Non vogliamo persuaderci che la sofferenza è necessaria all’anima nostra; che la croce deve essere il nostro pane quotidiano. Come il corpo ha bisogno di nutrimento, così l’anima ha bisogno della croce, giorno per giorno, per purificarsi e distaccarsi dalle creature.
Non vogliamo comprendere che Dio non vuole, non può salvarci né santificarci senza la croce e più egli attira a sé un’anima, più la purifica per mezzo della croce. […]
Dunque non temere affatto, ma stimati fortunatissimo per essere stato fatto degno e partecipe ai dolori dell’Uomo-Dio. Non è abbandono, dunque, cotesto, ma amore e amore grande che Dio ti va dimostrando. Non è punizione cotesto stato, ma amore ed amore finissimo. Benedicine perciò il Signore e rassegnati a bere al calice del Getsemani.
I veri servi di Dio hanno sempre più stimato l’avversità, come più conforme alla strada che percorse il nostro Capo, il quale operò la nostra salute a mezzo della croce e degli obbrobri. […]
La sofferenza dei mali fisici e morali è la più degna offerta che puoi fare a colui che ci ha salvato soffrendo.