Di mattino presto ci incamminiamo verso Betlemme. Andiamo al campo dei pastori, i primi interlocutori degli angeli, primi a ricevere l’annuncio dell’Incarnazione, primi spettatori della grande gioia annunciata al mondo.
Ci abbassiamo poi davanti a questo mistero, per entrare in esso umilmente, la porta della Basilica della natività, ci “costringe” a questo gesto, con il suo stipite basso. Comprendiamo che questo è l’atteggiamento più fecondo per entrare nella logica dell’abbassamento di Dio, della sua spoliazione. Sostiamo grati davanti alla stella che segnala il luogo dove Gesù è stato deposto.
Cantiamo il Magnificat insieme a Maria ed Elisabetta, nella chiesa che ricorda il loro incontro di fede e di lode.
Con gioia visitiamo la casa della Comunità Sodc a Betania e celebriamo con le sorelle la santa messa. Proseguiamo verso la cappella dell’Ascensione e riascoltiamo le parole di Gesù: Uomini, perché state a guardare il cielo? È tempo di missione!
Entriamo nella chiesa che ricorda il luogo dove Gesù ha insegnato il Padre nostro, la preghiera dei figli. La vediamo tradotta e affissa sulle pareti in tutte le lingue. Davvero il linguaggio della preghiera unisce tutti i credenti nella profondità dei sentimenti di Cristo.
Scendiamo verso il Getsemani e cerchiamo di cogliere i sentimenti di angoscia e di dono di Cristo, passando in mezzo agli ulivi secolari che lo hanno accolto la notte del tradimento e sostando dentro la pace e il silenzio della basilica.
Andiamo al Cenacolo e riascoltiamo la consegna di Gesù della sua vita attraverso il suo corpo e il suo sangue e concludiamo il nostro pellegrinaggio in Terra Santa ritornando al Calvario. Dove Gesù è stato crocifisso celebriamo l’Eucarestia e decidiamo anche noi di essere dono di vita per gli altri.
Finisce così il nostro pellegrinaggio, con la certezza che Gesù è sempre con noi e ci renderà capaci di dono.