Omelia durante la Santa Messa di ringraziamento per la Beatificazione di Mons. Luigi Novarese celebrata da Sua Eminenza Rev.ma Card. Angelo Comastri (13 maggio 2013)

 

Saluto iniziale

I santi sono un investimento di Dio, sono un capitale che Dio ci consegna: sta a noi farlo fruttificare. Pertanto, mentre la Chiesa ufficialmente ci invita a fissare lo sguardo sulle virtù eroiche del sacerdote Luigi Novarese, cerchiamo di entrare profondamente e lealmente nel carisma che ha segnato tutta la sua vita: carisma che ora appartiene a noi, appartiene a tutta la Chiesa, appartiene, in modo particolare a voi come patrimonio preziosissimo.

Quanto è facile svuotare, o evitare, o rinnegare il mistero della sofferenza! Quanto è facile dimenticare o riempire di nebbia la verità che Cristo è venuto a condividere la nostra sofferenza riempiendola di potenza salvifica!

Il Beato Luigi Novarese l’aveva capito, ma la nostra poca fede spesso fa resistenza a questa evangelica verità: chiediamo umilmente perdono!

 

Omelia

Nell’Anno della Fede, la Provvidenza ci offre in Mons. Luigi Novarese un modello di fede decisa, forte, convinta, coerente e coraggiosa.

Mons. Novarese, come l’orante del celebre Salmo 23, ha attraversato la valle oscura del dolore: egli non ha semplicemente studiato il dolore, ma l’ha vissuto, l’ha sperimentato nella sua carne viva e, contemporaneamente, ha percepito una “Presenza” che dà senso al dolore, perché questa “Presenza” abita nella “tenda interiore” di ogni uomo: bisogna scoprire, bisogna accogliere questa “Presenza” e allora tutto cambia, tutto si illumina.

Il 17 maggio 1931, dopo aver invocato e ottenuto la grazia della guarigione dalla Madonna, coinvolgendo Don Filippo Rinaldi terzo successore di Don Bosco, Luigi Novarese comincia un’avventura meravigliosa di ex-ammalato a favore egli ammalati.

Certamente all’origine della grazia della guarigione ci fu, insieme all’intercessione della Madonna, l’intercessione della mamma terrena: Teresa.

Che donna forte… la mamma di Luigi Novarese!

Se è vero – come amava ripetere Massimo D’Azeglio – che “l’uomo è fatto di uno stoffa nella quale le prime pieghe restano per sempre”, allora è più che sicuro che le prime decisive pieghe nell’anima di Mons. Novarese sono quelle lasciate dalla mamma: ora, nella festa dei Santi, il figlio ha tutto il tempo per ringraziare l’eroica madre.

Divenuto sacerdote, Don Luigi Novarese ha sentito il fascino di Lourdes e di Fatima, cioè il fascino di Maria: e, superando difficoltà oggi inimmaginabili, cominciò a portare a Lourdes i sacerdoti ammalati, trasformando, genialmente, il pellegrinaggio in un “corso di Esercizi Spirituali”. A questo proposito, quante storie di autentiche conversioni si potrebbero raccontare! Mi limito al ricordo commovente di una storia, lasciando parlare uno che fu testimone del fatto.

Ecco il racconto: “Monsignore era a Lourdes in uno dei primi viaggi della nostra associazione. Fra i pellegrini c’era un sacerdote ammalato, che essendosi gravemente compromesso con una situazione mondana, si era chiuso in se stesso. Soffriva molto, questo era evidente, ma respingeva qualsiasi aiuto e rifiutava il sacramento della confessione. Durante una delle giornate di preghiera, diversi oratori si alternarono al microfono. Fra questi c’era anche Mons. Novarese. Terminata la funzione, gli ammalati si ritirarono nelle loro stanze. «Chiamatemi quel prete – disse all’improvviso, quasi urlando, il sacerdote sofferente – voglio parlare con quel prete!». «Sapete come si chiama?», chiese timidamente uno degli accompagnatori. «Non lo so», ribatté il sacerdote ammalato. Allora, volendo a tutti i costi rintracciarlo, il sacerdote sofferente si fece descrivere, con nome e cognome, tutti gli oratori che quel giorno avevano parlato agli ammalati. Ad un certo punto, avendo riconosciuto nella descrizione, il sacerdote che voleva incontrare, disse: «Sì, è lui, è proprio lui! Chiamatelo per favore!». Era Mons. Novarese!

Arrivò dopo pochi minuti. Il loro fu un bell’incontro. il sacerdote si commosse, si confessò e ritrovò la pace”.

Quante storie simili si potrebbero raccontare! Mons. Novarese è stato veramente un prete per i preti: essi sono stati il primo campo della sua missione e, di questo, non lo ringrazieremo mai abbastanza e non lo imiteremo mai abbastanza.

Mons. Novarese tenacemente volle che l’esperienza degli Esercizi Spirituali fosse estesa a tutti gli ammalati. Egli aveva lucidamente capito che la prima guarigione di una persona è la guarigione interiore: infatti, quando il cuore di una persona si apre a Gesù e si affida a Maria, una inondazione salutare e pacificante attraversa tutta la persona.

Ma dove trovare una struttura idonea per accogliere gli ammalati? Iniziò presso il Santuario di Oropa: l’ambiente spirituale era stupendo, ma la casa di accoglienza non rispondeva alle particolari esigenze degli ammalati.

Monsignor Novarese decise, con la tenacia tipica dell’uomo di fede, di costruire una casa a Re di Novara e l’avrebbe chiamata “Casa Cuore Immacolato”.

Partì con la somma irrisoria di 9.200 lire offerte dagli ammalati, ma la somma complessiva fu di un miliardo e quattrocento milioni di lire. Come è venuta fuori questa somma vertiginosa?

“Cercate prima di tutto il Regno di Dio – aveva detto Gesù – e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù”. Così è sempre stato nella vita dei santi, che sono i veri credenti; e, in particolare, così è stato nella vita del Beato Luigi Novarese.

Fernanda Pagliara, che è stata segretaria di Mons. Novarese dal 1961 al 1984, assisteva ogni giorno ad una singolare scena. Monsignore apriva delicatamente il mucchio di lettere che ogni giorno arrivava sulla sua scrivania, dava un’occhiata al contenuto, poi le consegnava alla segretaria dicendo: “Questa a Don Antonio, questa a Don Remigio, questa a Sorella Miriam, questa al Vescovo tal del tali e questa a Lei”. Lei era la Madonna, la piccola statua della Vergine presente nel suo ufficio, sotto i cui piedi – racconta Fernanda Pagliara – deponeva gli avvisi di pagamento, le lettere riguardanti i problemi più urgenti o di difficile soluzione. «Deve pensarci Lei – diceva Monsignore – solo Lei può farcela». Naturalmente prendevo nota delle date dei pagamenti per farli presente a Monsignore al momento opportuno. Ogni giorno, sotto quella piccola statua inserivo una lettera nuova. E quando, poco prima della scadenza di un avviso di pagamento, mi avvicinavo alla statua per prendere le lettere e mostrarle a Monsignore, mi accorgevo che erano sparite. I soldi erano stati trovati: «La Madonna – diceva allegramente Mons. Novarese – ci ha aiutati anche stavolta. È tutto a posto!»”.

Questo è uno dei tanti particolari del Beato Luigi Novarese: una vita di fede così limpida e così semplice da strappare i miracoli. E la “Casa Cuore Immacolato” è un autentico miracolo: per come è nata e per come vive.

Ma il frutto più prezioso dell’apostolato del Beato Luigi Novarese riguarda la nuova impostazione della pastorale della Chiesa verso gli ammalati: con l’opera di Mons. Novarese è cambiato radicalmente l’approccio.

Nell’Esortazione Apostolica “Christifideles Laici” che Giovanni Paolo II consegnò alla Chiesa il 30 dicembre 1988 (quindi, quattro anni dopo la morte del Beato) leggiamo: “Uno dei fondamentali obiettivi di questa rinnovata e intensificata azione pastorale, che non può non coinvolgere e in modo coordinato tutte le componenti della comunità ecclesiale, è di considerare il malato, il portatore di handicap, il sofferente non semplicemente come termine dell’amore e del servizio della Chiesa, bensì come soggetto attivo e responsabile dell’opera di evangelizzazione e di salvezza.

In questa prospettiva la Chiesa ha una buona novella da far risuonare all’interno di società e di culture che, avendo smarrito il senso del soffrire umano, “censurano” ogni discorso su tale dura realtà della vita.

E la buona novella sta nell’annuncio che il soffrire può avere anche un significato positivo per l’uomo e per la stessa società, chiamato com’è a divenire una forma di partecipazione alla sofferenza salvifica di Cristo e alla sua gioia di risorto, e pertanto una forza di santificazione e di edificazione della Chiesa”.

Queste parole del magistero pontificio sono il frutto della tenace seminagione di Mons. Novarese: e la Chiesa l’ha proclamato beato per dirgli grazie!

E noi oggi lo invochiamo affinché dal Cielo vegli sulla sua opera e la faccia camminare sempre nel solco aperto dalle felici intuizioni della sua grande fede.

Così sia!

 

Angelo Card. Comastri

Arciprete della Basilica Papale

di San Pietro in Vaticano