Due carismi e un solo scopo

Cosa hanno in comune San Camillo de Lellis e il Beato Luigi Novarese? Apparentemente nulla visto che il primo nacque nel 1550 a Bucchianico, un bel paese della provincia di Chieti, mentre il secondo venne al mondo nel 1914 a Casale Monferrato in provincia di Alessandria. In realtà  entrambi furono dei rivoluzionari nelle loro epoche perchè entrambi misero al centro della loro missione il malato coinvolgendo la società  alla sensibilità  verso i deboli e recuperando ai deboli la dignità  e il valore di soggetti attivi. Di tutto ciò si è parlato a Pescara, lo scorso 5 aprile, nel corso di un bellissimo convegno, promosso dal CVS di Pescara con il Patrocinio dell’Arcidiocesi Metropolita di Pescara-Penne e in collaborazione con l’Ufficio Diocesano per la Pastorale della Salute, dal titolo “Smascherare il dolore: Camillo De Lellis e Luigi Novarese pionieri nel mondo della sofferenza”. Lo scopo del convegno, tenutosi in occasione dei 400 anni dalla morte di San Camillo e del centenario della nascita del Beato Luigi Novarese, è stato quello di approfondire i Carismi di questi due pionieri che nella loro vita si sono spesi nel prendersi cura dei malati e dei sofferenti fino ad affidare loro la missione di evangelizzazione e di apostolato. Ci hanno guidato in questo “approfondimento” padre Cristoforo Trebski, rettore del santuario San Camillo de Lellis a Bucchianico, e Don Armando Aufiero. Presidente della Confederazione CVS internazionale. Il primo, ci ha intrattenuti con la relazione “Più cuore in quelle mani, fratelli, più cuore!”. San Camillo de Lellis e il mondo dell’umana sofferenza, soffermandosi soprattutto sulla sua giovinezza ribelle fino a quando entrò in contatto con i frati Cappuccini presso Manfredonia e qui iniziò la sua conversione. Colpito come da un’ispirazione divina pensò di convocare un gruppo di amici e di coinvolgerli nel suo proposito: dedicarsi totalmente al servizio degli infermi per solo amor di Dio e con l’affetto che può avere una madre per l’unico suo figlio malato. Nacque così nel 1582 la Compagnia dei Servi degli Infermi. La relazione di don Armando invece, dal titolo “I sofferenti non sono oggetti di carità  ma soggetti attivi nella società  e nella Chiesa”. Luigi Novarese pioniere di una nuova visione del soffrire, ci ha mostrato come la biografia del Beato Luigi Novarese sia stata molto simile a quella del santo abruzzese: malattia provata sulla propria pelle, vocazione che si definisce sempre con più chiarezza a Roma, particolare attenzione al mondo dei malati. La peculiarità  però di Monsignor Novarese, che ha agito circa 300 anni dopo San Camillo, in una realtà  come quella del Novecento, il cosiddetto secolo breve, è stata quella di stimolare i disabili, i sofferenti ad essere soggetti attivi nel mondo e nella Chiesa, investendo la loro sofferenza nella dimensione ecclesiale “dell’unione al corpo mistico di Cristo, immersi nella realtà  salvifica della sua morte e risurrezione”. Le conclusioni di questo interessante convegno, che è stato moderato da Lucia Maiolino del CVS di Pescara, sono state affidate all’Arcivescovo di Pescara-Penne, Monsignor Tommaso Valentinetti, che ha sottolineato come sia un suo impegno personale quello di coinvolgere sempre più i disabili in ruoli di rilievo della vita diocesana e come sia importante rimettere al centro dell’ attenzione la persona visto che purtroppo viviamo in una realtà  dove regna sovrana la privacy in base alla quale un malato è solo un numero in un letto di ospedale. Forse dobbiamo imparare ancora tanto da San Camillo de Lellis e Monsignor Novarese! (Angela Circeo)