Alcuni pensieri del Servo di Dio Fausto Gei per il mese di Settembre

Soffriamo molto del poco che ci manca e godiamo poco del molto che abbiamo.

Cerchiamo di essere molto comprensivi con i nostri fratelli di sofferenze. La comprensione è una boa di salvataggio per l’uomo che soffre.

Come le lampade servono a diffondere la luce della centrale elettrica, così i malati servono a diffondere la luce di Dio.

Dovremo leggere il Vangelo con maggior assiduità. Scopriamo che Esso è come il ciclo stellato: quanto più lo si scruta, tante più stelle si vedono.

Dio non vuole la nostra sofferenza. Egli, talvolta, desidera vedere la nostra prontezza e la nostra generosità nel donarci.

Perché non siamo sereni nella malattia? Per­ché non l’accettiamo. E meno faticoso portare la Croce che trascinarla.

Non giudichiamo male i nostri simili per un atto inconsulto, ma pensiamo che ogni persona ha i suoi lati buoni.

Di rado, troppo di rado le consolazioni umane raggiungono la profondità del cuore dove si sono insediati i dolori più atroci. È necessaria la consolazione celeste e la Vergine Maria non mancherà di darcela.

La Croce è un albero molto frondoso la cui ombra ristora il viandante stanco e lo invita a ri­posare.

II Cuore di Maria Santissima, che fu trapassato sette volte dalla spada del dolore, ci aiuterà a superare tutte le amarezze della vita e le addolcirà. Una buona mamma sa addolcire anche le amicizie più amare per renderle gradevoli al palato del figlio sofferente.

Amare non è cercare il proprio bene, ma volere il bene degli altri. Il bene si diffonde come il profumo di una rosa: più s’innalza, più si estende.

Il volto sereno e radioso del sofferente indica che possiede Dio, che è contento di fare la Sua volontà, che prova la gioia di offrire tutto donandosi per gli altri.

La nostra è presunzione e incapacità di valutare esattamente le cose? Ci definiamo caritatevoli per qualche aiuto che diamo ai nostri fratelli e non pensiamo che la carità non conosce «soluzione di continuità».

Duri e severi mai; caritatevoli e comprensivi sempre!

II valore intrinseco della sofferenza serve a cancellare ogni turbamento.

Ciò che manca a molti cristiani è di essere veramente cristiani.

La sofferenza posta nelle mani di Gesù è come l’arbusto nelle mani del giardiniere: le piante si potano per renderle più rigogliose.

Se vogliamo coltivare le rose, dobbiamo coltivare anche le spine.

Chi non ha mai sofferto, difficilmente sa compatire fino in fondo: solo il dolore rivela una sublime superiorità nel perdono.

La Croce che si innalza al bivio, sia per noi come l’incontro di un amico che è sempre là ad attenderci.

 

[Pensieri tratti dal libro di Fausto Gei “Una sofferenza serena” Edizioni CVS]