L’8 dicembre, solennità dell’Immacolata Concezione della Vergine Maria, è una giornata di festa per i Silenziosi Operai della Croce. Infatti, in tutte le case dell’Associazione fondata dal Beato Luigi Novarese, in Italia e nel mondo, i figli spirituali di Monsignore rinnoveranno le promesse annuali.
Le richieste di preghiera e penitenza presentate dalla Vergine Santa a Lourdes e a Fatima, hanno ispirato e guidato il fondatore nel dare vita all’Associazione e i Silenziosi Operai della Croce, mediante la pratica dei consigli evangelici, attuano tali richieste nella “totale dedizione al piano redentivo della Croce”.
In occasione della solennità dell’Immacolata, riportiamo un articolo scritto dal beato Luigi Novarese e pubblicato sull’Ancora di aprile 1977.

INSERIRSI NEL PIANO DELL’IMMACOLATA NEL SEGNO DELL’ALLEANZA

Inserirsi nel programma dell’Immacolata nel segno dell’alleanza significa inserirsi nel piano concreto della Redenzione, di cui l’Immacolata è stata il festoso e meraviglioso annuncio.
Il discorso d’amore redentivo che ha creato esente da qualsiasi macchia d’origine la nostra Madre spirituale, implicitamente racchiude il mistero pasquale: morte e resurrezione del Cristo, Salvatore nostro: creata Immacolata in vista dei meriti della passione del Suo divin Figlio.
Che così veramente sia, lo afferma esplicitamente la Vergine stessa nel suo inno, profetico: “il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore». É questo infatti l’annuncio profetico che precede quanto gli Angeli dissero poi alle pie donne, desolate e piangenti. recatesi al mattino del terzo giorno al Sepolcro per ungere il corpo di Gesù. “Perché cercate voi tra i morti colui che è vivo? Non e più qui: è risorto». (Lc. XXIV, 8-9): distruggete questo tempio e io lo riedificherò in tre giorni.
L’apparizione della Vergine Santa a Lourdes, avvenuta il 25 marzo 1858, afferma la stessa gioia pasquale che ha per radice il venerdì santo: erano le prime ore del mattino, l’ora dell’Angelus, il cielo terso, calmo, incominciava ad imbiancare, mentre la neve sulla sommità dei monti sembrava voler sottolineare il candore della “Piena di grazia”.
Nel giorno in cui l’Immacolata rivelava il proprio nome alla Sua piccola confidente, la Chiesa, alla terza lezione del primo notturno dell’antico Breviario, poneva sulle labbra dei sacerdoti la profezia d’Isaia (cap. 35,5) relativa al piano redentivo:
«Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto».
L’Immacolata nel piano della salvezza è il Segno della Redenzione che stava per attuarsi, e che si è attuata, per cui il Suo richiamo a Lourdes ed a Fatima non poteva essere che un esplicito richiamo ameditare:
a) il frutto della Redenzione: l’amicizia con Dio; la vittoria sulla morte; la trasformazione della pena in mezzo di salvezza; la gioia profonda ed inalterabile di poter compiere un’opera santificante e costruttiva per sé e per gli altri anche se il cuore è attanagliato dalla sofferenza morale, più cocente ancora di quella fisica;
b) la necessità di passare con Cristo la nostra personale triste, ma sicuramente vittoriosa e beatificante, giornata del Venerdì Santo, sicuri che la nostra disgregazione corporale sfocerà nel coro festante dell’Alleluia, perché allora soltanto ogni lacrima sarà asciugata, ogni brama sarà appagata nel possesso di Dio, che infinitamente sorpassa ogni desiderio ed umana aspirazione.
Inserirsi nel programma dell’Immacolata nel segno dell’alleanza significa inoltre:
imitare il disegno del Verbo Eterno che si incarna nella suprema certezza che la carità è la prova più convincente e travolgente che possa essere data: dare la vita per chi si ama;
imitare la Vergine Immacolata che stava ai piedi della Croce, annichilita per lo spasimo del cuore, ma amorevolmente consenziente al Disegno divino perché consapevole dei benefici frutti della passione del Suo Divin Figlio;
realizzare quella penitenza tanto richiamata a Lourdes e dalla Vergine stessa spiegata alla Sua piccola confidente come riferiscono i Padri Sempé e Duboé, primi Cappellani della Grotta.
Così scrivono, infatti, i suddetti contemporanei all’apparizione:
“Dopo che Bernardetta baciò lungamente per terra (IV e V apparizione) qualcuno degli astanti le chiese: – Perché hai camminato così in ginocchio, baciando per terra?
– La Visione me lo ha comandato: è in penitenza per me e per gli altri – .
L’Immacolata però – riferiscono ancora i suddetti autori – non si limitò a chiedere penitenza alla sua piccola ed asmatica confidente, ma esplicitamente comandò a Bernardetta di chiedere la stessa penitenza a tutti gli astanti.
«Quando Bernardetta, compiendo l’atto penitenziale di baciare per terra, arrivò all’interno della Grotta, si rivolse verso gli astanti, e, con insistenza, fece segno che sembrava domandare alla folla d’inchinarsi e fare altrettanto. Ma tutti rimasero impassibili. Allora il Suo dito si posò un istante sulle labbra e poi, con autorità sorprendente, rapido indicò la terra.
Il gesto e lo sguardo dicevano a tutti:
– Voi pure dovete baciare per terra -.
«Parecchie persone dominate dalla grandezza del soprannaturale di quella creatura, che comandava in ginocchio, si chinarono immediatamente e baciarono per terra, convinti di obbedire ad un ordine della Visione; altri, non potendosi per la ressa della folla chinare al suolo, prendevano una manciata di terra e la baciavano.
Al termine dell’apparizione fu rivolta alla fanciulla la seguente domanda: “ Perché ci hai fatto segno di baciare la terra? –
– La Visione voleva dire che voi pure dovete fare penitenza per i peccatori – (Doboé e Sempé: «Piccola Storia di Lourdes» ).
Inserirsi dunque nel programma dell’Immacolata nel segno dell’alleanza, vuol dire inserirsi per amore, volontariamente, tutti – sani ed ammalati – nel programma del Cristo Crocifisso, nell’estrema certezza che noi pure, uniti a Lui, trarremo, con la nostra croce, al Padre tutta l’umanità nel canto dell’Alleluia che necessariamente seguirà e segnerà la fine della passione avvenuta, il termine del dolore e la vittoria sulla morte.

Sac. Luigi Novarese