«Oggi il Centro Volontari della Sofferenza compie settant’anni. Il compleanno di una Associazione che, pur essendo stata fondata il 17 marzo 1947, resta giovane. Merito del suo fondatore, Luigi Novarese. La Chiesa, proclamandolo beato lo ha indicato come “esempio per il popolo di Dio nei secoli a venire”. Infatti l’insegnamento che Novarese ha trasmesso al CVS continua ad essere la luce che guida gli ammalati lungo le tenebre della sofferenza. Così come la sua spiritualità, ispirata al Cristo risorto e vittorioso sulla morte, continuerà ad illuminare il cammino anche negli anni che verranno». Queste le prime parole di Mauro Anselmo, biografo di Monsignore, che ha pronunciato lo scorso 17 maggio in occasione del Settantesimo della fondazione del CVS durante l’incontro tenutosi nella cappella dell’Ospedale “Cardinal Massaia” di Asti.
Dopo i saluti e ringraziamenti da parte del Responsabile diocesano Davide Vecchio e della coordinatrice regionale Giovannina Vescio, Anselmo ha parlato dell’insegnamento di Monsignore: «Novarese fonda il CVS quattro anni dopo la fondazione della Lega Sacerdotale Mariana. Ha le idee chiare perché il suo progetto è maturato dalla sua esperienza personale. Ricordiamolo: malato a nove anni, guarito per grazia divina, ha vissuto la sofferenza sulla sua pelle. E ha capito che il Signore lo voleva sacerdote e lo chiamava a dedicare la vita ai malati.
Novarese ha agito sue due piani: il piano della fede e quello dell’assistenza medica.
Sul piano della fede ha aperto ai malati un cammino di libertà nella prova della sofferenza, insegnando che il Signore voleva i malati soggetti attivi, imitatori di Cristo, evangelizzatori del mondo e protagonisti della vita della Chiesa.
Sul piano dell’assistenza medica ha trasmesso ai malati la consapevolezza di essere portatori di diritti e dignità, ha cambiato il modo con il quale pensavano se stessi e la malattia e ha richiamato con forza l’attenzione della medicina sulla dimensione interiore del malato, spiegando ai medici del suo tempo come la vita spirituale del malato possa rivelarsi una risorsa, un aiuto terapeutico importante nel modo di affrontare la malattia».
Un incontro molto seguito che ha suscitato interesse fra i partecipanti.
«Anselmo ci ha aiutati a capire quanto è stata grande l’intuizione del beato Luigi a dedicare la sua vita ai malati e sofferenti, portando speranza non di guarigione fisica ma interiore con l’aiuto della preghiera. Abbiamo terminato l’incontro con una bella frase condivisa da tutti “la Vita è bella, stupenda, basta saperla apprezzare e viverla nella luce d’amore e di fraternità”».