L’autore parla continuamente di Cristo usando dei topos. In Lui e per mezzo di Lui il Padre ha fatto tutte le cose e più precisamente la sua passione. Però nel quadro dell’economia della salvezza Melitone presenta tutta la persona, la natura e l’opera di Cristo nel suo aspetto soteriologico e cosmologico e a tal punto insiste sulla divinità del Figlio da venir accusato di modalismo. In questo contesto soteriologico spiega anche l’Incarnazione, e per le sue argomen¬tazioni assomiglia perfettamente al celebre testo di Ignazio nella Lettera agli Efesini (7, 2). Perciò le proprietà antitetiche in Cristo non possono essere intese nel senso trinitario.
Il passo emblematico che descrive le diverse funzioni di Cristo apre l’omelia stessa. Cristo soffre e muore in quanto uo¬mo e agnello, e risorge in quanto Dio. Non c’è ombra di confu¬sione né di dubbio nell’esposizione che, in quanto tipologica, potrebbe facilmente apparire meno rigida nella presentazione: Cristo è corruttibile e mortale fino soffrire l’insulto della sepoltura, e nello stesso tempo incorruttibile e immortale fino a risorgere. La sorte della sofferenza di Cristo, che è stata preannunciata e prefigurata dai profeti, l’autore la legge nella tipologia della Pasqua ebraica. Il Verbo è disceso sulla terra a causa dell’uomo sofferente:

«Egli venne dal cielo sulla terra in favore di colui che soffriva, lo rivestì nel seno della Vergine e apparve come uomo (natura umana), mediante il suo corpo capace di soffrire prese su di sé le sofferenze di colui che soffriva e distrusse le passioni (le sofferenze) della carne; mediante (per) il suo Spirito, non soggetto alla morte (che non può morire), uccise la morte che uccideva l’uomo».

In questo passo, di una chiarezza sorprendente per un testo del tempo di Melitone, viene affermata la passibilità di Cristo assunta con la carne nella sua natura umana. Lo Spirito presenta Dio ed è la traccia sicura, se non la diretta affermazione, della natura divina di Cristo che non è mai sottomessa alla legge della morte e della sofferenza. Essa è il principio della liberazione amorosa di chi soffre.
Nel II secolo in genere non era ancora stata elaborata una terminologia chiara per il nostro tema e non esisteva neanche quella preoccupazione per la precisione del linguaggio che sarà necessaria, invece, nel contesto della crisi ariana. Melitone però prepara progressivamente la descrizione del modo della passione di «colui che è divenuto uomo». Nel IV secolo la sua cristologia sarà poi ripresa e sviluppata da S. Atanasio in difesa dell’impassibilità divina.

(Tratto da CRISTOFORO CHARAMSA, Davvero Dio soffre? La tradizione e l’insegnamento di San Tommaso, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2003).