L’Ancora: n. 3/4 – marzo/aprile 1981 – pag. 1-3

Carissimi,
da diverse parti mi viene domandato una direttiva sull’attività dei Gruppi di Avanguardia, specialmente per quanto riguarda l’apostolato da svolgersi nelle grandi città.
Sentendo diversi iscritti, ho avuto l’impressione che attraverso uno sguardo introspettivo alla vita del Centro vengono rimbalzate comuni difficoltà che si riscontrano nei vari settori di apostolato che esistono nella Chiesa.
Vengono riferite vere difficoltà, ma che poste di fronte alle precise direttive date ai gruppi di avanguardia ad una ad una cadono.
Il nostro Centro vive nella Chiesa ed evidentemente sente tutte le tensioni Positive e negative che circolano nell’ambito di essa, non per questo, dobbiamo dire che tutte le tensioni negative diventano precise difficoltà per i gruppi di avanguardia.
Sotto lo sguardo quindi dell’Immacolata, mi pare di potervi sintetizzare la situazione in poche linee e indicare altresì il modo di agire.
Sul Centro Volontari della Sofferenza, si riflettono gli sbandamenti che, purtroppo, esistono nella società e nella Chiesa.
Tali difficoltà fanno più o meno presa sugli aderenti e sullo svolgimento dell’attività secondo la formazione e fermezza dei singoli, secondo la posizione che essi hanno nel Centro.
L’attività di Gruppo, specialmente se già iniziata, nell’applicazione della sua direttiva “gruppi a sostegno della vita parrocchiale”, non ha alcuna difficoltà sia per le grandi città come per le medie e le parrocchie rurali.
Le difficoltà si possono incontrare quando si desiderano svolgere programmi di zone, o decanati, secondo le divisioni diocesane. Ciò più per difficoltà logistiche e di distanza che per altri motivi. Per tali ragioni quei programmi vanno studiati bene in antecedenza per non stancare eccessivamente i partecipanti e realizzarli con discrezione, facendoli desiderare e sentire la necessità.
Altra difficoltà sorge per l’inserimento dei “Fratelli degli Ammalati” nei gruppi; difficoltà che riguarda, talvolta, la mancanza di formazione spirituale e impegno di apostolato, condotto avanti anche con sacrificio.
Questa difficoltà aumenta nelle grandi città, o anche piccole o paesi rurali per gli impegni di lavoro che i fratelli devono rispettare anche se richiedono spesso sacrifici notevoli.
Seguendo però la linea di divisione “attività di gruppo parrocchiale”, tutte le difficoltà si riducono molto e la linea indicata rende possibile una più ampia e più continua partecipazione all’attività.
Per i sofferenti le difficoltà sono molto più ridotte e, in gran parte, sono di ordine interno formativo. Le suddette difficoltà vengono superate con una più intensa formazione spirituale che richiami la necessità di tale apostolato, reso maggiormente necessario dalle condizioni in cui si trovano la società e la Chiesa.
Per una proficua attività quindi occorre puntare su una sola formazione spirituale e personale, radicata in soda convinzione basata su argomenti di fede.
Per dare bisogna avere e per resistere ad ondate di male occorre forza entusiasmo, energia e costanza.
Queste caratteristiche servono per qualsiasi apostolato.
Per l’apostolato del dolore si impone perché il dolore ha una spiegazione sola: quella della fede.
Al di fuori di quell’angolatura si barcolla sul sentimento o su innumerevoli perché che tutti però restano senza risposta.
Uguale necessità investe anche i “Fratelli degli Ammalati” perché vogliono come il cireneo e le pie donne associarsi a Gesù nel portare la propria croce.
Essi devono comprendere che “il sacrificio del sofferente”, che si identifica con quello del Cristo, é una realtà personale, è un sacrificio che parte da una persona isolata, dimenticata magari, ma è essenzialmente sociale: parte dal suo intimo, e ne sente la necessità di donarsi anonimamente, ma per tutti offrendosi in silenzio.
Il sacrificio dell’ammalato chiama solidarietà di offerta, di unione, di immolazione e, in piano soprannaturale, riconoscenza!
Il dono dell’attività del “ Fratello degli Ammalati “ non è soltanto gratitudine, ma inserimento nel medesimo piano di salvezza.
E’ un portare la croce in due con quella normalità di vita che tocca quella dell’ammalato.
Non basta una visita, sia pure svolta nel migliore dei modi; occorre lavorare assieme; sviluppare il programma assieme, nelle linee dell’Immacolata, nel medesimo impegno di solidarietà fraterna per la salvezza della società.
Ecco il lavoro di gruppo attuato in tutte le situazioni, in tutti gli ambienti a sostegno della parrocchia fino ad estendersi all’ultimo fedele abbandonato nel più remoto angolo della terra.
Concepita così, l’attività di gruppo non incontra proprio alcune difficoltà perché la parrocchia è l’ambito ristretto della Chiesa, parte dalla Chiesa Diocesana, che si proietta in quella universale e la parrocchia non è mai una metropoli.

L.N.