Vorrei condividere qualche ricordo sulla Serva di Dio Anna Fulgida Bartolacelli che la vita vissuta assieme mi suggerisce.
Negli anni dell’infanzia e della prima giovinezza, fra mille difficoltà e grandi sofferenze, cominciarono ad affiorare nell’animo di Anna Fulgida i primi interrogativi sul senso della vita, aggravati dalla constatazione della sua diversità rispetto alle altre persone.
Faceva sì piccoli lavori di cucitura e di ricamo, ma tutto questo non poteva riempire il vuoto interiore e saziare la sete di felicità del suo animo. Come tutti gli altri esseri umani si chiedeva se la vita era una beffa o se invece aveva uno scopo, anche e soprattutto in relazione al suo stato specifico.
Anna Fulgida era, come tutti gli esseri umani, una persona pensante, autocosciente, dall’intelligenza viva, anche se povera di cultura e si chiedeva perciò come poteva vincere l’angoscia interiore e la tentazione di chiudersi in se stessa.
Il suo carattere era aperto ed esuberante e in parte l’aiutava a superare le difficoltà e la sofferenza.
Anche l’armonia e l’affetto sincero dei familiari e degli amici le erano di aiuto, ma sentiva il bisogno di dare un significato più profondo e vero alla propria vita e a questo fine pregava incessantemente il Signore il quale riversò su di lei la sua grazia ed il suo amore mediante la conoscenza e la partecipazione attiva al Centro Volontari della Sofferenza (Silenziosi Operai della Croce) di Mons. Novarese. Scoprì così con gioia di avere un posto ed un ruolo precisi sia nella società civile che nella Chiesa.
L’accettazione prima e poi la valorizzazione della propria sofferenza unita a quella di Cristo erano il mezzo più efficace per convertire i peccatori e per completare ciò che ancora mancava alla redenzione operata sulla Croce da Dio, fattosi uomo per la nostra salvezza.
Da quel momento la sua vita diventò più serena: sapeva perché era nata, perché era diversa dagli altri e che tutto ciò era un dono dell’amore di Dio e non una punizione!
Tant’è che a certa gente che, più o meno esplicitamente le dicevano o le facevano capire che sarebbe stato meglio per lei non essere nata, rispondeva serenamente di essere contenta del proprio stato e di essere grata a sua madre per non avere abortito.
Dalla grazia del Signore le veniva anche il grande desiderio di diffondere intorno a lei questa nuova gioia di vivere, anche se le difficoltà fisiche e le sofferenze interiori c’erano sempre.
C’era in lei un’ansia continua di fare apostolato, soprattutto verso gli ammalati o gli handicappati, per manifestare anche agli altri la Parola del Signore, per togliere loro ogni paura e fare scoprire il segreto della felicità, a cominciare dalla vita presente, per poi raggiungere la pienezza della luce nell’eternità. L’esempio delle persone sofferenti vale molto di più di tante prediche, anche se la testimonianza degli uomini è sempre lacunosa ed imperfetta Anna Fulgida temeva sempre i suoi limiti e sapeva con certezza che l’unico vero modello di vita è sempre il nostro Signore Gesù Cristo!
[Testimonianza di Giovanni Bartolacelli – Serramazzoni (MO) 10-07-2008]
Per l’unica volta che ho avuto modo di incontrarla agli Esercizi a Re, sono rimasta colpita dalla sua solarità e autoironia. Ricordo quando don Luigino, allora Superiore dei SODC la posizionò sul tavolo a fine Esercizi per far raccontare alcuni episodi della sua vita. Lei ci fece divertire e rideva lei stessa di cose che per una persona così detta “normale” sarebbero state inaccettabili… ma l’amore di Dio che aveva dentro non poteva non riversarsi su tutto e tutti. Al di là di quanto decideranno, per me è già Santa. Ciao piccola ma grandissima sposa di Cristo