Ambiente dove il Figlio di Dio viveva

Seguendo l’itinerario liturgico, noi seguiamo una precisa linea formativa per le anime nostra. Ieri soltanto eravamo in adorazione del mistero della natività; oggi, domenica che segue immediatamente la festa della natività, la Chiesa ci pone nella considerazione della famiglia di Nazareth, vale a dire dell’ambiente che Dio ha scelto per il suo Divin Figlio, dell’ambiente in cui il Figlio di Dio si è inserito e dell’ambiente in cui i! Figlio di Dio viveva, dimostrando l’inizio del piano redentivo. Non ho detto dimostrandoci il suo amore, dimostrandoci l’inizio del piano redentivo. L’inno che voi avete recitato questa mattina a Lodi, vi ricorda che la famiglia di Nazareth era esperta nella sofferenza, II Papa, Paolo VI, nella seconda Lettura de! Breviario, ci ricorda quanto ha detto allorché è entrato nella Casa di Nazareth a Nazareth e ci dice: “Come vorremmo poter ritornare indietro e rimetterci alla scuola della Vergine Santa per poter imparare i disegni del Signore e cosi crescere nella volontà di Dio’ e poi enumera, il Santo Padre, quali sono i segni caratteristici della Casa di Nazareth.

 

Primo segno caratteristico della Casa di Nazareth, dice il Santo Padre, è il silenzio,

quel silenzio assoluto della creatura:

>    che significa accettazione e inserimento nella volontà di Dio,

>    che significa adorazione dei divini voleri,

>    che significa ricerca della volontà dello Spirito Santo

>    silenziosa attuazione di questa volontà senza interporre né desideri umani né volontà propria.

>    Quindi un silenzio totale che viene:

–     in un ascolto fiducioso,

–     in un’accettazione serena, filiale

–    in una attuazione relativa proprio per potersi inserire nei piani della redenzione.

 

Secondo segno la famiglia di Nazareth era esperta nella sofferenza.

Abbiamo detto ne! tema di Lode che la famiglia di Nazareth era esperta nella sofferenza. Dicendo che era esperta nella sofferenza, dobbiamo stare attenti a non cadere nell’errore del desiderio di sofferenza come sofferenza come male, senza tenere davanti la trasfigurazione che la sofferenza ha avuto attraverso la sofferenza di Nostro Signor Gesù Cristo. Per cui la famiglia di Nazareth era esperta nella sofferenza che redime, perché il Cristo, incarnandosi nella Vergine Santa, era venuto su questa terra per santificare il lavoro e per santificare il dolore.

 

Terzo segno accettazione della volontà di Dio

E perciò la famiglia di Nazareth, inserendosi nel piano redentivo, incominciava, prima che il Figlio di Dio potesse umanamente manifestare il proprio volere, incominciava già, per segreta spinta dello Spirito Santo, incominciava ad attuare la volontà del Padre. Per cui, quando Gesù Cristo avrebbe detto: “il mio cibo è fare la volontà del Padre”, noi possiamo immediatamente sottolineare che la stessa ed identica caratteristica ci fu anche nella famiglia stabilita da Dio, perché tanto l’Immacolata quanto San Giuseppe, tutte e due erano protesi a fare la volontà del Padre.

  Maria nell’accettazione dell’invito,

Giuseppe nell’accettazione della Vergine Santa non appena l’Angelo in sogno aveva a lui schiarito il disegno di Dio.

Ma entrambi volontariamente uniti in un atto di amore quando hanno presentato il Figlio al Tempio immediatamente accettavano quanto l’Eterno Padre aveva stabilito per il Figlio dietro l’offerta del Figlio, accettavano il sacrificio. “Lui sarà un segno di contraddizione e una spada ti trafiggerà il cuore”,

 

Luca 2:34 Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per !a rovina e la risurrezione dì molti in Israele, segno dì contraddizione

Luca 2:35 perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima».

Questa è la manifestazione esterna che noi cogliamo immediatamente nel segno profetico dei vecchio Simeone, ma già c’era stata una prima accettazione della volontà di Dio. ” Tu Betlemme non sarai l’ultima delle città di Giuda”, ed allora essendo tutti e due originari di Betlemme perché della discendenza di Davide, ecco allora che Maria e Giuseppe da Nazareth andavano a piedi o con un somaro fino a Betlemme, per poter dare alla luce il Figlio di Dio,

Matteo 2:6 E tu, Betlemme, terra di Giuda,

non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele».

Quindi la vita loro era protesa in un atto di ubbidienza, in un atto di ascolto della volontà del Signore per poter così preparare già la strada a Colui che avrebbe detto: “La mia vita è tutta un atto di attuazione della volontà del Padre”.

Giovanni 4:34 Gesù disse loro: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera.

Però la famiglia di Nazareth esperta nei dolore non è soltanto esperta nei dolore per il sacrificio dei lavoro, ed il lavoro è sempre sacrificio, perché è applicazione, è ritorno alla normalità della vita che era stata creata. L’umanità, ossia la creazione, anziché essere soggetta all’uomo e dare i frutti al tempo opportuno con un lavoro senza fatica, invece la creazione dà i suoi frutti attraverso il sudore e la fatica. Ed allora noi vediamo che nella Casa di Nazareth i! lavoro viene santificato ed il Cristo si soggetta al lavoro al punto da poter essere indicato: ma non è lui il figlio del fabbro? Non è lui il figlio di Maria? Ed allora donde viene tutta questa scienza?

 Marco 6,3-6

3 Non è costui il carpentiere, i! figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di loses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui.

4 Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua».

5 E non vi poté operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì.

6 E si meravigliava della loro incredulità.

Ma in questa casa di lavoro, in cui già il lavoro era fatica ed era quindi attuazione della legge punitiva di Dio, intervennero anche altri segni, per cui la famiglia di Nazareth poté essere caratterizzata come esperta del dolore: l’esilio. Quando Giuseppe avvisato in sogno che cercavano il figliolo per ucciderlo per l’invidia di Erode, noi vediamo che quella povera famiglia che viveva del proprio lavoro, pianta il proprio lavoro nel proprio ambiente e fugge in Egitto in cerca di altro lavoro, perché per loro non cera pace. Colui che era stato caratterizzato il Principe della pace, era già rigettato dal proprio popolo. Venne e fu respinto, ma non soltanto in finalistica, quando dinanzi a Filato gridarono a lui:” non abbiamo altro re al di fuori di Cesare’, ma fin dall’inizio fu espulso, perché tutti i bambini dovevano essere uccisi, dai due anni in giù e il nostro Creatore fattosi creatura deve trovare rifugio in Egitto attraverso l’ubbidienza silenziosa di Giuseppe e di Maria.

Giovanni 19:15 Ma quelli gridarono: «Via, via, crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce li vostro re?». Risposero i sommi sacerdoti: «Non abbiamo altro re all’infuori di Cesare».

Quindi un dolore nuovo che si inserisce nella vita della Casa di Nazareth e poi avete sentito l’affermazione suprema che il dolore massimo che può toccare un padre ed una madre ed è l’affermazione dei diritti di Dio sopra il padre, sopra la madre e sopra i figli. “E perché mi cercavate? E non sapevate che io sono venuto per questo scopo? Quale? Fare la volontà del Padre, gli interessi del Padre sono lo scopo della mia esistenza, quindi voi ed io siamo tutti subordinati a questa volontà.

Luca 2:49 Ed egli rispose: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?».

E da questa parola noi possiamo fare immediatamente il rimbalzo fino ai piedi della croce, quando tutta la volontà del Padre era stata compiuta ed allora, vedendo che la volontà del Padre era stata compiuta attraverso le profezie, allora Nostro Signor Gesù Cristo dice: “Ho sete” e così si applica l’ultima profezia che era stata detta sopra di lui. E vedendo allora che tutto era stato compiuto dalla peregrinazione da Nazareth a Betlemme per la sua nascita, fino alla divisione delle sue vesti sotto la croce e poi a! suo grido di sitio, allora dice: “Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito”.

 Giovanni 19, 28 Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: «Ho sete».

29 Vi era lì un vaso pieno d’aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca.

30 E dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: «Tutto è compiuto!». E, chinato il capo, spirò.

 Luca 23:46 Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò.

Quindi noi allora cogliamo questi punti dalla Casa di Nazareth:

– un silenzio di ascolto, la volontà di Dio qual è?

– un silenzio di accettazione

– un silenzio di attuazione. La volontà del Padre.

Viene il momento difficile, perché la meditazione è una gran bella cosa, ma se non esiste poi l’attuazione in realtà di quello che noi abbiamo meditato, noi siamo degli ascoltatori e non siamo dei realizzatori. Ed allora viene i! momento preciso ed allora in quel momento preciso noi dobbiamo ripetere quello che ha detto Nostro Signor Gesù Cristo: “Ma io sono venuto per questo’.

Ed allora che dirò? Padre, toglimi da questa difficoltà? Ma se sono venuto per questo scopo. Padre, sii tu glorificato attraverso la mia croce, perché la mia croce è una croce trasfigurata. È una croce che crea salvezza, è una croce sostenuta dall’amore, vale a dire dallo Spirito Santo”.

Ed allora vediamo che realmente la famiglia di Nazareth è la prima scuoia che noi dobbiamo frequentare, quella scuola in cui troviamo come maestro lo Spirito Santo, in cui troviamo come maestra l’Immacolata, in cui troviamo come maestro il Divin Maestro ed in cui troviamo San Giuseppe, che è il realizzatore pratico della volontà del Padre riguardo al Figlio e riguardo alla madre.

Mi pare che se noi così concludiamo questo stretto ciclo natalizio che viene così unito da un giorno all’altro, mi pare che la nostra meditazione sia ben chiara, sia precisa e concreta. Abbiamo da fare, abbiamo da ascoltare, abbiamo da accettare ed abbiamo da realizzare, sull’esempio de! Cristo, dell’Immacolata e di San Giuseppe.

[Beato Luigi Novarese, Casa Cuore Immacolato di Maria di Re, 26  dicembre 1976]