Il 17 maggio 1947, il Beato Luigi Novarese, insieme a Sorella Elvira Myriam Psorulla, fondava il Centro Volontari della Sofferenza.
Era il tempo della ricostruzione, ma anche di grandi ferite fisiche, morali e spirituali lasciate dalla guerra. In quel contesto, Novarese lanciava un messaggio rivoluzionario: la sofferenza non è un peso da nascondere, ma una vocazione da vivere.
Con coraggio e visione profetica, affermava che la persona malata o ferita non è solo oggetto di cura, ma può essere protagonista attivo nella Chiesa e nel mondo, se unisce la propria sofferenza a quella di Cristo, con Maria.
Oggi, 77 anni dopo, il messaggio del Beato Novarese risuona con forza nuova, soprattutto in un mondo dove la fragilità fa paura, la sofferenza viene spesso nascosta, e il dolore sembra non avere più senso.
In questo scenario, la testimonianza di Megan Hjelmstad, autrice cattolica americana e madre militare, ci aiuta a riscoprire tutta l’attualità spirituale del carisma del CVS. Nel suo libro “Offer It Up”, Megan racconta la sua battaglia con malattie croniche, perdite, limiti fisici e domande profonde. Ma soprattutto, racconta una scoperta: offrire la sofferenza a Dio cambia tutto.
Megan descrive con sincerità il combattimento interiore che ognuno di noi affronta nel dolore:
Da una parte, la voce che dice: “Non lamentarti, non pensarci, tirati su” – una forma di stoicismo freddo, che ci isola.
Dall’altra, la tentazione di sentirsi “i più sfortunati del mondo”, di dire: “Perché proprio a me?” – la mentalità vittimistica, che ci imprigiona.
Entrambi questi atteggiamenti – scrive – non lasciano spazio a Gesù. Non lo lasciano entrare nel nostro dolore.
Il vero cammino spirituale, quello che il Beato Novarese ha tracciato e Megan oggi riscopre, è invitare Gesù dentro la propria ferita. Non fuggire, non chiudersi, ma aprire il cuore e offrire.
Il Centro Volontari della Sofferenza non è nato per eroi della fede, ma per persone reali, ferite, stanche, ma aperte alla speranza.
In questo anniversario, vogliamo rilanciare il cuore dell’Opera:
Non è necessario “sentirsi forti”: basta dire “sì” a Gesù, anche piangendo.
Non è necessario capire tutto: basta fidarsi che Dio trasforma tutto in bene per chi lo ama.
Non è necessario fare grandi cose: anche il dolore nascosto, se offerto, è fecondo.
“Gesù, ti do questo momento. Gesù, entra nel mio dolore. Gesù, usalo per qualcosa di buono.”
Anche un semplice mal di testa, una notte insonne, un senso di solitudine… se offerti, possono diventare preghiera e salvezza per qualcuno.
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