Rivolgendosi ai partecipanti all’Assemblea plenaria della Congregazione per la dottrina della fede, il 30 gennaio u.s., papa Francesco è tornato a riflettere sulla cosiddetta “cultura dello scarto” che sembra ancora ampiamente presente nel nostro contesto socio-culturale dove si tende a considerare “vite scartate” o “vite indegne” quelle che non rispondono ai criteri di efficienza e utilitarismo imposti da una società forse troppo protesa al benessere a tutti i costi. La dottrina cristiana – afferma papa Francesco – non è un sistema rigido e chiuso in sé, ma nemmeno un’ideologia che muta con il passare delle stagioni; è una realtà dinamica che, rimanendo fedele al suo fondamento, si rinnova di generazione in generazione e si compendia in un volto, in un corpo e in un nome: Gesù Cristo risorto.
Ed è proprio la figura del risorto che deve orientare i cristiani verso i bisogni e le richieste del prossimo – specialmente se sofferente – stimolando una sana cultura della vita anche quando questa è soggetta alla malattia e ai suoi negativi risvolti fisici, psicologici e spirituali. E’ per questo che “quando la malattia bussa alla porta della nostra vita, affiora sempre più in noi il bisogno di avere accanto qualcuno che ci guardi negli occhi, che ci tenga la mano, che manifesti la sua tenerezza e si prenda cura di noi, come il Buon Samaritano della parabola evangelica”.
Prendersi cura dei malati, specialmente nella fasi evolutive e terminali della vita, costituisce uno dei compiti principali della Chiesa che deve creare attorno alle persona inferma quella che Papa Francesco chiama una “vera e propria piattaforma umana di relazioni” in grado di coadiuvare le cure mediche sostenendo la speranza, soprattutto in quelle dolorose situazioni in cui al male fisico si affianca lo sconforto emotivo e l’angoscia spirituale.