Cronaca della due giorni in Germania
Alessandro Anselmo
Sono stati due giorni intensi presso il Campus dell’Università Cattolica di Eichstätt-Ingolstadt, in Germania, che hanno visto protagonista il nostro Padre Fondatore, il suo pensiero e la sua opera. Due gli appuntamenti principali. Giovedì 6 marzo è stata presentata, davanti a professori universitari, studenti e a un nutrito gruppo di figli spirituali di Monsignore arrivati dall’Italia e dalla Polonia, la prima edizione della biografia “Lo spirito che cura il corpo”, Edizioni CVS, dedicata a Novarese e firmata dal giornalista Mauro Anselmo, pubblicata in lingua tedesca con il titolo “Il potere curativo della spiritualità. La vita e l’opera di Luigi Novarese”, richiesta tra gli altri dalla famiglia di Sorella Alix, M. Adelheid Habsburg Lothringen, di cui era presente la sorella Valerie von Baden.
Venerdì, invece, si è tenuto l’importante Convegno scientifico dal titolo “Malattia e sofferenza come forza trasformativa? Il significato della spiritualità nella medicina e nell’assistenza”, che ha visto una serie di interventi da parte di esperti internazionali provenienti dal mondo della scienza e della ricerca, della sanità e della pastorale.
Il Convegno è stato preceduto dall’incontro nella sala congressi dell’Università durante il quale, oltre alla presentazione della biografia su Monsignore in lingua tedesca, si sono susseguiti alcuni interventi particolarmente significativi. A sinistra un grande pianoforte a coda che ha accompagnato un duo di musicisti, a destra custodita in una teca, la reliquia di uno dei bastoni su cui Monsignore si appoggiava negli ultimi anni di vita, donato dai Silenziosi Operai della Croce a Teresa Loichen, tra gli organizzatori della due giorni in Germania, come buon augurio per iniziare un nuovo apostolato in terra tedesca.
Sullo sfondo grandi vetrate che si affacciano su un parco con alberi secolari. Al centro, il microfono su cui si sono alternati i relatori. “Non c’è posto migliore che questo per presentare la figura e l’opera del beato Novarese, che qui può germogliare e portare nuovi frutti”, ha detto il professor Janusz Surzykiewicz, anima degli appuntamenti e docente presso la Cattedra di Pedagogia Sociale e Sanitaria dell’Università Cattolica di Eichstätt-Ingolstadt che dal 2023 ha introdotto in sede accademica il pensiero del beato Luigi Novarese.
A seguire il professore Dario Sacchini dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma ha parlato dell’importanza della sfera emotiva, spirituale e interiore del malato in modo particolare di quanto la dimensione delle passioni del paziente malato di cancro sia fondamentale nel processo di cura e guarigione. Attraverso alcuni video e fotografie, il professor Sacchini ha mostrato il lavoro di attenzione e cura non solo verso la malattia ma verso il malato nella sua complessità, ad esempio con l’utilizzo dell’arte, e di come si stiano trasformando gli interni degli ospedali per renderli più umani e ospitali verso i pazienti.
Particolarmente significativa è stata la testimonianza di Rosario Scotto di Luzio che ha parlato della vita della sua famiglia dopo la nascita della secondogenita Sara a cui fu diagnosticato un ritardo psicomotorio. Dopo rabbia, frustrazione e tanta sofferenza, Rosario incontra il CVS di Brescia e insieme alla sua famiglia va al pellegrinaggio pasquale a Lourdes. Lì conosce la figura del beato Novarese. “A quel punto mi sono chiesto: cosa voglio fare della mia sofferenza che sta attanagliando me e la mia famiglia? Avevo due strade: o lamentarmi o prendere la mia sofferenza e metterla ai piedi della Croce. Da quel momento la mia prospettiva cambia, trasformando così anche la mia vita”.
Dopo don Wojtek Grzegorek, responsabile dell’Apostolato del Centro Volontari della Sofferenza, che ha presentato la figura e l’opera del nostro Padre Fondatore, il dottor Rudolf Zwank, curatore dell’edizione tedesca della biografia su Monsignore, ha spiegato la difficoltà e l’importanza di tradurre il testo mantenendo chiaro il significato.
Il giorno seguente, invece, si è tenuto l’importante Convegno universitario. Tre le sale per poter seguire al meglio la giornata di studio. L’aula magna dedicata agli interventi in lingua tedesca, gremita da circa 80 persone, una sala con la traduzione in lingua italiana dedicata a circa 30 persone provenienti dal nostro Paese, e una con la traduzione in lingua inglese. Tutti i partecipanti, nella cartella con gli atti del convegno, hanno trovato oltre al programma e a diverso materiale, anche un breve saluto di Gianni Sacchi, vescovo di Casale Monferrato, città natale di Monsignore in cui ha ricordato che “la nostra Chiesa di Casale ha l’onore di aver dato a Monsignor Novarese i natali ed è edificata dalle sue innovative intuizioni che illuminano ancora oggi il mondo della cura e dell’assistenza”.
Il Congresso ha provato a rispondere alla complessa domanda: “come può l’esperienza esistenziale della malattia e della sofferenza liberare potenzialità inattese, soprattutto quando includiamo consapevolmente la dimensione spirituale dell’essere umano?”, ha detto il professor Janusz Surzykiewicz. “Il nostro congresso trae ispirazione dal pensiero e dall’opera di vita del beato Luigi Novarese – ha spiegato Surzykiewicz nell’introdurre la giornata di studio -. Egli comprese che l’esperienza della malattia non può essere interpretata unicamente come una disfunzione, una debolezza psicosomatica o sociale, ma che essa può aprire a una nuova dimensione spirituale della dignità umana, della speranza e della corresponsabilità. Nella sua stessa sofferenza, Novarese scoprì la forza terapeutica di una spiritualità vissuta, che lo condusse a un incontro più profondo con Cristo e Maria. Questa esperienza trasformò la sua sofferenza in una sorgente di forza, non solo per lui, ma per molti altri. Oggi questo messaggio è più attuale che mai. In un mondo sempre più secolarizzato, spesso segnato da sintomi di frammentazione interiore ed esteriore, emerge l’urgenza di una nuova traduzione del suo lascito. Come possiamo attingere a fonti di resilienza e attivare quella forza spirituale che trasforma la sofferenza non in disperazione, ma in speranza? E quale luogo migliore per interrogarsi su questo tema se non l’Università Cattolica che promuove il dialogo tra ricerca scientifica, pratica e riflessione esperienziale?”.
Dopo l’introduzione di Surzykiewicz, diversi interventi hanno presentato studi scientifici internazionali che hanno posto al centro il malato, visto come l’essere umano nella sua interezza fisica, psichica e spirituale. Il professor Klaus Baumann dell’Università di Friburgo ha sottolineato l’importanza dell’esperienza della Croce vista con una logica comunitaria nuova: “Dio si svuota in Gesù e crea un legame di sofferenza con l’uomo. La mia sofferenza così, se è condivisa, è parte del percorso di guarigione”. Molto interessante la lezione del professor Loren Toussain del Luther College in Iowa, Stati Uniti, che ha parlato del lavoro sul perdono che insieme al suo team porta negli ospedali e nei reparti in cui ci sono i malati oncologici terminali. “Il perdono ci fa rimuginare di meno, riduce i meccanismi mentali che provocano stress riuscendo così a migliorare la nostra condizione mentale e fisica”.
Il professor Giovanni Maio dell’Università di Friburgo ha ricordato che “la medicina si interessa del corpo, ma dimentica che la sofferenza deriva da un cambiamento di tutto ciò che riguarda il paziente. La medicina dà speranza per quanto riguarda la cura del fisico. Ma se questa cura non funziona? Bisogna trovare lo stesso la speranza per il poco che si resta da vivere, perché ogni istante di vita concesso, ha valore. La risposta è nella cura di tutta la persona. La cura, intesa come premura, è la risposta adeguata alla sofferenza”. Nel pomeriggio si è poi tenuta la tavola rotonda in cui diversi relatori hanno dialogato dell’importanza della figura di guida spirituale nel team sanitario che si prende cura del paziente ammalato.
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