PRIMO CONGRESSO MONDIALE DELL’APOSTOLATO DEI LAICI
DISCORSO DI PAPA PIO XII AI PARTECIPANTI
Domenica 14 ottobre 1951
Con quale consolazione e quale gioia trabocca il Nostro cuore allo spettacolo della vostra imponente assemblea, dove Vi vediamo riuniti sotto i Nostri occhi, Venerabili fratelli nell’episcopato, e anche voi, cari figli e care figlie, che da tutti i continenti e da tutte le regioni siete venuti al centro della Chiesa, per celebrare questo Congresso Mondiale sull’Apostolato dei Laici. Hai studiato la sua natura e il suo oggetto, hai considerato il suo stato presente e hai meditato sugli importanti doveri che incombono su di esso in previsione del futuro. Per voi sono stati giorni di urgente preghiera, di serio esame di coscienza, di scambi di opinioni ed esperienze. Per concludere, siete venuti a rinnovare l’espressione della vostra fede, della vostra devozione, della vostra fedeltà al Vicario di Gesù Cristo ea chiedergli di fertilizzare i vostri propositi e la vostra attività con la sua benedizione.
Molto spesso, durante il Nostro pontificato, abbiamo parlato, in circostanze e aspetti molto diversi, di questo apostolato dei laici, nei Nostri messaggi a tutti i fedeli o rivolgendoci all’Azione Cattolica, alle congregazioni mariane, agli operai, agli insegnanti, a medici e avvocati, e anche ad ambienti specificamente femminili, per insistere sui propri doveri attuali anche nella vita pubblica, e ad altri ancora. Sono state tante le occasioni in cui abbiamo affrontato, incidentalmente o espressamente, questioni che, questa settimana, hanno trovato un posto molto marcato nella vostra agenda.
Questa volta, alla presenza di una così vasta élite di sacerdoti e di fedeli, tutti ben consapevoli della propria responsabilità in o verso questo apostolato, vorremmo, in una parola molto breve, “situare” il suo posto e il suo ruolo come oggi alla luce della storia passata della Chiesa. Non ne è mai stato assente; sarebbe interessante e istruttivo seguirne l’evoluzione nel tempo.
Ci piace dire spesso che, negli ultimi quattro secoli, la Chiesa è stata esclusivamente “clericale”, per reazione alla crisi, che nel Cinquecento aveva preteso di ottenere la pura e semplice abolizione della gerarchia e, soprattutto, , insinuiamo che sia giunto il momento per lei di allargare le sue cornici.
Un tale giudizio è così lontano dalla realtà che è proprio a partire dal Santo Concilio di Trento che il laico ha preso il suo posto e ha progredito nell’attività apostolica. Questo è facile da vedere; basti ricordare due fatti storici evidenti tra molti altri: le congregazioni mariane di uomini che esercitano attivamente l’apostolato laicale in tutti gli ambiti della vita pubblica, la progressiva introduzione delle donne nell’apostolato moderno. Ed è opportuno, a questo punto, ricordare due grandi figure della storia cattolica: una quella di Marie Ward, questa donna incomparabile che, nelle ore più buie e sanguinose, l’Inghilterra cattolica diede alla Chiesa; l’altro, quello di San Vincenzo de’ Paoli,
Né dobbiamo lasciar passare inosservata, né senza riconoscerne l’influenza benefica, la stretta unione che, fino alla Rivoluzione francese, mise in relazione reciproca, nel mondo cattolico, le due autorità stabilite da Dio: la Chiesa e lo Stato. L’intimità dei loro rapporti sul terreno comune della vita pubblica, creava – in generale – un clima di spirito cristiano, che in gran parte dispensava dal delicato lavoro a cui sacerdoti e laici provvedevano la salvaguardia e il valore pratico della fede.
Alla fine del Settecento entra in gioco un nuovo fattore: da un lato la Costituzione degli Stati Uniti del Nord America, che si sviluppa in modo straordinariamente vivo e in vigore, e, dall’altro, la Rivoluzione francese, con le sue conseguenze sia in Europa che all’estero, finirono con il distacco della Chiesa dallo Stato. Senza realizzarsi ovunque nello stesso tempo e nella stessa misura, questo distacco dappertutto ha avuto la logica conseguenza di lasciare che la Chiesa provvedesse con i propri mezzi ad assicurare la sua azione, il compimento della sua missione, la difesa dei suoi diritti e della sua libertà. Questa è stata l’origine di quelli che vengono chiamati movimenti cattolici, che, sotto la guida di sacerdoti e laici, guidano, forti nel loro numero compatto e nella loro lealtà sincera, la grande massa dei credenti nella battaglia e nella vittoria. Non è già questa un’iniziazione e un’introduzione dei laici all’apostolato?
In questa solenne occasione, ci rendiamo dolcissimo dovere rivolgere una parola di gratitudine a tutti coloro, sacerdoti e fedeli, uomini e donne, che si sono impegnati in questi movimenti per la causa di Dio e della Chiesa e i cui nomi meritano essere citato ovunque con onore.
Hanno lottato, combattuto, unendo al meglio i loro sforzi troppo dispersi. I tempi non erano ancora maturi per un congresso come quello che avete appena tenuto. Come, allora, si sono realizzati in questo mezzo secolo? Come sapete, a un ritmo sempre più accelerato, la linea di frattura che per lungo tempo aveva separato le menti ei cuori in due parti, pro o contro Dio, la Chiesa, la religione, si è allargata, approfondita; ha tracciato, forse non ovunque con uguale chiarezza, una frontiera anche all’interno dei popoli e delle famiglie.
C’è infatti, è vero, tutta una folla confusa di persone tiepide, indecise e vacillanti, per le quali la religione è forse ancora qualcosa, ma qualcosa di molto vago, senza alcuna relazione con la loro vita. Questa torba amorfa può, l’esperienza insegna, vedersi, un giorno o l’altro, inaspettatamente, chiamata a prendere una decisione.
Quanto alla Chiesa, essa ha nei confronti di tutti una triplice missione da compiere: elevare i credenti ferventi al livello delle esigenze del tempo presente; introdurre coloro che indugiano sulla soglia nella calda e salutare intimità del focolare; per ricondurre coloro che si sono allontanati dalla religione, e tuttavia non possono abbandonare al loro miserabile destino. Un bel compito per la Chiesa, ma reso molto difficile dal fatto che, se nel suo insieme è molto cresciuta, il suo clero, però, non è cresciuto in proporzione. Tuttavia, il clero ha bisogno di riservarsi soprattutto per l’esercizio del suo ministero propriamente sacerdotale, dove nessuno può sostituirlo.
Il sostegno, fornito dai laici nell’apostolato, è quindi una necessità irrinunciabile. Che sia di valore prezioso, l’esperienza della confraternita delle armi o della prigionia o di altre difficoltà della guerra è lì a testimoniarlo. Attesta, specialmente in materia religiosa, l’influenza profonda ed efficace dei compagni nella professione, nella vita, nella vita. Questi fattori e molti altri, per le circostanze dei luoghi e delle persone, hanno allargato le porte alla collaborazione dei laici nell’apostolato della Chiesa.
L’abbondanza di suggerimenti ed esperienze scambiate durante il vostro Congresso, così come quanto abbiamo detto nelle occasioni già ricordate, Ci esonera dall’entrare in ulteriori dettagli sull’attuale apostolato dei laici. Ci accontenteremo quindi di darvi alcune considerazioni che possono gettare un po’ più di luce sull’uno o sull’altro dei problemi che si presentano.
- Tutti i fedeli, senza eccezione, sono membra del corpo mistico di Gesù Cristo. Ne consegue che la legge di natura e, ancor più pressante, la legge di Cristo, li obbliga a dare un buon esempio di vita veramente cristiana: «Christi bonus odor sumus Deo in iis qui salvi fiunt, et in iis qui pereunt”: «Noi siamo per Dio il soave odore di Cristo in mezzo ai salvati e in mezzo ai perduti» ( 2 Cor2, 15). Anche tutti si impegnano, e oggi sempre di più, a pensare, nella preghiera e nel sacrificio, non solo ai loro bisogni privati, ma anche alle grandi intenzioni del regno di Dio nel mondo, secondo lo spirito del «Pater nosterche Gesù Cristo stesso insegnò.
Possiamo affermare che tutti sono ugualmente chiamati all’apostolato nel senso stretto del termine? Dio non ha dato a tutti né la possibilità né le capacità. Non si può pretendere che la moglie, la madre, che alleva i suoi figli in modo cristiano, e che deve anche svolgere un lavoro a casa per aiutare il marito a sfamare la sua famiglia, si occupi delle opere di questo apostolato. La vocazione degli apostoli, quindi, non è rivolta a tutti.
Certamente è difficile tracciare con precisione la linea di demarcazione da cui inizia l’apostolato dei laici propriamente detti. Dovremmo, ad esempio, includere in essa: l’educazione impartita o dalla madre di famiglia, o da insegnanti santi zelanti nell’esercizio della loro professione pedagogica; oppure la condotta del medico illustre e francamente cattolico, la cui coscienza non scende mai a compromessi quando è in gioco la legge naturale e divina, e che milita con tutte le sue forze a favore della dignità cristiana degli sposi, dei sacri diritti della loro discendenza; o l’azione di uno statista cattolico per un’ampia politica abitativa a favore dei meno fortunati?
Molti tenderebbero al negativo, vedendo in tutto ciò solo il semplice compimento, altamente lodevole, ma obbligato, del dovere dello Stato.
Conosciamo però il valore potente e insostituibile, per il bene delle anime, di questo semplice adempimento del dovere dello Stato da parte di milioni e milioni di fedeli coscienziosi ed esemplari.
L’apostolato dei laici, in senso proprio, è senza dubbio in gran parte organizzato nell’Azione Cattolica e in altre istituzioni di attività apostolica approvate dalla Chiesa; ma, oltre a questi, ci possono essere e ci sono apostoli laici, uomini e donne, che guardano al bene da fare, alle possibilità e ai mezzi per farlo; e lo fanno, preoccupandosi solo di conquistare le anime alla verità e alla grazia. Pensiamo anche a tanti eccellenti laici che, nelle regioni dove la Chiesa è perseguitata come nei primi secoli del cristianesimo, facendo del loro meglio per sostituire i sacerdoti incarcerati, anche a rischio della vita, insegnano intorno a loro il cristiano dottrina, istruire nella vita religiosa e nel retto modo di pensare cattolico, portare alla frequentazione dei sacramenti e alla pratica delle devozioni, in particolare della devozione eucaristica. Vedi tutti questi laici al lavoro; non preoccuparti di chiedere a quale organizzazione appartengono; piuttosto ammira e riconosci di cuore il bene che fanno.
Lungi da Noi svalutare l’organizzazione o sottovalutarne il valore come fattore di apostolato. Lo stimiamo, anzi, molto fortemente, soprattutto in un mondo dove gli avversari della Chiesa scendono su di Lei con la massa compatta delle loro organizzazioni. Ma non deve sfociare nell’esclusivismo meschino, in ciò che l’Apostolo chiamava “esplorare libertatem ”: “spiare la libertà” ( Gal 2,4 ). Nell’ambito della tua organizzazione, concedi a tutti una grande libertà di dispiegare le proprie qualità e doni personali in tutto ciò che può servire al bene e all’edificazione: «in bonum et aedificationem » ( Rm 15, 2), e gioisci quando, fuori dai tuoi ranghi, ne vedi altri, “guidati dallo spirito di Dio” (Gal 5,18 ), riconquistano a Cristo i loro fratelli.
- Clero e laici nell’apostolato. Va da sé che l’apostolato dei laici è subordinato alla gerarchia ecclesiastica. Questo è di istituzione divina. Non può quindi esserne indipendente. Pensare diversamente significherebbe scardinare dalla base il muro su cui Cristo stesso ha edificato la sua Chiesa.
Ciò detto, sarebbe ancora errato ritenere che, nell’ambito della diocesi, la struttura tradizionale della Chiesa o la sua forma attuale collochi essenzialmente l’apostolato laicale in una linea parallela all’apostolato gerarchico, per cui anche il vescovo non può sottoporre al parroco l’apostolato parrocchiale dei laici. Può e può stabilire che le opere dell’apostolato laicale, destinate alla parrocchia stessa, siano sotto l’autorità del parroco. Il vescovo lo ha nominato parroco di tutta la parrocchia, ed è, come tale, responsabile della salvezza di tutto il suo gregge.
Che vi siano, invece, opere di apostolato dei laici extraparrocchiali e anche extradiocesane, — Diremmo più facilmente opere sovraparrocchiali e sovradiocesane come esige il bene comune della Chiesa, è anche vero e non è necessario ripeterlo.
Nella Nostra allocuzione del 3 maggio all’Azione Cattolica Italiana (n. 6). Abbiamo suggerito che la dipendenza dell’apostolato laicale dalla gerarchia ammette gradi. Questa dipendenza è la più vicina per l’Azione Cattolica. Questo infatti rappresenta l’apostolato ufficiale dei laici. È uno strumento nelle mani della gerarchia, deve essere come un’estensione del suo braccio, è quindi per natura soggetta alla direzione del superiore ecclesiastico. Altre opere di apostolato laicale, organizzate o meno, possono essere lasciate più alla loro libera iniziativa, con la latitudine richiesta dai fini da raggiungere. Va da sé che, in ogni caso, l’iniziativa dei laici, nell’esercizio dell’apostolato, deve essere sempre mantenuta nei limiti della
Quando paragoniamo l’apostolo laico, o più esattamente i fedeli dell’Azione Cattolica, ad uno strumento nelle mani della gerarchia, secondo l’espressione divenuta corrente, intendiamo il paragone nel senso che i superiori ecclesiastici lo usano nella modo in cui il Creatore e Signore usa le creature razionali come strumenti, come cause secondarie, «con premurosa mitezza» (Sg12, 18). Ne usino, quindi, con la consapevolezza della loro grave responsabilità, incoraggiandoli, suggerendo loro iniziative e accogliendo con buon cuore quelle che sarebbero da loro proposte, e secondo l’occasione approvandole con ampio respiro. Nelle battaglie decisive, a volte è dal fronte che iniziano le iniziative più felici. La storia della Chiesa offre esempi sufficienti.
In generale, nel lavoro apostolico, è auspicabile che regni la più cordiale comprensione tra sacerdoti e laici. L’apostolato di alcuni non è in concorrenza con quello di altri. Anche, a dire il vero, l’espressione “emancipazione dei laici”, udita qua e là, poco Ci piace. Fa un suono alquanto sgradevole; è, inoltre, storicamente impreciso. Erano dunque bambini, minorenni e avevano bisogno di aspettare la loro emancipazione, questi grandi condottieri, a cui alludevamo parlando del movimento cattolico degli ultimi centocinquanta anni? Inoltre, nel regno della grazia, tutti sono considerati adulti. Ed è quello che conta.
La richiesta di assistenza da parte dei laici non è dovuta alla debolezza o al fallimento del clero di fronte al suo attuale compito. Che ci siano dei difetti individuali è l’inevitabile miseria della natura umana, e li si incontra da entrambe le parti. Ma, parlando in generale, il sacerdote ha gli occhi buoni del laico per discernere i segni dei tempi, e il suo orecchio non è meno sensibile all’auscultazione del cuore umano. Il laico è chiamato all’apostolato come collaboratore del sacerdote, collaboratore spesso preziosissimo, e perfino necessario per la carenza di clero, troppo pochi, dicevamo, per poter assolvere da solo la sua missione.
- Non possiamo finire, cari figli e care figlie, senza ricordare l’opera concreta che l’apostolato laicale ha compiuto e sta compiendo in tutto il mondo in tutti gli ambiti della vita umana individuale e sociale, opera di cui vi siete confrontati e discussi tra di voi risultati ed esperienze di questi giorni: l’apostolato al servizio del matrimonio cristiano, della famiglia, del bambino, dell’educazione e della scuola, per i giovani uomini e le giovani donne; l’apostolato della carità e dell’assistenza nei suoi innumerevoli aspetti oggi; apostolato per un concreto miglioramento dei disordini e della miseria sociale; l’apostolato nelle missioni, a favore di emigrati e immigrati; l’apostolato nel campo della vita intellettuale e culturale; apostolato del gioco e dello sport; finalmente,
Lodiamo e lodiamo i tuoi sforzi e il tuo lavoro, e soprattutto il vigore della buona volontà e dello zelo apostolico, che porti in te, che hai manifestato spontaneamente durante il congresso stesso, e che, come sorgenti potenti, acque vivificanti, hai reso fruttuose le sue deliberazioni.
Ci congratuliamo con voi per la vostra resistenza a questa tendenza dannosa, che regna anche tra i cattolici, e che vorrebbe limitare la Chiesa a questioni cosiddette “puramente religiose”: non è che ci preoccupiamo di sapere esattamente cosa si intende per questo: purché si nasconda nel santuario e nella sacrestia, e lasci l’umanità a lottare pigramente fuori nelle sue angustie e nelle sue necessità, nulla le viene chiesto di più.
È fin troppo vero: in certi paesi è costretta a rinchiudersi così: anche in questo caso, tra le quattro mura del tempio, deve comunque fare del suo meglio quel poco che le resta possibile. Non vi si ritira spontaneamente o volontariamente.
Necessariamente e continuamente, la vita umana, privata e sociale, entra in contatto con la legge e lo spirito di Cristo. Il risultato è, per forza di cose, una compenetrazione reciproca dell’apostolato religioso e dell’azione politica. Politica, nel senso elevato del termine, non significa altro che collaborazione per il bene della Città, πόλις . Ma questa proprietà del Comune si estende molto al di fuori del mare e, di conseguenza, è sul terreno politico che si dibattono e si dettano anche le leggi più alte, come quelle riguardanti il matrimonio, la famiglia, il figlio, la scuola, per limitarsi a queste esempi. Non sono queste domande che riguardano principalmente la religione? Possono lasciare indifferente, apatico, un apostolo? Nel discorso sopra citato (3 maggio 1951, n. 5) abbiamo tracciato il limite tra azione cattolica e azione politica. L’Azione Cattolica non dovrebbe essere coinvolta nelle politiche di partito. Ma, come abbiamo detto anche ai membri della Conferenza Olivaint, «per quanto sia lodevole stare al di sopra delle liti contingenti che avvelenano le lotte dei partiti, …Disco. 28 marzo 1948 ). Quanto può e deve stare lontano l’apostolo da questo limite? È difficile formulare una regola uniforme su questo punto per tutti. Le circostanze, la mentalità non sono le stesse ovunque.
Accettiamo le vostre risoluzioni con piacere; esprimono la vostra ferma disponibilità a tendervi reciprocamente oltre i confini nazionali, per giungere praticamente a una piena ed efficace collaborazione nella carità universale. Se c’è un potere nel mondo capace di abbattere le meschine barriere del pregiudizio e del pregiudizio e di disporre gli animi a una franca riconciliazione ea una fraterna unione tra i popoli, è la Chiesa cattolica. Puoi gioire con orgoglio. Sta a te contribuire con tutte le tue forze.
Potremmo concludere meglio il vostro congresso che ripetervi le mirabili parole dell’Apostolo delle genti: siate uniti, vivete in pace, e il Dio della carità e della pace sarà con voi» (2 Cor 13,11)? E quando l’Apostolo conclude: «La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunicazione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (ib. v. 13), sta esprimendo il fatto stesso che ogni vostra azione cerca di portare agli uomini. Possa questo dono riempire anche le vostre anime e i vostri cuori.
Che questo sia il nostro ultimo desiderio! Dio lo conceda e riempia te e tutto l’universo cattolico delle sue migliori grazie, in pegno delle quali ti impartiamo, con tutta l’effusione del Nostro cuore, la Nostra Benedizione Apostolica.
* Discorsi e radiomessaggi di SS Pio XII , XIII,
Anno XIII di Pontificato, 2 marzo 1951 – 1 marzo 1952 , pp. 2 93-301
Tipografia poliglotta vaticana
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