L’Ancora: n. 12 – dicembre 1969 – pag. n. 1-4

La nostra civiltà tecnico-scientifica vuole darsi una motivazione del suo voler andare avanti e sovente presenta le pur belle e consolanti conquiste scientifiche come opposte alla concezione religiosa della vita, o quanto mai appartenenti ad un settore che nulla ha da vedere con il legame con Dio.
Ecco come si spiegano le varie correnti ideologiche che seminano tanta rovina:
– lo strutturalismo, che fa furore in Francia e che nella sua forma più chiusa ancora del marxismo nega nella vita dell’uomo l’impulso ideale, l’andare continuamente avanti che pur gli stessi marxisti ammettono.
‑ la liberazione delle proibizioni, addirittura rivendicando come diritto di natura l’affermazione della parte più bassa dell’uomo, gli istinti, cercando così non solo di giustificare, ma di legittimare le proprie passioni sbrigliate e spinte fino alle più inaudite conseguenze rese ancor più deleterie dai mezzi di comunicazione. In questa progressiva scristianizzazione si arriva addirittura alla teologia della secolarizzazione ed alla teologia della morte di Dio, vale a dire a sostenere che Dio è morto con la morte di Cristo sul Calvario per cui tutta la religione consiste nel sacrificarsi per l’uomo, per il suo futuro, ma senza visione ultraterrena perché Dio ha rivelato in Gesù Cristo il suo scomparire nell’uomo. La teologia della secolarizzazione che osa sostenere che la Chiesa afferma il Messaggio di Gesù Cristo solo e in quanto toglie dagli usi e dalle mentalità quel senso di sacro che esiste in tutta la sua articolazione, cambiando l’aspetto della Gerusalemme terrestre in una città secolare ‘ in cui il Messaggio Evangelico viene subordinato e condizionato. E poi la teoria della rivoluzione! Dimentichi della storia, si sostiene che la Chiesa e le Chiese sono state sempre passive di fronte alla società per cui esse devono diventare critiche, stimolo, impulso della rivoluzione. Quanti circoli che si dicono cattolici, concepiscono e vorrebbero vedere la Chiesa come un fermento di agitazione, un impulso irresistibile alla rivoluzione. Ed in questo spirito si trova anche la giustificazione della violenza. La religione cristiana viene ridotta a pura critica sociale e storica La radice ultima di questi mali sta nella disaffezione alla vita spirituale, interiore. Si è perso il senso della fede. Ci si è allontanati da Dio, l’uomo ha voluto falsamente emanciparsi, si è fatta una teologia propria, ma una teologia a tavolino e non in ginocchio. Cosicché nella visione della Chiesa, tirata da tutte le parti, divisa e contestata, dobbiamo inquadrare, come il Concilio ed il Papa ci invitano, la missione di Maria quale fermento sicuro di speranza, di rinascita, di vita. La nostra età può ben dirsi l’era di Maria perché noi, oggi più che mai, abbiamo bisogno della sua azione materna, che ci orienti verso Cristo.

Non liberazione, ma dramma

“Noi sappiamo, denuncia Sua Santità Paolo VI nella Enciclica “Ecclesiam Suam”, sono molti, moltissimi pur troppo che non professano alcuna religione; sappiamo anzi che molti, in diversissime forme si professano atei. E sappiamo che vi sono alcuni che della loro empietà fanno professione aperta e la sostengono come programma di educazione e di condotta politica nella ingenua ma fatale persuasione di liberare l’uomo da concezioni vecchie e false della vita e del mondo, per sostituirvi, dicono, una concezione scientifica e conforme alle esigenze del moderno progresso”.
“E’ questo il fenomeno più grave del nostro tempo. Siamo fermamente convinti che la teoria su cui si fonda la negazione di Dio è fondamentalmente errata, non risponde alle istanze ultime e inderogabili del pensiero; priva l’ordine razionale del mondo, delle sue basi autentiche e feconde, introduce nella vita umana non una formula risolutrice, ma un dogma cieco che la degrada e la rattrista, indebolisce alla radice ogni sistema sociale che su di esso pretende fondersi. Non è una liberazione ma un dramma che tenta di spegnere la luce del Dio vivente”. (Paolo VI – “Ecclesiam Suam”, 39).
“E mentre vien meno il senso religioso fra gli uomini del nostro tempo, privando la fede del suo naturale fondamento, opinioni esegetiche e teologiche nuove, spesso mutuate da audaci, cieche filosofie profane, sono qua e la insinuate nel campo della dottrina cattolica, mettendo in dubbio o deformando il senso soggettivo di verità autorevolmente insegnate dalla Chiesa, e, con il pretesto di adattare il pensiero religioso alla mentalità del mondo moderno, si prescinde dalla guida del magistero ecclesiastico, si dà alla speculazione teologica un indirizzo radicalmente stircistico, si osa spogliare la testimonianza della Sacra Scrittura del suo carattere storico e sacro, e si tenta di introdurre nel Popolo di Dio una mentalità cosiddetta “postconciliare”, che del Concilio trascura la coerenza dei suoi ampli e magnifici sviluppi dottrinali e legislativi con il tesoro di pensiero e di prassi della Chiesa, per sovvertire lo spirito di fedeltà tradizionale e per diffondere l’illusione di dare al cristianesimo una nuova interpretazione arbitraria ed isterilita. Che cosa resterebbe del contenuto della nostra fede e della virtù teologale che la professa, se questi tentativi, emancipati dal suffragio del magistero ecclesiastico, avessero a prevalere? (Paolo VI nell’Esortazione Apostolica “Petrum et Paulum Apostolos” per l’anno della Fede – giugno 1967).

L.N.