Nella riflessione che precede la preghiera mariana dell’Angelus, Papa Francesco parla dell’episodio evangelico che vede protagonista un uomo nato cieco al quale Gesù ridona la vista. La miracolosa guarigione suscita però reazioni contrastanti fra la gente. Emergono cuori chiusi, perché non vogliono cambiare, sono bloccati dalla paura, dice il Papa, che esorta a vedere le varie circostanze della vita come occasioni per operare il bene

Un prodigio accolto in malo modo: si può descrivere così la guarigione da parte di Gesù dell’uomo cieco dalla nascita che suscita reazioni negative tra la gente. All’Angelus, commentando il Vangelo domenicale, Papa Francesco le descrive una per una, evidenziando quanta poca apertura verso l’altro ci sia nel cuore dell’uomo ed invita a leggere la narrazione di Giovanni, “che fa vedere come procede il cuore umano: il cuore umano buono, il cuore umano tiepido, il cuore umano timoroso, il cuore umano coraggioso”. I discepoli, per primi, si chiedono se quel cieco guarito non vedeva per colpa sua o dei suoi genitori e scadono nel chiacchiericcio, fa notare il Pontefice:

Cercano un colpevole; e noi tante volte cadiamo in questo che è tanto comodo: cercare un colpevole, anziché porsi domande più impegnative nella vita.

Cuori chiusi ai segni di Gesù

Poi ci sono gli scettici, che dubitano possa trattarsi di quel cieco che molti avevano visto mendicare. La gente ha paura, insomma, spiega il Papa, e non si pronuncia:

In tutte queste reazioni, emergono cuori chiusi di fronte al segno di Gesù, per motivi diversi: o perché cercano un colpevole, o perché non sanno stupirsi, perché non vogliono cambiare, perché sono bloccati dalla paura. E tante situazioni assomigliano oggi a questo. Davanti a una cosa che è proprio un messaggio di testimonianza di una persona, un messaggio di Gesù, noi cadiamo in questo: cerchiamo un’altra spiegazione, non vogliamo cambiare, cerchiamo di cercare una via di uscita più elegante che accettare la verità.

Cristo dà piena dignità all’uomo

All’opposto l’uomo nato cieco, felice di vedere, testimonia con semplicità “quanto gli è accaduto”, fa notare Francesco, e dice: “Ero cieco e ora ci vedo” e “libero nel corpo e nello spirito, rende testimonianza a Gesù: non inventa nulla e non nasconde nulla”.

Non ha paura di quello che diranno gli altri: il sapore amaro dell’emarginazione lo ha già conosciuto, lo ha conosciuto per tutta la vita, ha già sentito su di sé l’indifferenza e, il disprezzo dei passanti, di chi lo considerava come uno scarto della società, utile al massimo per il pietismo di qualche elemosina.

Guarito, l’uomo nato cieco, non teme più gli atteggiamenti sprezzanti della gente, perché Gesù gli ha dato piena dignità, specifica il Pontefice.

E questo è chiaro, succede sempre: quando Gesù ti guarisce, quando Gesù ci guarisce, ci ridona dignità, la dignità della guarigione di Gesù; ma piena, una dignità che esce dal fondo del cuore, che prende tutta la vita.

Questa è la dignità di una persona che si sa guarita e riprende, rinasce”, rimarca Francesco.

Stupirsi dei doni di Dio

Tutto questo deve indurre a riflettere, osserva il Papa, a porsi delle domande: “come il cieco, sappiamo vedere il bene ed esser grati per i doni che riceviamo?”, e poi “testimoniamo Gesù oppure spargiamo critiche e sospetti? Siamo liberi di fronte ai pregiudizi o ci associamo a quelli che diffondono negatività e pettegolezzi?”. E ancora, continua il Papa, “siamo felici di dire che Gesù ci ama e che ci salva” o “ci lasciamo ingabbiare dal timore di quello che penserà la gente?” come “i tiepidi di cuore che non accettano la verità e non hanno il coraggio di dire: ‘No, questo è così'”. E come accogliamo le difficoltà e “le persone che hanno tante limitazioni nella vita? Siano fisiche, come questo cieco; siano sociali, come i mendicanti che troviamo per la strada”? Le vediamo “come una maledizione o come occasione per farci vicini a loro con amore?”.

Da qui l’invito di Francesco a chiedere la grazia di stupirsi “ogni giorno dei doni di Dio e di vedere le varie circostanze della vita, anche le più difficili da accettare, come occasioni per operare il bene, come ha fatto Gesù col cieco”.