In una Piazza San Pietro insolitamente sotto la pioggia, si è celebrata questa mattina, 5 ottobre 2025, la santa Messa per il Giubileo dei Migranti e del Mondo Missionario.

“Una bella occasione – ha detto il Papa – per ravvivare in noi la coscienza della vocazione missionaria, che nasce dal desiderio di portare a tutti la gioia e la consolazione del Vangelo, specialmente a coloro che vivono una storia difficile e ferita. Penso in modo particolare ai fratelli migranti, che hanno dovuto abbandonare la loro terra, spesso lasciando i loro cari, attraversando le notti della paura e della solitudine, vivendo sulla propria pelle la discriminazione e la violenza”.

Tutta la Chiesa è missionaria! Lo slogan coniato da Papa Francesco si ripete oggi sulle labbra di Leone XIV. Perché “lo Spirito ci manda a continuare l’opera di Cristo nelle periferie del mondo, segnate a volte dalla guerra, dall’ingiustizia e dalla sofferenza”.

Quante situazioni di buio ci sono attualmente in tutto il mondo e il credente stesso è messo alla prova nella fede che il Risorto trasformerà ogni cosa. “Se il profeta denuncia la forza ineluttabile del male che sembra prevalere, il Signore dal canto suo gli annuncia che tutto questo avrà un termine, una scadenza, perché la salvezza verrà e non tarderà. C’è una vita, una nuova possibilità di vita e di salvezza che proviene dalla fede, perché essa non solo ci aiuta a resistere al male perseverando nel bene, ma trasforma la nostra esistenza tanto da renderla uno strumento della salvezza che Dio ancora oggi vuole operare nel mondo”.

Questa, però, “si realizza quando ci impegniamo in prima persona e ci prendiamo cura, con la compassione del Vangelo, della sofferenza del prossimo; è una salvezza che si fa strada, silenziosa e apparentemente inefficace, nei gesti e nelle parole quotidiane, che diventano proprio come il piccolo seme di cui ci parla Gesù; è una salvezza che lentamente cresce quando ci facciamo “servi inutili”, cioè quando ci mettiamo al servizio del Vangelo e dei fratelli senza cercare i nostri interessi, ma solo per portare nel mondo l’amore del Signore”.

La riflessione del Santo Padre prosegue indicando poi un nuovo modo di pensare alla missione. “Se per lungo tempo alla missione abbiamo associato il “partire”, l’andare verso terre lontane, oggi le frontiere della missione non sono più quelle geografiche, perché la povertà, la sofferenza e il desiderio di una speranza più grande, sono loro a venire verso di noi. Ce lo testimonia la storia di tanti nostri fratelli migranti, il dramma della loro fuga dalla violenza, la sofferenza che li accompagna, la paura di non farcela, il rischio di pericolose traversate lungo le coste del mare, il loro grido di dolore e di disperazione: fratelli e sorelle, quelle barche che sperano di avvistare un porto sicuro in cui fermarsi e quegli occhi carichi di angoscia e speranza che cercano una terra ferma in cui approdare, non possono e non devono trovare la freddezza dell’indifferenza o lo stigma della discriminazione!

Non si tratta tanto di “partire”, quanto invece di “restare” per annunciare il Cristo attraverso l’accoglienza, la compassione e la solidarietà: restare senza rifugiarci nella comodità del nostro individualismo, restare per guardare in faccia coloro che arrivano da terre lontane e martoriate, restare per aprire loro le braccia e il cuore, accoglierli come fratelli, essere per loro una presenza di consolazione e speranza”.