Una riflessione del beato Luigi Novarese. Roma luglio 1977

 

Siamo quasi alla vigilia della nostra partenza per Lourdes e siamo tutti stanchi. Forse stanchi come non mai, anche perché accanto al Pellegrinaggio di Lourdes abbiamo lavorato e stiamo lavorando per il Congresso Internazionale a Pompei. Il nostro lavoro non è quindi finito, andiamo incontro ad una prima tappa, è la realtà. Però, in fondo al cuore, in mezzo ad un senso di istintiva ripugnanza di dover affrontare il disagio del viaggio, c’è una segreta speranza: nonostante il grande lavoro a Lourdes ci riposeremo. Ci riposeremo perché in noi, come nel cuore di ogni partecipante al Pellegrinaggio, c’è un desiderio: incontrarsi con l’Immacolata nel luogo stesso dove Lei ci ha invitati ad andare, usando un verbo che non ammette replica: voglio che qui venga molta gente. Ma noi siamo impegnati in modo diverso, perché nella nostra esistenza si è fatta sentire forte, suadente, impellente l’invito della Madonna di mettersi a sua disposizione. Mettersi a sua disposizione è una forma quanto mai vaga, che dice tutto e dice niente. Dice tutto perché vuoi dire mettersi a sua disposizione per non appartenersi più e attuare un programma che non è nostro, è suo, è Lei che è apparsa a Lourdes ed a Fatima ed ha indicato programmi ben precisi. E quindi mettersi a disposizione senza conoscere tutto il viaggio che noi dovremo compiere rispondendo a questa vocazione, dice tutto mettersi a sua disposizione e dice anche niente perché non sappiamo fino a che punto noi saremo uniti, ingaggiati nel lavoro dell’Immacolata, fino a che punto la Madonna si vorrà servire di ciascuno di noi. Credo che possiamo rispondere a questa incognita e penso che la Madonna si servirà di ciascuno di noi in proporzione della piccolezza che noi acquisteremo. Più diventeremo simili alla Bernardetta, più noi avremo la fiducia dell’Immacolata e più diventeremo anime ricercate dall’Immacolata. La Madonna non sa che farsene dei sapienti, delle anime che seguono le proprie idee. La Bernardetta ha un’espressione tutta sua nel ripetere i gesti dell’Immacolata durante le apparizioni e quale spiegazione, a chi le domandava il motivo di determinati atteggiamenti, la Bernardetta rispondeva sempre: ma io ho fatto come faceva la visione e diventava per lei una seconda natura, tanto che i visitatori le domandavano: come sorrideva la Madonna? E la Bernardetta atteggiava un sorriso che non era certamente il suo. La Bernardetta faceva un segno dì croce che certamente l’ha visto soltanto fare dall’Immacolata.

E cosi pure faceva inchini così graziosi di saluto, perché diceva: anche la visione fa sempre così verso di me quando mi appare. Perciò la Bernardetta si è lasciata imprimere come una cera dall’esempio dell’Immacolata.

 

Più noi ci lasceremo prendere dall’esempio dell’Immacolata e più noi ci sforzeremo di restare fedeli all’esempio dell’Immacolata, più noi acquisteremo la sua fisionomia. Ma questo per noi è basilare, perché tra la vocazione nostra e la vocazione della Bernardetta non c’è diversità.

La Bernardetta fu scelta per sentire un programma ed esserne testimone, ripeterlo e attuarlo nella propria persona. Noi, per vocazione, siamo stati scelti per udire il medesimo programma, esserne testimoni e attuarlo nella nostra esistenza. Facile a dirsi! Non altrettanto facile ad attuarsi. Pensate all’umiliazione continua a cui la Bernardetta è andata incontro dal giorno in cui fu scelta dall’Immacolata. E non soltanto lei, anche i bambini di Fatima, stessa linea. Pensate il distacco che ha dovuto attuare da sé la Bernardetta per rendere credibile il messaggio dell’Immacolata. E come ha dovuto attuarlo nella sua esistenza tra le suore a Nevers.

Glielo hanno fatto attuare, ispirate certamente dallo Spirito Santo, ma glielo hanno fatto attuare, inconsapevolmente, ma fermamente.

Noi dobbiamo acquisire le stesse caratteristiche, ma il fondo di queste caratteristiche c’è una tendenza di sviluppo tanto nel cuore della Bernardetta come nei bambini di Fatima che deve svilupparsi altresì dentro il nostro cuore: la riparazione, la riparazione. E la finalità di questa riparazione l’ha precisata l’Immacolata alla Bernardetta e ai bambini di Fatima. Alla Bernardetta: devi fare penitenza per te e per i peccatori. Specificazione precisa data dalla Bernardetta. I bambini di Fatima ebbero la visione

chiara dell’Inferno, dopo di che si sentirono attratti alla riparazione. Che cosa non dobbiamo fare per i peccatori? Noi altrettanto, noi altrettanto. Accanto però a questo desiderio in aumento di continua riparazione, ci deve essere anche vivo, profondo e operante il proposito di rendere il proprio cuore puro e distaccato, sincero come il cuore dell’Immacolata, la quale era una creatura univoca, vale a dire di un atteggiamento solo. Un atteggiamento in cui mente, cuore, parola dicevano la stessa realtà. Non c’era un atteggiamento interiore, un pensiero interiore che fosse diverso dalla parola e dall’atteggiamento esterno. Noi dobbiamo essere preoccupati, accanto alla riparazione, di svolgere il programma della imitazione del cuore Immacolato di Maria, altrimenti siamo su una falsa strada. Non è giusto quel che ho detto: non è che siamo su una falsa strada, perché la strada è giusta per se stessa, siamo in una falsa personale posizione, che è diverso, di cui, inesorabilmente, pesano e si portano le conseguenze. Con l’Immacolata non si scherza.

Buona, cara, ma ferma. E al suo servizio anime o come, o tendenti ad essere come la Bernardetta. O lo si è o lo si diventa. Soltanto in questa maniera ha senso la riparazione. Se vediamo che la riparazione è stata attuata dal Figlio di Dio, l’Agnello Immacolato, ma che razza di riparazione vogliamo pensare di attuare noi se abbiamo il cuore attaccato al peccato? Ma che riparazione è?

È un insulto al Signore che noi facciamo con la nostra posizione che dice servizio, invece è aperta provocazione al cuore di Cristo. Quindi si richiede realmente una posizione di ferma docilità al cuore dell’Immacolata per diventare come lei, perché imitando lei imitiamo altresì al massimo il cuore di Cristo ed imitando il cuore di Cristo ci identifichiamo con l’unico riparatore ed allora la nostra riparazione ha senso ed è accettata, altrimenti non può essere accettata.

Ma mettersi in posizione di non essere accettati proprio nel piano operativo associativo, vuoi dire mettersi in posizione di fallimento della propria esistenza. Ma per quale motivo siamo entrati in Associazione? Per essere strumenti dell’Immacolata, abbiamo detto, per metterci a sua disposizione e mentre diciamo così ci riteniamo in quello che ci piace, in ciò che ci solletica e rimaniamo dinanzi all’Immacolata, come se l’Immacolata non capisse niente, come se l’Immacolata non vedesse, come se l’Immacolata non fosse in Dio e non seguisse ad ogni istante la nostra esistenza. Ma comprendete che razza di contraddizione? Che razza di fallimento?

Non è un fallimento che si riprende, ma a che razza di fallimento andiamo incontro. Un fallimento totale, di cui si rende conto, non a Superiori, a Dio che è, dice la Sacra Scrittura, giudice e testimone di tutto il nostro operato. Ma il nostro operato che è unito in niente, cuore e parola. Quindi giudice e testimone di tutto il nostro essere. Vedete che razza di revisione ci porta a considerare il nostro Pellegrinaggio a Lourdes?

 

Andiamo incontro all’Immacolata con gioia, con desiderio di rivederla, con desiderio di riposarci presso di lei, sicuri che una madre ha sempre parole comprensive, ma ferme, chiare, precise, affinché il figlio non abbia ad essere separato da lei e non diventi uno strumento inutile nelle sue mani. Ma con cuore aperto perché ci comprende, con cuore desideroso di riposarsi finalmente, anche se dormiremo alla Grotta per la stanchezza, bei sonni. State tranquilli che tutto è preghiera, perché stiamo accanto all’Immacolata e la Madonna ci prende come siamo, ci capisce e ci aiuta.

 

[Fonte: Fondo Novarese – Causa di Beatificazione]