La sofferenza, il dolore, la malattia, la povertà possono di­ventare beni preziosissimi, moneta di conquista e di riscatto, mezzi di redenzione e di salvezza per se stessi e per gli altri se accetta­ti (“volontarietà”) ed uniti alla croce di Cristo.

E’ in questa visuale di speranza che Mons. Novarese ha aiutato gli ammalati a capire che non sono solo “oggetti di carità” ma “sog­getti di azione e di pastorale” nel cuore della Chiesa, soprattutto nei confronti degli altri fratelli di dolore: “l’ammalato per mezzo dell’ammalato”. In tal modo l’ammalato trasmetterà agli altri suoi fratelli di dolore la “consolazione dello Spirito” che il Signore “Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione” concede proprio perché sia trasmessa a “quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione” (2 Cor 1,3‑4). E come gioì Mons. Novarese quando ricevette dal Papa Giovanni Paolo II, in data 24 febbraio 1983, la lettera autografa che autenticava questo dinamismo apostolico dell’ammalato: “L’ammalato, uscendo dal suo isolamento ‑ dice il Papa ‑ porti agli altri fratelli infermi coraggio, sostegno, speranza e gioia di vivere”.

Questo discorso sulla gioia cristiana nel dolore è stato la caratteristica della sua predicazione sulla croce: una gioia vera, fondata sulla consolazione dello spirito che deriva all’ammalato dall’amore di Dio nel cuore e da questa viva speranza.

 

[Fonte: Profilo biografico di Mons. Luigi Novarese redatto da Don Tonino Giorgini – Fondo Novarese Causa di Beatificazione]