Uno spiraglio di speranza si apre sul difficile percorso di pace fra Israele e Hamas.
La notizia è stata divulgata dal presidente Usa Donald Trump, poco prima dell’una italiana, annunciando il raggiungimento dell’accordo in Medio Oriente. Secondo l’intesa, l’Idf si ritirerà da gran parte della Striscia (resterà solo a Rafah). Poi entro 72 ore gli ostaggi ancora vivi saranno liberati.
La firma dell’accordo a Gaza potrebbe avvenire già questa mattina, il cessate il fuoco dovrebbe entrare in vigore sul terreno a Gaza appena firmato l’accordo, i prigionieri potrebbero essere liberati già da sabato e al più tardi entro lunedì.

Intensifichiamo la preghiera perché tutto si possa compiere senza ulteriori ostacoli.

Il cardinale Pizzaballa commenta: “È un primo passo importante e lungamente atteso. Nulla è ancora del tutto chiaro e definito, ci sono ancora molte domande che attendono risposta, molto resta da definire, e non dobbiamo farci illusioni. Ma siamo lieti che vi sia comunque qualcosa di nuovo e positivo all’orizzonte.
Gioiamo soprattutto per la fine delle ostilità, che ci auguriamo non sia temporanea, che porterà sollievo agli abitanti di Gaza. Gioiamo anche per tutti noi, perché la possibile fine di questa guerra orribile, che davvero sembra ormai vicina, potrà finalmente segnare un nuovo inizio per tutti, non solo israeliani e palestinesi, ma anche per tutto il mondo. Dobbiamo comunque restare con i piedi per terra. Molto resta ancora da definire per dare a Gaza un futuro sereno. La cessazione delle ostilità è solo il primo passo – necessario e indispensabile – di un percorso insidioso, in un contesto che resta comunque problematico.

Non siamo qui per dire una parola politica, né per offrire una lettura strategica degli eventi. Il mondo è già pieno di parole simili, che raramente cambiano la realtà. Ci interessa, invece, una visione spirituale che ci aiuti a restare saldi nel Vangelo. Questa guerra, infatti, interroga le nostre coscienze ed è all’origine di riflessioni, non solo politiche ma anche spirituali.
Le immagini sono devastanti, ci sconvolgono e ci pongono davanti a ciò che san Paolo ha chiamato «il mistero dell’iniquità» (2Ts 2,7), che supera la comprensione della mente umana. Corriamo il rischio di abituarci alla sofferenza, ma non deve essere così. Ogni vita perduta, ogni ferita inflitta, ogni fame sopportata rimane uno scandalo agli occhi di Dio.

Da soli non riusciremo a comprendere questo mistero. Con le nostre sole forze non riusciremo a stare di fronte al mistero del male e a resistergli. Per questo sento sempre più impellente il richiamo a tenere fisso lo sguardo su Gesù (cf. Eb 12,2). Solo così riusciremo a mettere ordine dentro di noi e a guardare alla realtà con occhi diversi.
E insieme a Gesù, come comunità cristiana vorremmo raccogliere le tante lacrime di questi due anni: le lacrime di chi ha perso parenti, amici, uccisi o rapiti, di chi ha perso casa, lavoro, paese, vita, vittime innocenti di una resa dei conti di cui ancora non si vede la fine”.