Scriveva il teologo morale francese Xavier Thévenot riguardo il divario che esiste tra teoria e pratica della sofferenza: “Discorsi e sofferenza non vanno d’accordo. La sofferenza è l’improvvisa apparizione dell’inatteso: è sempre differente dall’idea che me ne ero fatto. E’ anche l’invasione nella mia personalità di una realtà estranea, così estranea che non trovo le parole per descriverla”.
Ed ecco riproporsi alla nostra riflessione quanto è accaduto proprio ieri, in una struttura svizzera, dove Fabiano Antoniano in arte Fabo, il Dj trentanovenne ha deciso di porre fine alla sua esistenza dopo che un grave incidente lo aveva reso tetra paretico e quasi cieco.
Ovvio che ora i media si scateneranno portando ciascuno la propria “parte di saggezza” e di sapere ma si tratterà solo di alcuni giorni, dopodiché il caso verrà archiviato e relegato nel dimenticatoio collettivo.
Ma una cosa è certa, almeno per coloro che credono in Dio e nella redenzione operata da Gesù: senza una fede granitica, convinta, vissuta e consapevole, la dimensione del dolore, della sofferenza resta un assurdo sul quale prevale e prevarrà sempre impotenza e rassegnazione.
Nessuno può arrogarsi il diritto di giudicare le scelte altrui, soprattutto se dettate dalla disperazione, resta però il fatto che la vita rimane comunque un bene prezioso, anche se talvolta chiede di essere vinta più che vissuta.