Ha intitolato così il Santo Padre il Messaggio per la Giornata di preghiera per le vocazioni che quest’anno si celebra l’8 maggio.

“Mentre in questo nostro tempo soffiano ancora i venti gelidi della guerra e della sopraffazione, sentiamo l’urgenza di camminare insieme coltivando le dimensioni dell’ascolto, della partecipazione e della condivisione. Insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà vogliamo contribuire a edificare la famiglia umana, a guarirne le ferite e a proiettarla verso un futuro migliore”.

A questa premessa segue la riflessione del Papa “sull’ampio significato della “vocazione”, nel contesto di una Chiesa sinodale che si pone in ascolto di Dio e del mondo”.

Questa riflessione è divisa in quattro punti che rispondono al verbo “chiamati a…” e un punto finale che ha per protagonista il verbo “convocati a…”.

1.Chiamati ad essere tutti protagonisti della missione. Oggi più che mai, per svolgere la missione della Chiesa è necessario mettere “in sinergia tutti gli ambiti pastorali e, prima ancora, coinvolgendo tutti i discepoli del Signore. Infatti, ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 120). Tutta la Chiesa è comunità evangelizzatrice”.

2.Chiamati a essere custodi gli uni degli altri e del creato. “La parola “vocazione” non va intesa in senso restrittivo, riferendola solo a coloro che seguono il Signore sulla via di una particolare consacrazione. Ciascuno di noi è una creatura voluta e amata da Dio, per la quale Egli ha avuto un pensiero unico e speciale, e questa scintilla divina, che abita il cuore di ogni uomo e di ogni donna, siamo chiamati a svilupparla nel corso della nostra vita, contribuendo a far crescere un’umanità animata dall’amore e dall’accoglienza reciproca. Siamo chiamati a essere custodi gli uni degli altri, a costruire legami di concordia e di condivisione, a curare le ferite del creato perché non venga distrutta la sua bellezza”

3.Chiamati ad accogliere lo sguardo di Dio. “In questa grande vocazione comune, si inserisce la chiamata più particolare che Dio ci rivolge, raggiungendo la nostra esistenza con il suo Amore e orientandola alla sua meta ultima, a una pienezza che supera persino la soglia della morte. Si attribuiscono a Michelangelo Buonarroti queste parole: «Ogni blocco di pietra ha al suo interno una statua ed è compito dello scultore scoprirla». Se questo può essere lo sguardo dell’artista, molto più Dio ci guarda così: in quella ragazza di Nazaret ha visto la Madre di Dio; nel pescatore Simone figlio di Giona ha visto Pietro, la roccia sulla quale edificare la sua Chiesa; nel pubblicano Levi ha ravvisato l’apostolo ed evangelista Matteo; in Saulo, duro persecutore dei cristiani, ha visto Paolo, l’apostolo delle genti. Sempre il suo sguardo d’amore ci raggiunge, ci tocca, ci libera e ci trasforma facendoci diventare persone nuove. Questa è la dinamica di ogni vocazione.

La vocazione nasce così, grazie all’arte del divino Scultore che, con le sue “mani” ci fa uscire da noi stessi, perché si stagli in noi quel capolavoro che siamo chiamati a essere.

4.Chiamati a rispondere allo sguardo di Dio. Lo sguardo amorevole e creativo di Dio ci ha raggiunti in modo del tutto singolare in Gesù. Su ciascuno e ciascuna di noi si posa lo sguardo di Gesù pieno di amore. La nostra vita cambia, quando accogliamo questo sguardo”.

5.Infine, il verbo essere convocati “per edificare un mondo fraterno. Come cristiani, siamo non solo chiamati, cioè interpellati ognuno personalmente da una vocazione, ma anche con-vocati. Siamo come le tessere di un mosaico, belle già se prese ad una ad una, ma che solo insieme compongono un’immagine. Brilliamo, ciascuno e ciascuna, come una stella nel cuore di Dio e nel firmamento dell’universo, ma siamo chiamati a comporre delle costellazioni che orientino e rischiarino il cammino dell’umanità, a partire dall’ambiente in cui viviamo.

Sacerdoti, consacrate e consacrati, fedeli laici camminiamo e lavoriamo insieme, per testimoniare che una grande famiglia umana unita nell’amore non è un’utopia, ma è il progetto per il quale Dio ci ha creati”.