Digiuno e preghiera per penitenza. Un invito molto sentito che papa Francesco ha rivolto a tutta la Chiesa nella lettera firmata il 20 agosto scorso, in seguito allo scandalo che sta scuotendo la Chiesa cilena, a pochi giorni dall’esplodere di una nuova ondata di scandali negli Stati Uniti e alla vigilia del viaggio in Irlanda (25-26 agosto).
«Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme». Con questa citazione della lettera di San Paolo ai Corinzi il Santo Padre invita il «popolo di Dio» al digiuno e alla preghiera per il «crimine» degli abusi sessuali sui minori nella Chiesa: con «vergogna e pentimento», scrive Bergoglio, come Chiesa ammettiamo «che non abbiamo agito in tempo riconoscendo la dimensione e la gravità del danno che si stava causando in tante vite», «abbiamo trascurato e abbandonato i piccoli», e che il lamento delle vittime «per molto tempo è stato ignorato, nascosto o messo a tacere».
Un grido però che è stato «più forte di tutte le misure che hanno cercato di farlo tacere o, anche, hanno preteso di risolverlo con decisioni che ne hanno accresciuto la gravità cadendo nella complicità. Grido che il Signore ha ascoltato facendoci vedere, ancora una volta, da che parte vuole stare».
Francesco ha poi proseguito la lettera dicendo che tutti noi dobbiamo farci carico di quello che è successo. Ma prendere conoscenza di quello che è accaduto non basta. «Se in passato l’omissione ha potuto diventare una forma di risposta, oggi vogliamo che la solidarietà, intesa nel suo significato più profondo ed esigente, diventi il nostro modo di fare la storia presente e futura, in un ambito dove i conflitti, le tensioni e specialmente le vittime di ogni tipo di abuso possano trovare una mano tesa che le protegga e le riscatti dal loro dolore. Tale solidarietà ci chiede, a sua volta, di denunciare tutto ciò che possa mettere in pericolo l’integrità di qualsiasi persona. Solidarietà che reclama la lotta contro ogni tipo di corruzione, specialmente quella spirituale, “perché si tratta di una cecità comoda e autosufficiente dove alla fine tutto sembra lecito: l’inganno, la calunnia, l’egoismo e tante sottili forme di autoreferenzialità, poiché ‘anche Satana si maschera da angelo della luce’ (2 Cor 11,14)”. L’appello di San Paolo a soffrire con chi soffre è il miglior antidoto contro ogni volontà di continuare a riprodurre tra di noi le parole di Caino: “Sono forse io il custode di mio fratello?”» (Gen 4,9).
Il Pontefice si è poi rivolto a tutta la comunità sottolineando che «ciascun battezzato si senta coinvolto nella trasformazione ecclesiale e sociale di cui tanto abbiamo bisogno. Tale trasformazione esige la conversione personale e comunitaria e ci porta a guardare nella stessa direzione dove guarda il Signore. Così amava dire San Giovanni Paolo II: “Se siamo ripartiti davvero dalla contemplazione di Cristo, dovremo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi” (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 49). Imparare a guardare dove guarda il Signore, a stare dove il Signore vuole che stiamo, a convertire il cuore stando alla sua presenza. Per questo scopo saranno di aiuto la preghiera e la penitenza. Invito tutto il santo Popolo fedele di Dio all’esercizio penitenziale della preghiera e del digiuno secondo il comando del Signore, che risveglia la nostra coscienza, la nostra solidarietà e il nostro impegno per una cultura della protezione e del “mai più” verso ogni tipo e forma di abuso».
Tutti i fedeli, dunque, sono coinvolti e proprio il sentirci “Popolo di Dio” ci consentirà di «riconoscere i nostri peccati e gli errori del passato con un’apertura penitenziale capace di lasciarsi rinnovare da dentro».
Ed è la penitenza unita alla preghiera a sensibilizzarci di fronte alla sofferenza degli altri. «Che il digiuno e la preghiera aprano le nostre orecchie al dolore silenzioso dei bambini, dei giovani e dei disabili. Digiuno che ci procuri fame e sete di giustizia e ci spinga a camminare nella verità appoggiando tutte le mediazioni giudiziarie che siano necessarie. Un digiuno che ci scuota e ci porti a impegnarci nella verità e nella carità con tutti gli uomini di buona volontà e con la società in generale per lottare contro qualsiasi tipo di abuso sessuale, di potere e di coscienza».
Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme, diceva San Paolo ed esempio migliore da seguire non può essere che la Madonna. «Maria ha saputo stare ai piedi della croce del suo Figlio. Non l’ha fatto in un modo qualunque, ma è stata saldamente in piedi e accanto ad essa. Con questa posizione esprime il suo modo di stare nella vita. Quando sperimentiamo la desolazione che ci procurano queste piaghe ecclesiali, con Maria ci farà bene “insistere di più nella preghiera” (cfr S. Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, 319), cercando di crescere nell’amore e nella fedeltà alla Chiesa. Lei, la prima discepola, insegna a tutti noi discepoli come dobbiamo comportarci di fronte alla sofferenza dell’innocente, senza evasioni e pusillanimità. Guardare a Maria vuol dire imparare a scoprire dove e come deve stare il discepolo di Cristo».

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