È di dicembre la notizia che la sonda della Nasa, New Horizons, ha raggiunto lo spazio profondo e ha individuato una luce sconosciuta. Lo spazio profondo fa venire in mente una serie famosa di fantascienza. Eppure è una realtà, dalla quale siamo lontanissimi, e che non cessa di provocare stupore anche negli scienziati che pur di mestiere sono abituati a scrutare l’infinito.
Lanciata nel 2006 alla scoperta di Plutone, la sonda New Horizons continua a svolgere il compito di esplorare le periferie del nostro sistema solare. E trova una luce “sconosciuta”.
Non è di nostra competenza comprendere in cosa consiste e da dove proviene. Però è bello, in questo nuovo anno che comincia (forse sotto cattivi auspici; ancora non si conoscono bene le conseguenze anche psicologiche della pandemia) scoprire che c’è una luce là dove si pensava ci fosse solo oscurità.
“Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte” (Lc 1, 78-79).
Grazie al Figlio di Dio incarnato, che guida i nostri passi nell’oscurità, tutto è chiamato a venire alla luce. E questo nuovo anno che comincia non si sottrae a questa luce potente. Dopo le ombre dei giorni trascorsi, orizzonti nuovi (non solo quelli che individua la sonda della Nasa) possono offrire un’altra visione.

È significativo che il nuovo anno cominci sotto il segno della maternità di Maria. Ma anche nel segno della paternità, dal momento che il Papa ci addita san Giuseppe come compagno di viaggio per quest’anno. E così silenzio, umiltà, custodia, attenzione, coniugati sapientemente da Maria e Giuseppe nella loro vita semplice di Nazareth, sono ottime virtù con cui riempire lo spazio profondo del cuore.