UNA RIFLESSIONE DEL BEATO LUIGI NVARESE SUL CUORE IMMACOLATO DI MARIA

 

La prima Lettura ci descrive la gioia dell’Immacolata attraverso il Profeta Isaia (61:10-11), perché è stata rivestita delle vesti di salvezza ed avvolta con il manto della giustizia. L’Apocalisse direbbe che l’Immacolata è stata portata sopra terra inaccessibile al demonio, quindi l’Immacolata è stata concepita fin dall’inizio libera da qualsiasi tara di peccato, per cui il Signore sempre ha abitato in lei e lei sempre fu tempio vivo dello Spirito Santo. Nella proclamazione poi del grande mistero della maternità che si era operato in essa, la Vergine Santa non dubita di attribuire tutte queste grazie al Signore mio Salvatore, per cui gioiva pienamente in Dio mio salvatore. E lo diceva realmente in tutte le maniere che il Signore aveva in essa operato tante meraviglie, per cui tutte le Nazioni l’avrebbero chiamata beata.

 

Nella seconda Lettura (Lc 2,41-51) noi abbiamo due punti che sono immediatamente aperti alla nostra considerazione. Il primo punto viene dallo scontro di una domanda e di una risposta, vale a dire della domanda dell’Immacolata al suo Divin Figliolo: “Perché ci hai fatto così?” e la Madonna mette dinanzi al cuore del suo Divin Figlio il dolore e l’angoscia del padre suo e lei si pone in secondo ordine: “ecco tuo padre ed io angosciati ti cercavamo”. Mette dinanzi a Gesù un diritto di famiglia, il diritto del padre, padre legale, evidentemente, quindi padre putativo, ma padre di fronte alla legge e dì fronte a tutti, per cui un padre che ama e che è angosciato. Gesù immediatamente da una risposta che lascia perplessi e a sua volta fa una domanda a tutti e due: “Perché mi cercavate? Non sapevate?”. In realtà lo sapeva l’Immacolata, “perché colui che nascerà da te sarà il Santo, libererà Israele, sarà veramente il Salvatore”. Lo sapeva altrettanto anche Giuseppe, perché l’aveva sentito in sogno: “non temere di prendere Maria in sposa, perché colui che nascerà da lei sarà anch’egli Figlio di Dio, sarà salvatore”. Ed allora sapevano tutti e due il disegno di Dio ed allora se sapevano il disegno di Dio dovevano pur comprendere che Egli (la conseguenza) doveva occuparsi delle cose del Padre suo.

Quindi al di sopra della natura umana ci sono degli interessi divini, al di sopra dei legami della famiglia, dei legami del sangue, dei legami dell’amicizia c’è un legame divino che sorpassa qualsiasi altro legame e viene realmente posto al di sopra di tutto e di tutti e ha le sue profonde esigenze, anche dolorose, quelle del distacco e di occuparsi unicamente delle cose di Dio, anziché di occuparsi del padre e della madre. Ed allora l’Immacolata, di fronte a quella risposta, dice chiaramente che tutti e due non compresero le sue parole, sapevano che Gesù era Figlio di Dio, sapevano la sua missione e l’attendevano con trepidazione entrambe, perché vedendo il bambino vedevano sempre un frutto che maturava per essere colto, essere stritolato, quindi vedevano la vittima che si preparava per l’immolazione; lo sapevano. Però come, quando… quello era nei disegni del Padre e quindi loro non sapevano come i! Signore avrebbe realizzato i tempi ed i modi della sua offerta ed incominciava subito, appena al cosiddetto uso della ragione, a dodici anni, quando il bambino veniva presentato ecco che immediatamente incomincia lui a occuparsi delle cose del Padre suo.

Rimane sempre come un motto, come un desiderio profondo del cuore di Cristo la volontà del Padre “occuparmi delle sue cose” e quello era il mistero dell’Immacolata, l’incognito, perché mettersi al servizio di Dio vuoi dire proprio mettersi a! servizio di una vocazione che si sa quando incomincia, si sa con precisione dove ci porta, ma non si sa come si svolge e come termina. Certo termina con un frutto di santità, perché noi dobbiamo arrivare ad una maturazione perfetta, ma come si svolge e come termina, come si raggiunge questa santità è tutto un itinerario che si svolge soltanto attraverso la volontà del Padre che si manifesta alle creature e si manifesta attraverso le cause seconde, si manifesta attraverso la strada che si è abbracciata, si manifesta attraverso i Superiori, attraverso le parole di incoraggiamento, attraverso le parole di indirizzo, attraverso le parole di riprensione, attraverso tutto quello che procede dalla bocca di coloro che hanno la responsabilità delle anime nostre.

Ed allora quale il nostro atteggiamento? Il nostro atteggiamento, ecco il secondo punto, l’atteggiamento è quello dell’Immacolata “sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore”. Le serbava nel suo cuore perché l’Immacolata viveva nel silenzio interiore, aveva Dio innanzitutto, aveva il cuore ripieno di Dio e lei era realmente un tabernacolo vivente di Dio, tanto vivente che Dio stesso, il Figlio di Dio, ha abitato e preso carne nel suo cuore virgineo. Perciò l’Immacolata era silenziosamente, continuamente protesa al Signore senza minimamente preoccuparsi di quello che toccava la sua persona. Quando diciamo “senza nemmeno minimamente preoccuparsi di quanto poteva toccare la sua persona” noi abbiamo dinanzi il dubbio chiaro di San Giuseppe, per cui l’Immacolata soffriva, ma in silenzio; in silenzio guardava al Signore, in silenzio si abbandonava, in silenzio serviva, in silenzio continuava la sua vocazione senza nemmeno rivolgersi tanti interrogativi. L’Immacolata si è offerta, l’Immacolata viveva nel silenzio la sua donazione e cercava di maturare in Dio. Ed allora, vivendo nel silenzio del suo cuore, l’Immacolata confrontava tutto il disegno di Dio. Come dicevamo un istante fa, noi dobbiamo contemplare tutto quello che viene a noi attraverso le cause seconde, attraverso lo Statuto, attraverso i Superiori, attraverso quello che dicono per poter realmente noi pure maturare nel disegno del Signore la nostra personale vocazione. Però c’è un punto che noi, quando diciamo questo, non lo prendiamo troppo in considerazione. […].

Siamo facilmente presi dalla considerazione della Vergine Santa, siamo attirati a lei, ci sentiamo talmente attirati da averla seguita, di aver fatto la nostra consacrazione totale a lei e quindi ci siamo proposti di volerla imitare, ci siamo proposti di volerla servire, di abbandonare tutte le sorti della nostra persona nelle sue mani per essere strumenti realmente vivi ed operanti per i suoi disegni. Ma non consideriamo poi sufficientemente come l’Immacolata viva l’umiliazione che si presenta e come la viva in silenzio, unendo la sua offerta, accondiscendente all’offerta del Cristo crocifisso, perché il Signore mite e umile dì cuore vuole attirare a sé tutti i suoi Santi e in modo particolare l’Immacolata che sorpassa tutti i Santi messi assieme ed allora li vuole attirare tutti attraverso la regale via dell’umiltà e dell’ubbidienza. Noi diciamo queste cose dell’Immacolata, le diciamo con tanta venerazione, siamo tutti convinti della sua umiltà, della sua ubbidienza, ma non ci fermiamo mai a considerare come l’Immacolata ha vissuto quel determinato momento di umiliazione, come l’Immacolata sia rimasta silenziosamente ubbidiente ai cenni di Dio e ai cenni del suo Divin Figlio, ai cenni delle cause seconde. Questo di solito non lo prendiamo più in considerazione, ci fermiamo a guardare la figura dell’Immacolata assunta in Cielo, anche lei in seno alla SS.ma Trinità, protesa ad ascoltarci, protesa ad esaudirci, protesa anche a darci i segni del suo materno intervento nella vita associativa, ma non ci fermiamo a voler imitare l’Immacolata nell’esercizio pratico dell’umiliazione. Umiliazione che nasce dalle cause seconde, che nasce dall’osservanza totale dello Statuto, che nasce attraverso i Superiori, i quali nell’intento di servire a loro volta il Signore, cerca di fare e di dire alle anime nostre tutto quello che in quel determinato momento sembra loro buono. Sembra loro buono, come è sembrato all’Immacolata buono di dire al suo Divin Figliolo “perché ci hai fatto così? Noi abbiamo sofferto”; come è sembrato buono all’Immacolata andare incontro al suo Divin Figliolo e dire che gli voleva parlare e Gesù invece, per tutta risposta, “chi è mia madre, chi sono i miei fratelli, chi sono le mie sorelle? Sono quelli che invece fanno la volontà del Padre mio.

Questi realmente mi è madre, fratello e sorella”. Quindi non ci fermiamo a considerare come l’Immacolata sia immediatamente quiescente, immediatamente, gioiosamente silenziosa nell’esercizio della sua ubbidienza e della sua umiliazione, perché essere umili vuoi dire esercitare l’umiltà, essere ubbidienti vuoi dire esercitare l’ubbidienza ed allora dobbiamo imparare dalla festa del Cuore Immacolato di Maria ad essere anime silenziose che si esercitano tranquillamente, serenamente, gioiosamente, ma si esercitano nell’umiltà, si esercitano nell’ubbidienza. E non si domandano: “ma perché questa umiliazione mi arriva da un fratello o da una sorella, perché questo articolo dello Statuto mi impone questa cosa che mi urta, perché i Superiori mi dicono e mi vedono in questa luce?” Ma ti vedono in questa luce che è la luce che a loro fa vedere il Signore in quel determinato momento o anche che il Signore permette che ti vedano, perché vuole che attraverso la parola dei Superiori tu ti formi all’umiltà e all’ubbidienza. Se viene meno non la meditazione, ma la formazione, noi non abbiamo la maturità spirituale. Ma dobbiamo pure dire altrettanto: se vengono meno le occasioni di esercitarci nell’umiltà e nell’ubbidienza, non abbiamo il pane necessario da mangiare per poter realmente crescere nell’esercizio dell’umiltà e dell’ubbidienza. Ecco perché noi tante volte perdiamo la serenità, perché le parole che noi sentiamo, quello che noi leggiamo nello Statuto urta la nostra sensibilità, urta il nostro io e non ci accorgiamo che mentre diciamo che ci urta, noi diciamo: “questa è la ferita che va curata”, perché se io fossi veramente umile, se io fossi realmente ubbidiente, non sentirei proprio nessuna reazione, mi abbandonerei come l’Immacolata nelle mani di Dio; quando il Signore vorrà farà capire a Giuseppe le mie sorti, svelerà il disegno, per conto mio resto nella mente di Giuseppe, di colui che ho amato e di colui che ho scelto come sposo, resto come un punto interrogativo. Ma resto come un punto interrogativo: l’Immacolata era una donna, l’Immacolata era l’Immacolata e quindi dire resto come un punto interrogativo vuoi dire la prova massima che possa toccare e una donna e una grandissima santa come è l’Immacolata. Eppure rimaneva tranquillamente nella mente di Giuseppe come un punto interrogativo, fino a che i! Signore dicesse “basta”. Non ha esercitato abbastanza l’umiltà e l’ubbidienza in quel periodo l’Immacolata? Non vi pare che ci sia maestra? E l’Immacolata la vediamo consenziente sul Calvario; ma i lazzi che venivano tirati contro il Divin Crocifisso, mica erano soltanto per il Crocifisso, erano anche per la madre del Crocifisso, erano anche per le pie donne, per Giovanni, per tutto il suo seguito. Eppure l’Immacolata condivide, è la madre, condivide la sorte, è con il Divin Redentore corredentrice e quindi paga anche lei e ci da l’esempio del suo silenzio. Ma non ripete nemmeno sì, nemmeno per conforto al suo Divin Figlio, quando gli dice: “ecco tuo figlio”, bell’affare gli presentava… il figlio di Zebedeo invece del Figlio di Dio e non ha detto nemmeno sì per farlo contento, perché il suo Divin Figlio sapeva, conosceva la sua fedeltà, non aveva bisogno di sentire la sua voce, conosceva il suo cuore meditativo e sapeva che serbava tutte le sue parole nel suo cuore come in uno scrigno.

Ed allora l’Immacolata silenziosamente è sempre protesa accanto al Figlio nell’esercizio dell’umiltà e dell’ubbidienza. Ma non vedete che è un disegno meraviglioso che noi dobbiamo imitare, che noi dobbiamo imparare e fare nostro? Vogliamo maturare? E allora voltiamo le spalle all’esercizio dell’umiltà, ossia voltiamo le spalle alle umiliazioni? Voltiamo le spalle all’esercizio dell’ubbidienza e quindi all’ubbidienza in se stessa? Ma il fatto solo che noi ce ne lamentiamo, il fatto solo che non siamo capaci né di accettare né di ubbidire, dice proprio che noi siamo ancora agli antipodi dell’Immacolata e quindi abbiamo realmente bisogno che la Madonna intervenga nella nostra vita e che come frutto della nostra consacrazione ci renda partecipi della sua interiore silenziosità, della sua ricerca della volontà di Dio e del suo amore, del suo amore per l’umiliazione e per l’ubbidienza. Perché se il Figlio di Dio humiliavit semetipsum… factus oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis.. la Vergine Santa non ha avuto altro desiderio che di essere associata alle sorti del suo Divin Figlio, perché la sua vocazione era legata alla vocazione del Cristo. Ma anche la nostra vocazione è legata alla vocazione del Cristo ed allora noi dobbiamo imparare a restare in pace nell’esercizio pratico dell’umiltà e dell’ubbidienza. Dobbiamo imparare, oltre che a restare in pace, ad essere come l’Immacolata silenziosamente consenzienti a quella occasione pratica di umiliazione e di ubbidienza. Dobbiamo imparare dall’Immacolata ad essere tranquilli, sereni, sicuri, spediti nella nostra vocazione, senza nemmeno voltarci indietro durante l’esercizio dell’umiltà e dell’ubbidienza, perché l’Immacolata sa che il Regno di Dio veniva costruito dall’albero della croce. Ed allora noi non dobbiamo essere delle persone che parlano di croce e scappano davanti alla croce. E’ ridicolo, è ridicolo. Vogliamo santificare la sofferenza… scappiamo davanti alla sofferenza. Accettiamo la sofferenza quando non ne possiamo fare a meno, quella fisica magari bene; quanto costa la sofferenza fisica? Sapete dire? Tanto? Poco? O costa di più la sofferenza morale? O la sofferenza fisica e morale messe assieme? Allora c’è il completo della sofferenza. Noi nella nostra vocazione siamo chiamati ad essere degli operai silenziosi nel piano costruttivo della Redenzione; ricordiamoci che siamo soltanto operai quando lavoriamo. Quando incrociamo le braccia, quando non vogliamo lavorare, quando non accettiamo il lavoro che ci viene posto innanzi, vale a dire l’esercizio pratico dell’umiltà e dell’ubbidienza, che razza di Silenziosi Operai della Croce siamo? Qual’ è il contributo pratico che diamo al piano della Redenzione? Dov’è l’esercizio pratico della nostra vocazione? E siamo al servizio di Maria SS.ma ammusoniti, acidi, scontenti perché, strano, vicino a un Crocifisso ci siamo accorti che siamo partecipi della stessa umiliazione e dello stesso piano di ubbidienza. E che credevamo di trovare? Il paradiso terrestre? Credevamo di trovare gioie, trionfi e battimani? Consolazioni spirituali? Ma abbiamo proprio capito niente, siamo proprio ancora all’a – b – c della nostra formazione spirituale e del capire il senso della nostra vocazione. Quando noi rispondiamo come tante mitragliatrici, come possiamo dire che siamo dei Silenziosi Operai della Croce? Ma che ironia con i! nostro modo di fare e con quello che noi ci professiamo di essere.

Vedete che la festa dì oggi ci richiama punti molto solidi della nostra vita spirituale. Come e con l’Immacolata impariamo a fare il silenzio interiore, come e con l’Immacolata impariamo ad accettare in pace, con serenità, con gioia, con continuità di carattere l’esercizio pratico dell’umiliazione e dell’ubbidienza che viene attraverso tutto quello che si manifesta lungo la nostra giornata di vocazione che può andare anche lungo tutta la giornata della nostra esistenza. Gioiosi, perché allora potremo dire: “ho lavorato come l’Immacolata nel piano della Redenzione”. Perché? “Perché ho avuto molte occasioni ci esercitare l’umiltà, ho avuto molte occasioni di esercitare l’ubbidienza”. Ogni volta che ci ribelliamo è un’occasione che abbiamo scansato, è un apporto che non abbiamo dato, è una grazia di meno per noi, per la società, per l’Associazione. Vedete se ci conviene, vedete se siamo nel clima della nostra vocazione e se siamo nel clima delle esigenze della Chiesa dei nostri giorni, se siamo nel clima delle esigenze proprio immediate della vita quotidiana associativa che noi stiamo vivendo.

 

 

[Roma, 18 giugno1977. Fondo Novarese Causa di Beatificazione]