Il nuovo Manifesto della comunicazione non ostile e inclusiva promuove 10 principi di stile per scegliere parole di inclusione e non di esclusione
Poichè siamo quello che comunichiamo, la scelta delle parole è scelta di approccio alla realtà che ci circonda. E la realtà che ci circonda sono anche gli altri: tutti. Parte da questo presupposto l’integrazione del Manifesto della comunicazione non ostile, presentata le scorse settimane dall’associazione Parole Ostili, che nell’aggiunta di quelle due parole, e inclusiva, dichiara con ancora maggior efficacia il suo intento di unire e non distanziare, aggregare e non separare, avvicinare e non allontanare, attraverso le parole e la comunicazione che scegliamo di usare, anche e soprattutto chi rischia di stare ai margini.
Sono dieci principi di stile a cui ispirarsi per scegliere parole giuste, parole che sappiano superare le differenze, oltrepassare i pregiudizi e abbattere i muri dell’incomprensione. Parole che ci liberino dalle etichette, che non ci isolino, che non ci facciano sentire sbagliati. È il Manifesto di chi quotidianamente rischia di restare ai margini, e non sono pochi. Basta farsi un giro tra i social per imbattersi su insulti, odio e intolleranza sparati a pioggia dietro la protezione di un anonimato virtuale.
1. Virtuale è reale
Comunico in rete come faccio nel mondo reale, rispettando le persone e le loro differenze, le fragilità e i punti di forza. Scelgo di includere, senza giudicare o discriminare.
2. Si è ciò che si comunica
Rispetto la mia identità e decido liberamente di definirmi per come sono, o di non definirmi affatto. Accolgo la complessità e la molteplicità. Valorizzo la diversità creativa.
3. Le parole danno forma al pensiero
Evito con cura stereotipi, cliché, allusioni o modi di dire offensivi o sminuenti.
Contrasto ogni pregiudizio. Scelgo sempre parole chiare e facili da comprendere, corrette, gentili.
4. Prima di parlare bisogna ascoltare
Costruisco relazioni fondate sull’ascolto paziente, la comprensione e l’empatia.
So che opinioni diverse allargano il mio orizzonte, e che dallo scambio nasce il senso di comunità.
5. Le parole sono un ponte
Coltivo la curiosità, l’apertura, il dialogo positivo che nasce quando si superano le barriere mentali, sociali, culturali, gerarchiche. Il mio linguaggio sa creare inclusione e cittadinanza.
6. Le parole hanno conseguenze
So che le parole possono ferire o curare, sostenere o schiacciare. Parlo in modo tale da comprendere tutte le identità, le condizioni, le appartenenze, gli orientamenti e le culture.
7. Condividere è una responsabilità
Prima di condividere testi, video o foto mi domando se aggiungono qualità alla discussione e se promuovono il rispetto. Verifico che le fonti siano oneste, neutrali e veritiere.
8. Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare
Valorizzo la pluralità delle opinioni e delle esperienze e accolgo ogni diverso pensiero come una ricchezza. Se dissento, favorisco un confronto aperto, civile e costruttivo.
9. Gli insulti non sono argomenti
Insultare è un modo di esprimersi violento e primitivo. È doppiamente deplorevole se si indirizza a chi è discriminato e sperimenta la povertà, il disagio, la paura, lo stigma o l’emarginazione.
10. Anche il silenzio comunica
Scelgo il silenzio per ascoltare e ragionare meglio. O per spegnere polemiche distruttive. O quando non ci sono parole adeguate, e un gesto di empatia vale più di ogni discorso.
Qui si può scaricare il manifesto
[Fonte disabili.ti]
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