E’ la parabola dei talenti tratta dal Vangelo secondo Matteo al centro dell’omelia del Papa nella Messa per la IV Giornata mondiale dei poveri. Francesco spiega che il racconto dei servi a cui il padrone affida le sue ricchezze perché, in sua assenza, le facciano fruttare, contiene un insegnamento che illumina tutta la nostra vita.

Il beato Luigi Novarese, a proposito della povertà affermava che l’attaccamento alla ricchezza “vuol dire attaccamento e uso indebito di quanto si possiede. Ciò si oppone alla povertà, scelta e promessa quale tenore di vita. Tutto il consiglio evangelico sulla povertà va richiamato […]. Contrasta con la povertà l’uso indiscreto e sconsiderato dei mezzi di vita e di apostolato. Devo abituarmi a servirmi dei mezzi per quel che è necessario ma non in più del necessario”. Parole quanto mai attuali in un’epoca in cui il consumismo – nonostante le limitazioni imposte dalla pandemia – pare imporsi sempre di più a livello collettivo.

Si avvicina il tempo del Natale – ha detto Papa Francesco nella sua omelia –  il tempo delle feste. Quante volte, la domanda che si fa tanta gente: “Cosa posso comprare? Cosa posso avere di più? Devo andare nei negozi […] a comprare”. Diciamo l’altra parola: “Cosa posso dare agli altri, per essere come Gesù, che ha dato sé stesso e nacque proprio in quel presepio?”. Chi non fa così spreca la sua vita e alla fine “resterà povero”. “Chiediamo la grazia di non essere cristiani a parole – conclude Papa Francesco – ma nei fatti. Per portare frutto, come desidera Gesù”.