Dopo le polemiche sarà riscritto il documento della Commissione Europea che invita a non usare parole e nomi che non garantirebbero “il diritto di ogni persona ad essere trattata i maniera uguale”. Anche il cardinale Parolin aveva fatto presente la sua contrarietà: “Non è così che si combattono le discriminazioni”.

In periodo di pandemia sembra che, invece di rendere la cose più agevoli e facili da gestire, ce la si metta tutta per complicare la vita ai più. Il fatto che augurare un buon Natale appaia discriminante riguardo altre confessioni religiose, determinando disparità fuori luogo, così come anche nominare il nome di Maria, appare un’iperbole dal retrogusto amaro perché se c’è una festività che può in qualche modo rasserenare il cuore della maggior parte delle persone questa è proprio il Natale.

Se l’Unione Europea pensasse ad altri problemi complessi, come quello di una pandemia che appare sempre di più fuori controllo e flagella soprattutto i Paesi più poveri, come le diseguaglianze sociali, i disoccupati disseminati lungo tutto il continente, le nuove povertà che incalzano, forse il problema del dire o non dire buon Natale non sarebbe stato neppure sfiorato.

Il sedicente manuale per la comunicazione dell’Unione Europea praticamente suggeriva di evitare determinate parole come “Miss” e “Mrs”, ma anche “Natale” e nomi come “Maria” o “Giovanni”.

Fortunatamente il manuale è stato ritirato ed ora siamo in attesa di eventuali elaborazioni future che, si spera, siano meno esagerate e irrazionali.