Venerdì 27 marzo nella Chiesa di Santa Maria della Carità a Brescia è stata celebrata la commemorazione di Fausto Gei, nel giorno della sua morte, avvenuta nel 1968.
Ha presieduto la concelebrazione l’attuale Prevosto della Chiesa Cattedrale, mons. Alfredo Scaratti, insieme ad alcuni sacerdoti e rappresentanti del Centro Volontari della Sofferenza, ed ha ricordato la vita virtuosa del Servo di Dio. Proprio in questa Chiesa saranno trasportate le sue spoglie. Il Prevosto si è detto molto felice di avere tra i suoi parrocchiani un Servo di Dio che si è distinto per la sua santità di vita.
Difatti Fausto Gei è nato a Brescia il 24 marzo 1927 a pochi metri dallo splendido complesso monumentale del Duomo. A vent’anni, quando sta portando a termine il secondo anno di università in medicina, è aggredito da una misteriosa malattia. Lui stesso si fa la diagnosi e annuncia alla famiglia: “Ho la sclerosi a placche. E’ una malattia letale. Non so quanto durerò”. I suoi ventun anni di malattia saranno per Fausto un calvario, valorizzato dalla sua fede e dalla testimonianza di ardente apostolo.
Andò a Lourdes nella speranza del miracolo. Di ritorno la sorella Laura che si meravigliava che non fosse guarito, gli chiese: “Ma non hai pregato la Madonna per la tua guarigione?”. Rispose: “Ho visto chi soffriva più di me e ho pregato per loro… Ora prestami le tue braccia e le tue gambe per portare i miei scritti ai malati. Non sono riuscito ad aiutarli da medico, li aiuterò da malato”.
Fausto non chiese mai di guarire, ma di ottenere dalla Vergine un miracolo ancora più grande: la gioia.
Lentamente, ma decisamente diventa un apprendista della santità. Non della santità fondata su fatti strepitosi, ma sopra piccole cose che, all’occhio umano, sembrano inezie.
Quando conosce il Centro Volontari della Sofferenza, fondato dal Beato Luigi Novarese, vi aderisce con tutto il suo spirito. Tanto che può scrivere: “Non amo la sofferenza, ma l’accetto volentieri, perché vedo in essa l’attuazione della volontà di Dio. Soffrire è il più intimo incontro con Cristo e la piena partecipazione al suo amore… I malati sono i carpentieri del Paradiso: con la loro sofferenza essi costruiscono un meraviglioso ponte di collegamento fra Dio e gli uomini”.