Per il viaggio in Libano, ormai in via di conclusione, il logo ufficiale scelto è quella dell’ancora, “Papa Francesco, – ricorda Papa Leone – la evocava spesso nei suoi discorsi come segno della fede, che permette di andare sempre oltre, anche nei momenti più oscuri, fino al cielo. Diceva: «La nostra fede è l’ancora in cielo. Noi abbiamo la nostra vita ancorata in cielo. Cosa dobbiamo fare? Aggrapparci alla corda. E andiamo avanti perché siamo sicuri che la nostra vita ha come un’ancora nel cielo, su quella riva dove arriveremo» (Udienza generale, 26 aprile 2017). Se vogliamo costruire pace ancoriamoci al Cielo e, lì saldamente diretti, amiamo senza timore di perdere ciò che passa e doniamo senza misura”.

Anche il motto è significativo: Beati gli operatori di pace. “La Chiesa in Libano, unita nei suoi molteplici volti, è un’icona di queste parole, come affermava San Giovanni Paolo II, tanto affezionato al vostro Popolo: «Nel Libano di oggi – diceva – voi siete responsabili della speranza» (Messaggio ai cittadini del Libano, 1° maggio 1984); e aggiungeva: «Create, là dove vivete e lavorate, un clima fraterno. Senza ingenuità, sappiate dare fiducia agli altri e siate creativi per far trionfare la forza rigeneratrice del perdono e della misericordia»”.

Parla anche dei cedri, il Santo Padre, ricordandoli nella loro presenza nelle Scritture. “Da queste radici, forti e profonde come quelle dei cedri, l’amore cresce e, con l’aiuto di Dio, prendono vita opere concrete e durature di solidarietà”.

Il Papa parla anche di san Charbel che “parlando della sua esperienza di apostolato nelle carceri, ha detto che proprio lì, dove il mondo vede solo muri e crimini, negli occhi dei detenuti, a volte smarriti, a volte illuminati da una nuova speranza, noi vediamo la tenerezza del Padre che non si stanca mai di perdonare. Ed è proprio così: vediamo il volto di Gesù, riflesso in quello di chi soffre e di chi si prende cura delle ferite che la vita ha provocato”.

Al termine dell’incontro nel Santuario di Nostra Signora del Libano (Harissa), il Santo Padre ha offerto una Rosa d’oro alla Vergine. “È un gesto antico, che ha tra i suoi significati quello di esortarci ad essere, con la nostra vita, profumo di Cristo (cfr 2Cor 2,14). Davanti a questa immagine, mi viene da pensare al profumo che sale dalle tavole libanesi, tipiche per la varietà dei cibi che offrono e per la forte dimensione comunitaria del condividerli. È un profumo fatto di mille profumi, che colpiscono nella loro diversità e talvolta nel loro insieme. È così il profumo di Cristo. Non è un prodotto costoso riservato a pochi che se lo possono permettere, ma l’aroma che si sprigiona da una mensa generosa su cui trovano posto tante pietanze diverse e da cui tutti possono attingere insieme. Sia questo lo spirito del rito che ci apprestiamo a compiere, e soprattutto quello con cui ogni giorno ci sforziamo di vivere uniti nell’amore”.