Nato a Roma nel 1932 da modesta famiglia, a soli due anni si trasferisce a Tolentino, un’industriosa cittadina del maceratese. A Tolentino va ad abitare prima in periferia, poi nella centrale Via Veneto, poco distante dalla Cattedrale. Fino all’età di otto anni era un bambino come gli altri, poi venne colpito dal morbo di Duchenne (distrofia muscolare progressiva), che iniziò ad intaccare la sua capacità motoria e tutte le altre funzioni muscolari. A 15 anni, già obbligato a servirsi di un bastone, cade accidentalmente dalle scale, ma rimane illeso e, come racconterà alla mamma, “a salvarmi è stato di sicuro l’intervento della Madonna”.
A raccontarlo è lui stesso: “E’ da sapere che circa otto anni prima avevo rinvenuto un vecchio Crocifisso, rotto e sporco. Lo avevo fatto aggiustare e ripulire e, infine, rinfrescare con l’olio per il legno. Poi lo avevo fatto appendere nella mia cameretta.
Una notte, martoriato dal dolore e dalla mia immobilizzazione, parlai con Lui. Parlai di Lui, parlai di me…. Ad un tratto dal Crocifisso partì una luce intensa, che riempì la stanza e, soprattutto, penetrò nel mio cuore, dandomi una pace profonda ed una serenità senza eguali. Da quel giorno mi sembrò di essere uscito, dopo tanto tempo, da una foresta buia. Da quel giorno ho poi sempre provato una grande gioia interiore ed il desiderio di trasmettere agli altri la conoscenza di Dio ed i suoi messaggi d’amore”.

In unione con il Signore
Da quell’episodio, la vita di Luigino Rocchi diventa un’unione sempre più stretta con il Signore e la sua stanza una sorta di piccolo Santuario, dove amici e conoscenti si recano ogni giorno più numerosi, per attingere serenità dalle sue parole, incoraggiamento nei momenti di sofferenza e, soprattutto, per ascoltare delle brevi catechesi, grazie ai suoi consigli spirituali, trasmessi con parole semplici, ma che affondano le radici, sempre, nella Parola.
Luigino è stato assistito, in questi suoi anni centrali per la crescita verso una fede adulta, dal padre Francesco e dalla mamma Maria. A lei ha dedicato più volte pensieri tenerissimi, di profonda riconoscenza per essere stata colei che gli ha trasmesso le basi della spiritualità
Passano gli anni ed il progredire della malattia lo fa soffrire ancor di più, ma Luigino cresce costantemente nella fede: “… quando il dolore mi ha ghermito, umanamente mi sono ribellato: perché proprio a me? Poi mi sono detto, rabbrividendo: e allora, a chi? A nessun altro Signore, a nessun altro! Ho accettato, ma avevo paura, conoscevo la mia debolezza e ho detto: “Mio Dio metterai un peso di cinquanta chili sulle spalle di chi non ne regge neanche dieci? Penso allora che sosterrai il mio fragile passo. Se è così, Signore del mio cuore, non temerò l’impegno che mi affidi …” (1 Cor.10, 13).

Evangelizzare la sofferenza
Arriviamo agli ultimi anni (1970-1979): sono quelli della maturità e, probabilmente, quelli più ricchi di frutti per sé e per gli altri. Sono gli anni dell’esaltazione della spiritualità legata al CVS (fu anche il Delegato di Tolentino) e della consapevolezza che la sofferenza può e deve essere valorizzata.
La sofferenza va anche “evangelizzata” e proprio questo è il ruolo che Luigi Rocchi decide di ritagliarsi: scriverà mediamente circa 20 lettere al giorno (non riusciva più ad usare braccia e mani, per cui si fece costruire un congegno che aveva un’asta sorretta e diretta dal capo, con il quale riusciva a battere una sola lettera dell’alfabeto per volta sulla macchina da scrivere), indirizzandole soprattutto a coloro che soffrono a qualsiasi titolo e che hanno bisogno delle sue illuminazioni trascendentali.
Gli ultimi suoi giorni terreni Luigino li ha vissuti nel reparto di Rianimazione dell’ospedale di Macerata, dove è entrato l’8 marzo 1979. Cure intensive per lui ed un insperato miglioramento, seguito poi dal progressivo crollo del suo fisico.
Le ultime parole che riesce a trasmettere a parenti ed amici con l’uso dell’alfabeto, sono: “Vi abbraccio tutti e vi amo tutti”.
Gli ultimi tre giorni non riesce più a reagire ed a comunicare. Il suo ritorno al Padre, tanto atteso e preparato spiritualmente per una vita intera, avviene verso le ore 22 del 26 marzo 1979, per arresto cardiocircolatorio.

Un araldo della fede
Sicuramente “Luigino”, ha attuato in pieno il carisma principale del CVS, ossia la valorizzazione della sofferenza. Questa sua capacità testimoniale del Vangelo l’ha espressa molto bene un suo amico, Saulo Baroncia, che a proposito della sua morte, ha dichiarato: “Ho subito considerato Luigi come un amico che aveva occupato sicuramente un posto privilegiato in Paradiso, molto vicino al Padre. Sembrerà curioso, ma, nei giorni successivi alla sua morte, ho trovato qualche difficoltà a recitare per lui l’Eterno Riposo, mi saliva più spontanea la recita del Gloria al Padre, per ringraziare Dio di avercelo dato come suo araldo”.

L’iter del Processo per la canonizzazione di Luigi Rocchi prosegue spedito ed il 25 aprile scorso, presso la concattedrale di San Catervo di Tolentino (Diocesi di Macerata), c’è stata la proclamazione ufficiale del decreto con il quale Papa Francesco ha attribuito a “Luigino” il titolo di Venerabile. A presiedere l’evento è stato il cardinale Angelo Comastri, membro della Congregazione delle Cause per i Santi e “tifoso” di Rocchi, fin dai tempi in cui è stato delegato pontificio per la Santa Casa di Loreto.