«Va contrastata la tendenza a svilire l’uomo malato a macchina da riparare, senza rispetto per principi morali, e a sfruttare i più deboli scartando quanto non corrisponde all’ideologia dell’efficienza e del profitto. La difesa della dimensione personale del malato è essenziale per l’umanizzazione della medicina, nel senso anche della “ecologia umana”». Papa Francesco si è rivolto con queste parole ai medici della alla Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici (FIAMC) che hanno incontrato il Santo Padre nella Stanza dei Papi in Vaticano ieri, 28 maggio.
Riusciamo a riconoscere in queste affermazioni, temi cari al nostro Padre fondatore: l’umanizzazione della medicina, l’importanza della dimensione spirituale nel percorso di guarigione dell’ammalato, la dignità del sofferente.
Ricordiamo a questo proposito le parole del dottor Alberto Cavanna, medico della direzione sanitaria della Casa di cura “Mons. Luigi Novarese” di Moncrivello (VC), scomparso quattro anni fa, che ben aveva interiorizzato il messaggio di Monsignore: «Il lavoro svolto in questi anni ci ha permesso di capire che non basta agire solo sul sintomo specifico della malattia, ma che la guarigione passa anche attraverso all’attenzione che si dà alla persona considerata nella totalità del suo essere».
Un medico, dunque, che parlava di spiritualità. Come ha detto ieri papa Francesco: «La vostra qualifica di “medici cattolici” vi impegna ad una permanente formazione spirituale, morale e bioetica al fine di mettere in atto i principi evangelici nella pratica medica, partendo dal rapporto medico-paziente fino ad arrivare all’attività missionaria per migliorare le condizioni di salute delle popolazioni nelle periferie del mondo. La vostra opera è una forma peculiare di solidarietà umana e di testimonianza cristiana; il vostro lavoro, infatti, è arricchito con lo spirito di fede. Ed è importante che le vostre associazioni si impegnino per sensibilizzare a tali principi gli studenti di medicina e i giovani medici, coinvolgendoli nelle attività associative. L’identità cattolica non compromette la vostra collaborazione con coloro che, in una diversa prospettiva religiosa o senza un credo specifico, riconoscono la dignità e l’eccellenza della persona umana quale criterio della loro attività. La Chiesa è per la vita, e la sua preoccupazione è che nulla sia contro la vita nella realtà di una esistenza concreta, per quanto debole o priva di difese, per quanto non sviluppata o poco avanzata. Essere medici cattolici, quindi, è sentirsi operatori sanitari che dalla fede e dalla comunione con la Chiesa ricevono l’impulso per rendere sempre più matura la propria formazione cristiana e professionale, infaticabile la propria dedizione, inesauribile il bisogno di penetrare e conoscere le leggi della natura per meglio servire la vita (cfr Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 24)».
Nel concludere il suo intervento, Francesco ha raccomandato ai medici di difendere la libertà di coscienza: «Non è accettabile che il vostro ruolo venga ridotto a quello di semplice esecutore della volontà del malato o delle esigenze del sistema sanitario in cui lavorate».
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