Maria di Lourdes».