Una mostra sul tema dell’invalidità fisica con materiale fotografico, documenti, libri e supporti multimediali per raccontare le straordinarie esperienze di chi non si è rassegnato ma ha combattuto, ha sofferto ed è rinato
La parrocchiale Madonna di Fatima di Milano, in collaborazione con le istituzioni locali, organizza una grande mostra no profit di impegno sociale, intitolata “Un nuovo inizio”.
In esposizione storie di chi, colpito da una grave invalidità fisica permanente ha sofferto, lottato, è risorto credendo in una nuova vita di impegno ed amore.
La mostra, aperta dall’1 al 15 ottobre, è allestita presso il transetto della chiesa dell’Assunta (Piazza dell’Assunta 1) a Milano e sarà visitabile con i seguenti orari:
Sabato e Domenica: ore 15-19
Lunedì- Venerdi: ore 17-19
La mostra, avvalendosi di un percorso emozionale, intende coinvolgere lo spettatore alle straordinarie esperienze di chi, colpito da una grave invalidità fisica permanente, ha saputo reagire trovando nella nuova difficile situazione personale una nuova opportunità per orientare la propria vita.
La mostra cercherà così di capire quali sono gli elementi che permettono a una persona di superare un così grave trauma.
La mostra è gratuita.

Per maggiori informazioni:
mail: 2017UnNuovoInizio@gmail.com
Sito web: www.facebook.com/2017UnNuovoInizio/

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Visitare la Mostra richiede coraggio. La prima impressione nell’apprendere l’argomento dell’iniziativa può comprensibilmente creare una certa barriera, diffidenza, quasi repulsione. Si raccontano infatti, pur con parole rispettose, realtà molto crude, umanamente quasi disperate. Sono vicende di persone che improvvisamente nella propria vita sono entrate in un tunnel senza ritorno: quello dell’invalidità fisica permanente. Si parla di un viaggio all’inferno della sofferenza che ha coinvolto indistintamente uomini e donne, giovani ed adulti, persone di ogni estrazione, posizione sociale nonché provenienza geografica. Se è indubbio che nella mentalità comune molte barriere e molti pregiudizi sono caduti verso le persone portatrici di disabilità, è pur sempre vero che in una società selettiva come la nostra, essere una persona disabile vuol dire essere considerati ‘al di sotto della norma’. Ed è questa la sfida e al tempo stesso la tesi della Mostra: comprendere che è possibile essere disabili e al tempo stesso avere una vita umanamente piena e realizzata, in molti casi più appagante di tante esistenze di persone ‘normodotate’. Se è vero che i mezzi di comunicazione ci raccontano, magari con dovizia di particolari e, perché no, anche con la giusta ammirazione, le imprese sportive o professionali di note persone con disabilità, manca in questa narrazione mediatica la ricerca delle motivazioni ultime che portano persone così gravemente colpite dagli eventi a far ritorno dall’inferno della sofferenza. Analizzando i racconti diretti, le interviste, i libri dei protagonisti scelti nella Mostra si vuole coinvolgere il visitatore in un’opera di analisi e ricerca dei loro elementi comuni, delle loro differenze, delle loro peculiarità. Lo spettatore cessa ben presto di guardare una mostra ed è portato, dalla potenza plastica delle vicende narrate, a vivere lui stesso fianco a fianco nel processo di riabilitazione di una ragazza di undici anni che ama la scherma, è colpita da una terribile meningite, le vengono amputati tutti gli arti, ma si salva, non si abbatte, crede nei propri sogni e diventa un giorno Bebe Vio. Il visitatore entra idealmente per un attimo nell’abitacolo di una Reynard-Honda che subisce un impatto devastante, nel più tristemente famoso incidente in una gara del campionato Cart in Europa, ma trova ben presto rifugio nelle immagini, nelle parole, nelle vittorie, nei sorrisi, nella simpatia di Alessandro Zanardi. Le storie raccontate (alcune più note, altre inedite) sono tante.
Se è vero che la grande sofferenza dell’invalidità permea e segna inizialmente la vita dei nostri protagonisti, imprevedibili e uniche sono le modalità in cui ognuno, pur con tempistiche proprie, con un Nuovo Inizio è risorto ad una nuova vita fatta di impegno, dedizione, speranza e amore verso gli altri. Le persone che superano l’enorme trauma psicologico iniziale dell’invalidità riescono a farlo accomunati da queste consapevolezze:
– L’incidente o la malattia invalidante rappresentano inevitabilmente un momento di verifica della propria esistenza, un’analisi sincera può quindi rappresentare l’opportunità per ripartire (pur da una situazione più disagiata), riorientando le priorità.
– E’ importante poter coltivare le proprie passioni (dall’amore per lo sport alle azioni caritatevoli verso gli altri, dalla professione di una fede religiosa alle espressioni artistiche e culturali, dall’identità verso una terra d’origine all’amore verso viaggi e scoperte). Risulta allora necessario trovarsi nei luoghi, con l’attrezzatura adatta ma soprattutto con persone che valorizzino adeguatamente queste inclinazioni. Le proprie passioni se ben coltivate permettono di far crescere ed evolvere le proprie emozioni, inclinazioni e virtù.
– Chi riacquista fiducia in se stesso e ricomincia ad apprezzare il gusto della quotidianità crede che la propria salvezza, il proprio recupero dipenda prima di tutto dal proprio impegno, dalla constatazione che la propria condizione disagiata non potrà mai essere ‘tutta colpa degli altri’. Questo atteggiamento costruttivo elimina ogni alibi e responsabilizza.
– Chi ha ripreso una vita sociale appagante, con magari una professione o un ruolo stimato nella società, lo ha fatto ascoltando i consigli degli altri, accettando l’aiuto degli altri, credendo cioè che è l’unione che fa la forza, che da soli non ci si salva, o in parole più alla moda, che è necessario far squadra (con la propria famiglia d’origine, con la persona amata, con i figli, con i parenti, con gli amici vecchi e nuovi). Diventerà lui stesso prodigo di consigli, fondatore di associazioni di assistenza, testimonial per campagne di beneficenza, allenatore psicologico di altre persone.
Il visitatore si trova così a compiere un viaggio, tanto affascinate quanto inaspettato, in un mondo in cui disabilità non è più sinonimo di arretratezza, sofferenza, abbandono, vergogna, è solo la constatazione di una condizione, (quale può essere l’età di una persona, la sua altezza, il suo peso), non è più un giudizio o un pregiudizio di merito sulla persona.
Le affermazioni degli atleti paralimpici, la professionalità di chi pur invalido esercita un lavoro socialmente utile non si riducono così ad una rivalsa nei confronti di un destino sentito improvvisamente come traditore, ad un confronto continuo tra un ‘prima’ agiato e un ‘dopo’ difficile, ma sono il modo per dare un senso a tutto il percorso esistenziale.
Rimane ancora una piccola avvertenza: il visitatore più attento non dovrà rimanere stupito se non troverà svelati i segreti dei protagonisti. Non abbiamo trovato nessuna formula esoterica, rito scaramantico, conoscenza influente, amicizia esclusiva o retroscena a spiegare per tante persone con disabilità il recupero alla vita attiva, definito invece talvolta come magico, miracoloso, da parte di tanti giornalisti ed opinionisti. Una spiegazione la proponiamo: la vita delle persone, delle famiglie, delle comunità non si costruisce con isolati ed estemporanei gesti, ma con scelte personali rigorose di impegno, serietà e moralità, con il lavoro giornaliero di genitori, nonni, fratelli, parenti più lontani, amici, conoscenti. In altre parole con l’abitudine ad una prassi di sincere azioni di intelligenza, passione, consiglio e attenzione alla sensibilità altrui.
E’ così facile intuire che il vero recupero ‘magico’, ‘miracoloso’ non è per chi, sebbene disabile fisicamente, ha già maturato e sviluppato questa maturità, ma per i tanti ‘connessi in rete‘ della nostra società che vorranno accettare per la propria esistenza la coraggiosa sfida per ‘Un Nuovo Inizio’.